Lega Pro, il buco nero del calcio italiano

05/05/2015 di Maghdi Abo Abia

Lega Pro, il buco nero del calcio italiano. Ne abbiamo parlato nelle scorse settimane raccontando la storia difficile del Monza, il cui proprietario si era reso irreperibile a causa di diversi affari non andati a buon fine in Brasile e la parabola del Barletta, il cui capo-ultras ha ottenuto la procura alla vendita da parte del Presidente. Ma queste storie sono solo parte di un sottobosco inquietante fatto di società fallite, di debiti, di stipendi mai pagati, di classifiche decise dalla giustizia sportiva.

Lega Pro, il buco nero del calcio italiano
(Gettyimages)

IL CASO-PENALIZZAZIONI DI NOVARA E REGGINA –

Di Monza e Barletta abbiamo già detto. Ma ci sono altri casi che meritano attenzione. Prendiamo Novara e Reggina. Gli azzurri erano in testa nel girone A ma sono stati penalizzati di 8 punti per inadempienze nel pagamento degli stipendi salvo ottenerne di nuovo in appello cinque e trovarsi a due punti di distanza dalla capolista Bassano. Gli amaranto, che stanno facendo i conti con la fine della presidenza Foti, erano appesantiti da un -12 che aveva compromesso qualsiasi possibilità di salvezza. In appello la penalizzazione è stata ridotta a -2 punti ed ora si trovano a un punto dai playout a una giornata dalla fine. Gli amaranto affronteranno il Martina Franca già salvo e potrebbero avere la meglio sul Savoia penultimo che affronterà il Messina, a sua volta sicuro dei playout.

IL SAVOIA E GLI ALLENAMENTI IN UN PARCHEGGIO –

Ed a proposito del Savoia, la squadra campana come ricorda Repubblica è in preda ad una grave crisi, con stipendi non pagati da mesi. Per manifestare la propria difficile situazione i giocatori si sono allenati in un parcheggio a ridosso del proprio stadio. Ad alleviare la situazione all’epoca ci fu la notizia della penalizzazione della Reggina, penalizzazione che voleva dire serie D per gli amaranto. Invece ora rischiano proprio i campani che si trovano improvvisamente costretti a non perdere contro il Messina il cui obiettivo è quello di mantenere le lunghezze sull’Aversa Normanna impegnato in casa contro il Matera in piena corsa per i playoff.

 

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IN 29 ANNI SPARITI 153 CLUB DI LEGA PRO –

E non è detto che la salvezza sul campo determini automaticamente la presenza nella prossima stagione di Lega Pro. Negli ultimi 15 anni non si sono iscritti ben 107 club. Ne sono scomparsi 15 nelle ultime due stagioni mentre dal 1986 a oggi i club di Lega Pro spariti sono 153. Secondo i dati raccolti da Report Calcio 2014, l’analisi economica dei campionati professionistici italiani curata dalla Figc con la collaborazione di dell’Agenzia di Ricerche e Legislazione (AREL) e PwC, la situazione economica della Lega Pro è tutto fuorché sostenibile, almeno ad analizzare il quinquennio 2008-2013, ricordando che le squadre retrocesse in Serie D e quelle fallite non sono tenute a presentare i bilanci. E per la Lega Pro sono stati analizzati solo i bilanci del 78 per cento delle squadre.

LEGA PRO, I COSTI SUPERIORI AI RICAVI –

L’analisi è relativa al periodo in cui la Lega Pro era divisa in prima e seconda divisione. Il valore della Prima Divisione è cresciuto del 3,4 per cento, da 2,9 a 3 milioni medi per club, a fronte di una diminuzione del costo della produzione del 3,5 per cento, da 4,3 a 4,2 milioni medi per club. Il risultato netto nell’ultima stagione “divisa” è rimasto negativo per 1,1 milioni medi per club, ma in miglioramento del 24,3 per cento rispetto alla stagione precedente. In Seconda Divisione il valore della produzione medio per club si attesta a quota 1,6 milioni in crescita del 2,8 per cento , ma a fronte di un aumento del costo della produzione del 17,9 per cento, da 1,9 a 2,3 milioni per un club. Per una perdita netta media per club di 0,7 milioni di euro.

LO STIPENDIO MEDIO DI 24.910 EURO LORDI L’ANNO –

In sostanza si perdeva sia in Prima sia in Seconda divisione. E questi sono valori medi. La situazione peggiora se si parla di stipendi. La media in Lega Pro, sempre secondo gli ultimi dati Figc, era di 24.910 mila euro lordi l’anno, per un costo complessivo che grava sul fatturato per il 78 per cento. In tutto questo i club devono affidarsi o a munifici sponsor, sempre meno “disponibili”, o agli incassi dello stadio. Di conseguenza i club non sanno su quanto denaro possono contare per la stagione sportiva. L’esatto contrario della Serie A che puo’ pianificare sulla base dei diritti televisivi che “coprono” le spese. Senza dimenticare che la Lega Pro versa allo Stato italiano in tasse 42,1 milioni di euro. Il valore della produzione è stato di 127 milioni nel quinquennio 2008-2013 ma allo stesso tempo il costo della produzione, nel medesimo periodo, è stato di 176 milioni di euro.

IL CASO SECONDA DIVISIONE –

La scelta di cancellare la Lega Pro Seconda Divisione, riempita per lo più di squadre buone per i campionati dilettanti ma assolutamente non in grado di sostenere l’impegno professionistico, sembrava avesse messo a posto le cose. La mancanza di denaro e le difficoltà dei singoli club fanno si che ciò che decide in campo spesso sia ininfluente visto le decisioni degli enti di controllo come la Covisoc. Allora le squadre cercano di raggiungere la migliore posizione possibile sperando in un ripescaggio che possa dare un senso alle stagioni future. Ma anche qui spuntano i problemi. Perché i ripescaggi devono sottostare ad uno schema preciso ancorché confuso.

IL REGOLAMENTO DEI RIPESCAGGI –

Come riporta Calciopress, la classifica dei ripescaggi si basa su tre criteri: la classifica finale dell’ultimo Campionato, che vale al 50 per cento, la tradizione sportiva della città, che vale il 25 per cento, il numero medio degli spettatori allo stadio nell’ultimo quinquennio, per un altro 25 per cento. Il discrimine vero viene dato dal secondo punto, relativo alla tradizione sportiva della città. Si attribuiscono 10 punti per la partecipazione a ogni Campionato di serie A dal 1929/30 all’ultima, 7 punti per la partecipazione a ogni campionato di Serie B, cinque punti per ogni Champions League, 4 punti per ogni partecipazione alla Serie C o per ogni scudetto, 3 punti per ogni Coppa delle Coppe, due punti per ogni Coppa Uefa, un punto per ogni Supercoppa. E paradossalmente una squadra sana come il Carpi o il Sudtirol verrebbe penalizzata rispetto ad un’altra messa peggio economicamente ma più “blasonata”. Altro sintomo di una malattia che colpisce un sistema distorto che sembra incapace di rigenerarsi. E chissà se chi si è salvato quest’anno giocherà in Lega Pro anche l’anno prossimo. (Photocredit copertina Maurizio Lagana/Getty Images)

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