La storia di Andrea Giuliano: l’attivista gay italiano minacciato di morte dai neonazisti in Ungheria

Insultato, minacciato di morte, soltanto perché gay e attivista Lgbt in un Paese, l’Ungheria, nel quale il partito di estrema destra Jobbik raccoglie il consenso di un terzo della popolazione. E per aver fatto satira sul club ultranazionalista e neonazi «Motociclisti dal sentimento nazionale», nel corso della parata dell’orgoglio omosessuale a Budapest del 2014. Da allora, come racconta il quotidiano “La Stampa“, è iniziato il calvario dell’italiano Andrea Giuliano, un ligure di 33 anni residente nel paese magiaro già governato dall’autoritario Viktor Orban.

5. Il primo bacio sul grande schermo è stato visto nel film muto del 1896 "The Kiss" (PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images)
Una manifestazione per i diritti Lgbt (Immagine di repertorio, PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images)

IL CALVARIO DI ANDREA GIULIANO, L’ATTIVISTA LGBT MINACCIATO DI MORTE DAI NEONAZI IN UNGHERIA –

Come racconta il quotidiano piemontese, a prendere di mira l’italiano sono i gruppi ultranazionalisti:

«Sulle pagine Facebook di organizzazioni neonaziste come quella dei «Motociclisti dal sentimento nazionale» continuano ad arrivare migliaia di messaggi di insulti contro il ligure di 33 anni. Tra di essi «zingaro italiano, puoi correre, ma non ti puoi nascondere», alate riflessioni tipo «mica sarà un caso che abiti nel quartiere ebraico?». Ma anche le prime minacce di morte: «Vedrete che presto passerà a miglior vita». E c’è persino chi suggerisce come: «Ti inchioderemo il pene alla porta di casa». La colpa di Andrea: essere attivista gay in un Paese in cui il partito di estrema destra ormai raccoglie i favori di un ungherese su tre. E aver fatto umorismo sul club ultranazionalista di amanti delle dure ruote. I «Motociclisti dal sentimento nazionale», guidati da un ex militante di Jobbik, Sandor Jeszenszky, hanno come emblema la bandiera della «Grande Ungheria», quella cancellata dalla storia quasi un secolo fa. Quella dei nostalgici ultra nazionalisti. Quella, per dire, che ingloba anche Trieste. Il loro motto, tanto per non lasciare dubbi sull’atteggiamento nei confronti degli ebrei è «Dai gas!». Peccato che il capo, Jeszenszky, sia stato fotografato anni fa in un locale di lap dance, mentre si esibiva in performance porno con un costume di paillettes – dettagli trascurabili di una solida biografia da persecutore di gay e infedeli e minoranze», si legge.

LA STORIA DELL’ATTIVISTA ITALIANO E LE MINACCE –

Durante la manifestazione degli attivisti per i diritti della comunità Lgbt il ragazzo italiano ha fatto ironia sulla bandiera dei motociclisti, “ornandola” con un fallo al posto della moto stilizzata. Soltanto satira, ma tanto è bastato per segnare la sua condanna:

«Sul sito nel club neonazi compaiono quasi subito la sua foto, il suo indirizzo di casa e quello del suo datore di lavoro. Cominciano a ricoprirlo di insulti e a mandare migliaia di mail al suo capo, chiedendo che licenzi l’italiano, reo di «infangare il Paese e la religione cristiana». Non solo. Quando Andrea torna a casa, trova due energumeni che lo stanno aspettando. Lui riesce a scappare, ma da allora cambia casa dieci volte, vive da amici, modifica il suo indirizzo di residenza tre volte, limita i suoi contatti a chi conosce, evita i vicini sul pianerottolo. Non ha pace». 

Le minacce sono all’ordine del giorno. E compare anche una taglia sul sito di Jeszenszky, l’ex militante di Jobbik. Dieci mila dollari per chi ammazza il ragazzo italiano: in pratica, una condanna a morte. “La Stampa” ha spiegato di aver incontrato il ragazzo a Budapest, in un’associazione di attivisti per i diritti civili, «Aurora». In Ungheria Andra è pure finito sotto processo, con l’udienza prevista a giugno, per una querela arrivato dal leader dei motociclisti. Lui replica: «Come ho fatto a infangare il “buon nome” di un’associazione che promuove iniziative dal titolo “Dai gas” che passano provocatoriamente davanti alla sinagoga? E poi: è possibile infangare il “buon nome” di un’associazione che mi ha minacciato di morte?».

Al contrario, il processo chiesto dall’attivista contro i suoi persecutori è fermo, come rivela il quotidiano piemontese. Soltanto se restasse bloccato per un altro anno e mezzo, Andrea potrebbe ricorrere alla Corte di Strasburgo. Lui, al contrario, rischia soltanto per aver fatto satira: 

«La domanda, ancora una volta, è semplice: è legale quello che hanno fatto loro? No. È legale, quello che ho fatto io? Sì». Già, in uno stato di diritto. Ma l’Ungheria lo è ancora?», conclude “La Stampa”.

 

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