«Città e nuove generazioni, il futuro dell’Europa»: la recensione

C’è chi vorrebbe smontarla, l’Unione Europea. Chi fomenta paure e lavora per la dissoluzione di un progetto ancora incompleto, lontano da quell’Europa dei popoli sognata da Altiero Spinelli e dai padri fondatori. Eppure, l’Ue può essere ben altro rispetto alla fotografia percepita oggi. Un’opportunità di modernizzazione e di crescita per le città e per le nuove generazioni, come scrivono nel libro “Città e nuove generazioni, il futuro dell’Europa”, edito da Carocci editore (e con l’introduzione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari Esteri Sandro Gozi), Giacomo D’Arrigo (direttore dell’Agenzia nazionale per i giovani) e Pierciro Galeone (direttore di Ifel).

Europa Città e nuove generazioni

L’EUROPA E I GIOVANI –

In realtà, alcuni esempi concreti ci sono già. C’è un’Europa che impatta nei territori con programmi, iniziative e attività concrete e quotidiane. Soprattutto in merito al problema dell’occupazione giovanile, vero freno in molti Paesi Ue. Basta pensare ai 25 milioni di cittadini europei in cerca di lavoro, concentrati per due terzi nelle aree urbane.

Ed è questo il tema del volume di D’Arrigo e Galeone, che svela le storie di città che innovano a partire dal protagonismo della nuova generazione. Anche in Italia. Da Torino a Catania, passando per Napoli, sono i giovani a mostrarsi come vettori di nuovi modelli di sviluppo urbano sostenibile.

Sono le città europee, si spiega nel libro, che diventano il luogo dell’incontro tra i giovani e i loro futuro, gli “incubatori di futuro collettivo”. Galeone precisa come non manchino politiche Ue rivolte al sostegno dell’innovazione e dell’occupazione giovanile: «Così come non mancano iniziative europee rivolte alle città in una logica reticolare. Sono, queste, esperienze che meritano di essere rinforzate da ulteriori, puntuali e concrete azioni dell’Unione europea». Non sono però ancora sufficienti. E senza una strategia generale finalizzata alla crescita e all’occupazione anche gli esempi positivi rischiano di resterare poco più che casi singoli e isolati.

 

LE CITTÀ EUROPEE E QUEGLI ESEMPI DA FAR CONOSCERE E DIFFONDERE –

Nel volume, presentato al Salone del libro di Torino, gli autori raccontano quegli esempi da valorizzare. L’impegno va dalla promozione della nascita di nuove imprese all’accompagnamento di idee innovative allo startup, passando per la promozione delle relazioni tra ricerca e mondo dell’impresa. I modelli base in Europa sono quelli di Parigi e Barcellona:

«L’amministrazione comunale parigina ha varato l’iniziativa Paris Jeunes, finalizzata a fornire al pubblico giovanile un articolato supporto in ambito orientativo nel vasto campo delle opportunità occupazionali a disposizione. Più ambiziosa appare l’impostazione adottata dal capoluogo catalano, che prende le mosse da un preciso assunto: non esiste effettiva contraddizione tra crescita economica e obiettivi sociali […] Barcellona come città nodale, centro commerciale dell’Europa mediterranea, declinata in cinquantasei azioni settoriali. Approvato nel 1988, tale piano è diventato un paradigma di riferimento: premiato dall’allora Comunità europea, è stato applicato già da almeno cinquanta grandi città del continente, da Lione a Stoccarda», si legge.

Ma diversi sono i casi degli ultimi anni anche nel nostro Paese: da Cesena a Torino, passando per la Regione Puglia. Basta ricordare il progetto ribattezzato “Bollenti Spiriti“, che ha messo in relazione e favorito la sinergia tra startup e creazione d’impresa attivatesi nella propria area. Senza dimenticare il lavoro dell’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci):

«Nell’ambito dell’accordo stipulato il 25 settembre 2013 con la presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale per disciplinare le modalità di programmazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione delle iniziative da realizzare in favore dei Comuni, l’anci ha emanato un avviso pubblico (“ComuneMenteGiovane”) riguardante la presentazione di proposte per il finanziamento di progetti in materia di innovazione sociale a livello comunale».

L’AMMINISTRAZIONE CATALITICA –

Nel volume trova poi spazio un altro tipo di governance, ribattezzata “amministrazione catalitica”. Più che operare nel tessuto produttivo, si punta a diffondere le relazioni e le conoscenze del territorio. Ovvero è un ruolo di “regia”, con l’ente pubblico che coordina le azioni e l’impegno del singolo cittadino. Di fronte allo scenario attuale nel quale, le risorse sono scarse e la spesa pubblica soggetta a tagli ingenti, fondamentale resta quindi valorizzare la collaborazione tra città. Così come le esperienze dal basso che, come scrivono gli autori, possono «trovare nella dimensione continentale strumenti e possibilità per strutturarsi e realizzarsi concretamente».

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