Disabili detenuti, una tragedia nella tragedia

Disabili detenuti, quella dei reclusi portatori di handicap è una tragedia nella tragedia, denunciano le associazioni che tutti i giorni con loro si trovano ad operare: barriere architettoniche, mancanza di strutture in grado di accoglierli pienamente, mancanza di operatori che li accompagnino nelle attività, fatica ad usare i servizi igienici e a lavarsi come tutti gli altri. Se in Italia, come è noto, è la situazione delle carceri una delle principali urgenze sui diritti civili, i reclusi con disabilità se la passano davvero male.

DISABILI DETENUTI, UNA SITUAZIONE TRAGICA

Repubblica nella cronaca di Roma riporta gli studi della cooperativa Pid, Pronto Intervento Disagio, che gestisce il reparto Terra b del reparto G11 di Rebibbia nuovo complesso, definita “a ridotte barriere architettoniche”, dove ci sono circa 40 disabili ospitati.

Si tratta, nella maggior parte, di italiani con un’età compresa tra i 40 e i 60 anni assistiti dai piantoni, ossia altri detenuti che, invece, sono quasi tutti stranieri. Oltre l’80% dei disabili non ha seguito corsi di formazione professionale, il 95% non lavora e il 97,5% non usufruisce di alcuna misura alternativa alla detenzione. E questo accade perché non hanno familiari in grado di ospitarli e non ci sono strutture sul territorio adeguate alle loro esigenze sanitarie e ai tempi della pena.

Non solo, dice il Pid: “Ci sono a Rebibbia altri 10 detenuti che sono perfettamente in regola” per lasciare la struttura, ma gli viene negata questa possibilità per intoppi burocratici.

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DISABILI DETENUTI, QUANTI SONO? 

La divisione disabilità dell’Inail riporta dei numeri preoccupanti aggiornati all’anno 2013: in Italia nei carceri ci sono solo “131 posti per i disabili, 130 per i minorati fisici, 217 per malati di Hiv e 46 per affetti da Tbc”. La situazione per i disabili fisici in cella è terribile, e i numeri dimostrano che circostanze del genere stanno aumentando per numero e per peso in tutto il paese.

Si calcola quindi che solo una parte dei detenuti con disabilità o malattie importanti risiedano nelle sezioni apposite delle carceri: nell’episodio del detenuto in carrozzina che ha salvato il compagno di cella, riportato dal garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, è evidente che il disabile risieda in una cella standard, e non in una sezione apposita. Le celle, per i disabili, sono una trappola infernale, dato che le carceri, per la loro stessa natura, traboccano di barriere architettoniche, e spesso i disabili sopravvivono in qualche modo grazie alla solidarietà dei compagni di cella.

Sul punto interviene la parlamentare del Partito Democratico Ileana Argentin, per propria storia personale storicamente molto attenta ai problemi e ai temi della disabilità: “Non possiamo dimenticare gli ultimi fra gli ultimi, e neanche che il carcere dovrebbe essere un luogo di recupero: ma se non vengono garantiti gli atti più elementari della vita quotidiana a questo punto che senso ha tenerli lì?“, dice la Argentin.

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