Michele Santoro, l’anziano conduttore che non riesce ad andare oltre se stesso e che ormai delira

Michele Santoro ha una certa età, sessantaquattro anni. È stato un protagonista della televisione italiana, per certi versi un innovatore, è stato lui stesso un contro-potere all’armata Berlusconiana.

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Oggi che, inevitabilmente, ha perso smalto, capacità innovativa e, soprattutto, capacità di fare ascolti, catalizzando l’attenzione, non trova di meglio che esibirsi in lunghi monologhi a cui, oramai, sono interessati soltanto i colleghi giornalisti.

Ieri ha dato vita ad una conferenza stampa fiume per annunciare il via della nuova edizione di “Announo“, la trasmissione condotta da Giulia Innocenzi.

Santoro, nel suo lungo sproloquio, è riuscito a dire una serie di sciocchezze: che «Servizio Pubblico ha fatto la storia della Tv» (se ne è accorto solo lui); ha strigliato Cairo per non aver investito abbastanza, dimenticando che Cairo ha preso un’emittente che perdeva 100 milioni di euro l’anno, portandola al pareggio. È arrivato a rimproverare al suo editore una gestione «razionale, molto attenta ai conti»· Forse ne avrebbe preferita una irrazionale e che facesse saltare La7. L’errore più grave di Cairo? Non avere seguito i suoi consigli, perché qualora lo avesse fatto, oggi La7 «potrebbe contare sul programma di cronaca di Salvo Sottile». Certo, ci sono milioni di italiani che stanno dando testate al muro senza soluzione di continuità pensando a cosa si sono persi.

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Il problema di Santoro  è quello di considerarsi ancora oggi l’alfa e l’omega della comunicazione e della televisione italiana, se non del mondo intero. Soprattutto non riesce ad accettare il cambio di scenario. Il logoramento del Talk, l’indebolimento della “piazza televisiva”, il cambiamento di linguaggio della comunicazione. Perché se è vero che Santoro ha investito sul web, con il progetto di Servizio Pubblico, è altrettanto vero che lui non ha fatto altro che portare il solito programma televisivo sul web, cambiando solo il contenitore, ed ignorando qualsiasi cambiamento o innovazione nel linguaggio del web stesso.

Inoltre l’ex eurodeputato dei Ds non riesce a comprendere che sostituire – nello stesso schema immutato – Renzi con Berlusconi è una cosa che non funziona, né politicamente, né mediaticamente. Non sono la stessa cosa, non sono sovrapponibili, hanno radici e formazioni diverse. E anche riferimenti sociali diversi. E, soprattutto, dal suo punto di vista, Matteo Renzi non gli ha regalato alcuna centralità mediatica, cosa che invece Berlusconi gli aveva regalato.

Così come sbaglia ad utilizzare, ancora, la riforma della Rai come specchio del giudizio dell’operato del governo. Dalla tv di stato a La7 – evidentemente – si fa fatica a capire che ormai il mondo non gira intorno al Cavallo di Viale Mazzini.

Ora Santoro si mette sul mercato. Gli auguriamo la miglior fortuna, sapendo però che l’innovazione non arriverà da lui, né, probabilmente, dal suo gruppo storico.

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