Montage of Heck: il falso mito di Kurt Cobain

Non è mai stato realizzato un buon documentario sul rock and roll. E per molti versi non lo è neanche Montage of Heck. Lo dice un giovanissimo Kurt Cobain pochi giorni prima della pubblicazione di Nevermind, nel corso di un’intervista che poi finirà quasi 24 anni dopo nella testimonianza definitiva, forse, sulla sua vita, ovvero il documentario curato da sua figlia Frances Bean.

KURT COBAIN FILM –

Una clip di questa intervista è presente in Montage of Heck, e purtroppo il taglio effettuato, come si vede in questo video, ne tradisce parte delle intenzioni. Un timido Kurt Cobain prima dice “Fuck, no” alla richiesta di intervista, ridendoci su, poi si corregge con un molto più educato “Heck, no”. Il cavoli, o il cribbio per noi lombardi, inglese al posto della parolaccia che allude al sesso. In questa scelta così marginale sembra emergere la preferenza per il “maledetto” del rock che per il timido artista di provincia timoroso di sembrare maleducato per aver detto una volgarità. Il documentario su Kurt Cobain ha un tratto pornografico quasi disturbante, tanto è intrusivo nella vita di una persona insicura, riservata, e timida. Così timida che sarebbe ancora in vita se non avesse lasciato la sua stanza di Olympia dove passava le sue giornate da disoccupato a scrivere canzoni, come ha cesellato il suo miglior amico, Krist Novoselic, in un’intervista di più di dieci anni fa. L’autore di brani, il leader dell’ultimo gruppo davvero “generazionale” nel rock, è per certi versi assente in “Montage of Heck”. La sua lacuna probabilmente più grossa, visto che la crescita artistica di Cobain, e lo stesso ruolo centrale della musica nella sua vita rimangono sullo sfondo, nonostante si sentano canzoni dei Nirvana dall’inizio alla fine delle oltre due ore del documentario, come ha ben scritto Carlo Bordone. Montage of Heck dice poco o niente di nuovo a un fan terminale dei Nirvana come il sottoscritto. Chi sa a memoria i DVD ufficiali e ha passato molto tempo a guardare su Youtube i video a loro dedicati conosce praticamente tutti gli spezzoni presenti nel film. Peccato solo che i backstage dei video, unico elemento di novità, siano un po’ marginalizzati.

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KURT COBAIN MONTAGE OF HECK –

La traccia audio principale di Montage of Heck è l’ultima intervista di Kurt Cobain a “Rolling Stone”, pubblicata poco prima del suo suicidio. Anche chi ha avuto la sfortuna di leggere quella pessima operazione commerciale che fu la pubblicazione dei suoi diari, così come conosce bene le due biografie principali sui Nirvana e Cobain, Come as you are di Michael Azerrad e Heavier than Heaven di Charles Cross, non troverà novità in Montage of Heck. Ci sono film privati, anche troppo, e nuove interviste alle persone più vicine a Kurt Cobain, ovvero i genitori, la sorella, la prima fidanzata, la moglie Courtney Love e il suo miglior amico, il bassista dei Nirvana Krist Novoselic. Fa male vedere il dolore del padre Donald, incapace praticamente di parlare della scomparsa del figlio, così come il silenzio di Krist, così diverso dalle interviste concesse quando Kurt era in vita. All’epoca scherzavano e ridevano sempre, perché il senso dei Nirvana, e il vero segreto del loro enorme successo, era sapere unire una riflessione profonda a un’ironia marcata, resa ancora più unica da uno spirito di fanciullezza e da una disperata ricerca dell’innocenza che ha sempre pervaso i loro migliori momenti musicali. Spiace invece che Montage of Heck, che rimane un documentario molto ben fatto, e che merita di essere visto, si concentri sulla cupezza e sull’esposizione quasi maniacale delle debolezze di Kurt Cobain. Fragile e insicuro, incapace di accettare ogni tipo di critica e umiliazione, e che ha trovato nella droga una via d’uscita alle sue debolezze umane. L’Angelo bruciato, come da pessima ma tragicamente perfetta traduzione di una brutta biografia pubblicata sul leader dei Nirvana.

KURT COBAIN FIGLIA –

Montage of Heck si concentra sul “mito” Cobain, come mostra anche l’ultima scena finale, l’urlo con cui si chiedeva l’esecuzione di Where Did You Sleep Last Night nell’Unplugged dei Nirvana. Quella scena è diventata il simbolo del suicidio del musicista più famoso degli anni novanta, ma c’entra poco o nulla con i motivi che hanno reso i Nirvana un gruppo così rilevante. Il mito “rock” di Kurt Cobain, icona del disagio e ribellismo giovanile evidenziato sulle magliette di tanti adolescenti, è però l’aspetto più fastidioso della sua celebrità. Kurt Cobain è stato uno straordinario autore di canzoni, l’ultimo a rappresentare davvero una nuova generazione, che “rottamò” l’epica e l’estetica dell’America reaganiana. Per questo va celebrato e ricordato, e non mitizzato come tossico insicuro incapace di venire a patti con il successo generato dal suo talento. E capace di trovare un sollievo solo nella tossicomania, appunto: la dipendenza dell’eroina è un aspetto centrale del documentario. Sotto questa prospettiva Montage of Heck è tanto fastidiosamente celebrativo quanto esageratamente rivelatore dei suoi difetti. Ma è un film pensato da una giovane donna che non ha mai conosciuto suo padre e che ha avuto la sua vita completamente indirizzata da un gesto così doloroso come il suicidio di un suo genitore. Tanto drammatico, quanto incredibilmente pubblico. Solo Frances Bean è autorizzata a parlarne in questi termini, e la cosa bella di Montage of Heck è che potrebbe davvero essere l’ultimo racconto del “mito Kurt Cobain”.

Phocredit: Frank Micelotta/ImageDirect

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