«Sono io quello che sta facendo il macello». Il racconto della strage di ieri a Napoli

Giulio Murolo, il racconto della strage di Napoli è terribile nella sua ruvidità, nelle parole durissime ed evocative che usa Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera per descrivere quella “cazzata, solo una cazzata” che l’infermiere di servizio al Cardarelli di Napoli ma appassionato di caccia ha creato in quartiere Miano ieri pomeriggio. Quattro morti, sei feriti: il fratello, la cognata, un vigile di passaggio, un fioraio.

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ANSA/ CIRO FUSCO

GIULIO MUROLO, IL RACCONTO DELLA STRAGE DI NAPOLI

Una scena da guerra urbana, quella raccontata da Roncone:

Il fucile a pompa è il preferito dagli agenti dell’Fbi: maneggevole, ha una potenza di fuoco eccezionale, si carica con un movimento semplice che produce un rumore caratteristico. Clac-clac! Giulio Murolo di anni 48, infermiere all’ospedale Cardarelli, ha la passione per la caccia ed è un ottimo tiratore. Se va via di testa uno così, si mette molto male. Quartiere di Miano, periferia nord di Napoli (laggiù c’è Scampia, in fondo allo stradone Secondigliano), le quattro del pomeriggio. Murolo ha già steso il fratello Luigi, 52 anni, e la moglie di Luigi, Concetta Uliano, 51 anni: i loro corpi giacciono sul balcone, il sangue gocciola oltre la ringhiera, attaccato alla ringhiera c’è il filo per stendere i panni. Avrebbero litigato per quel filo. Toglilo, lascialo, ho detto toglilo. Una stupida lite condominiale. Che Murolo ha improvvisamente stabilito fosse l’ultima. Così ha smesso di urlare ed è andato in una stanzetta accanto alla cucina: la sua armeria. Fucili e pistole, tutto regolarmente denunciato. Ha preso il fucile a pompa ed è uscito sul balcone.

Francesco Bruner, ufficiale dei vigili urbani fuori servizio, implora l’uomo di smetterla con la carneficina, blocca il traffico, allontana le persone, cerca di dare una mano, di provare a risolvere la situazione: ancora una ricarica al fucile, ancora il fuoco aperto, un altro corpo rimane per strada.

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GIULIO MUROLO, IL MEZZO BLINDATO PER CONTRASTARLO

Murolo ha estratto ormai anche una pistola:

A qualche metro dal cadavere del vigile urbano, rantola un carabiniere. Perde sangue da una gamba. Fa per avvicinarsi chino e veloce un agente, ma anche lui viene colpito ad un braccio. Impreca, scivola, si mette a pancia in giù, continuando ad impugnare la sua Beretta. Dicono che dietro un cassonetto si sia trascinato un altro vigile urbano, Vincenzo Cinque: pure lui era fuori servizio e pure lui è stato centrato. Appare il ferito più grave. Un capitano dei carabinieri, che è stato in missione in Iraq, scuote la testa: qui è necessario comportarsi come quando in battaglia si resta sotto il tiro di un cecchino. Serve una copertura. Dalla vicina caserma Caretto, sede del battaglione Campania, viene fatto perciò uscire un mezzo blindato. Deve posizionarsi giusto davanti al balcone dell’infermiere impazzito. Ma Murolo non molla. Anzi. Riprende per bene la mira. Luigi Cantone è un fioraio che ha appena rallentato a bordo del suo scooter grigio. Un colpo, a Murolo basta solo un colpo. I morti sono quattro. I feriti, complessivamente, sei.

Il quartiere è ormai militarizzato, blindato, una sorta di assedio all’infermiere che ha trasformato il rione in una zona di guerra tanto da richiedere l’intervento dei Nocs, delle teste di cuoio della Polizia, e degli agenti distaccati a Scampia e a Secondigliano per contrastare le piazze di spaccio.

Serve un megafono. Chi ha un megafono? Dieci minuti dopo. «Murolo, mi senti?». «Murolo, stai calmo, arrenditi…». «Ora ti veniamo a prendere, ok?». Un’ora per placarlo. Cambiando, come si fa in questi casi, tono di voce. Parole dolci, poi brusche, minacciose, e di nuovo dolci. Murolo telefona al 113: «Sono io quello che sta facendo il macello». Anche l’operatore cerca di tranquillizzarlo. Ad un certo punto ecco quattro agenti che, per milletrecento euro al mese, si infilano un giubbotto antiproiettile e s’avviano verso le canne fumanti di un fucile a pompa. Due di questi agenti avranno meno di trent’anni. Il funzionario del commissariato di zona avanti. C’è così silenzio, che si sente il rumore dei loro passi. È un pomeriggio caldo, il cielo è basso, grigio, e tutti siamo sudati. Solo lui, Murolo, viene fuori senza una goccia di sudore. Lo tengono per le ascelle, gli premono il collo. Lui ha gli occhi di un bue. Lo sguardo di un bue.

“Non mi uccidete, però, ho fatto solo una cazzata”, si sente dire da Murolo. E non è facile evitare il linciaggio: la popolazione si assiepa intorno alla fiat Punto della polizia in cui viene infilato: calci sulla carrozzeria, sputi, “voglia di vendetta immediata”. Il corteo delle macchine della polizia si allontana a sirene spiegate, verso il carcere.

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