Caro Umberto Eco, ma che gente frequenti?

Ieri Umberto Eco ha ricevuto a Torino una laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media, e ha voluto dir la sua sull’argomento del millennio, cioé quella indecente (e indefessa) casa di cretinetti che è l’interness.

«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli – tuona Eco – che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».

Vien da chiedersi che gente frequenti Umberto Eco su internet: una tale lapidaria affermazione infatti si giustificherebbe solo se l’interness coincidesse in toto con con i commentatori di pagine tipo quella de Lo zoo di 105. Se internet fosse solo quello, Umberto Eco avrebbe pure ragione. E invece c’è anche Gianni Morandi.

Lo stesso Umberto Eco, in altre occasioni, aveva sottolineato la straordinaria importanza del mezzo internet per i più svariati usi e ambiti: come memoria storica, come mezzo per la democratizzazione della cultura, per una maggiore formazione dell’individuo, anche quando questi non ha la possibilità di avere accesso alla cultura se non in questo modo.

In fondo in Apocalittici e integrati il tema di riflessione è appunto questo: come Eco ben sa, ogni medium porta con sé pro e contro, ma questi pro e contro derivano soprattutto dall’uso che del medium viene fatto.

Il discorso è sempre lo stesso e stupisce che Eco abbia fatto ciò che accusa l’Internet imbecille di fare, cioé generalizzare senza contesto e commentare su questa generalizzazione. Eco chiede ai giornali di filtrare meglio l’informazione di internet ma poi sembra usare le informazioni dei giornali stessi per giudicare un mondo molto più ampio dei cretini che lo infestano, che non sono la maggioranza ma semmai sono quelli che urlano di più.

Un altro problema è certamente che tali cretini abbiano un seguito: ma anche qui la colpa non è di internet e il vero problema non è la democratizzazione dell’accesso alla parola, quanto più semmai il fatto che venga valorizzata sempre più spesso quella degli imbecilli.

Perché questo? E’ qui che ci dovremmo interrogare se davvero volessimo avere un approccio costruttivo al problema. Lo stesso Eco altrove (Fenomenologia di Mike Bongiorno) dice

«Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti»

Ed è forse qui la chiave per risolvere il mistero, caro Eco. Se Mike Bongiorno è la chiave per capire la corsa al ribasso della “cultura”, il punto è comprendere perché la “massa” abbia vissuto il complesso di inferiorità di cui Eco parla. Forse perché questo elitarismo della cultura di cui lui si fa portavoce suo malgrado ha francamente rotto le scatole.

Ma non solo: è forse questo atteggiamento che ha portato “la massa” ad allontanarsi sempre più da un approccio maggiormente scientifico rispetto alla cultura e all’informazione. Questo volersi elevare dalla massa che ha creato una frattura incomprensibile fra i cosidetti “intellettuali” e il “volgo plebeo”.

Forse entrare in “questo mondo di imbecilli” con una umiltà diversa, in linea con i tempi che viviamo, aiuterebbe non solo a capirlo meglio e a scoprire che un mondo di imbecilli non è, ma anche a migliorarlo. Perché in fondo questo “mondo” è di chi lo vive ogni giorno, non di chi lo critica in base alla narrazioni che ne legge sui giornali. E su internet, ovviamente.

 

Photocredit: Wikipedia, RanZag

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