La lunga ultima corsa di Hillary Clinton

22/04/2015 di Andrea Mollica

Hillary Clinton

tenterà per l’ultima volta di tornare alla Casa Bianca in veste di presidente degli Stati Uniti. Dopo l’amara e sorprendente sconfitta della prima corsa presidenziale, l’ex First Lady ha aspettato sette anni per rafforzare un’immagine pubblica definita dall’infinita battaglia delle primarie democratiche del 2008. Oggi come allora il successo di Hillary Clinton dipende però in modo indissolubile da Barack Obama.

Hillary Clinton e il suo ultimo libro, "Hard Choices"
Hillary Clinton e il suo ultimo libro, “Hard Choices” NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images

HILLARY CLINTON – La candidatura a Usa 2016 di Hillary Clinton è iniziata a Unity, New Hampshire. Il 27 giugno del 2008 l’allora senatrice di New York, appena reduce da una cocente sconfitta alle primarie democratiche, aveva svolto un comizio insieme a Barack Obama, il candidato designato dagli elettori del suo partito per la sfida alla Casa Bianca contro il repubblicano John McCain. Il comizio di Unity fu il primo segno pubblico di riappacificazione tra Barack Obama e Hillary Clinton, un riavvicinamento politico e personale che convinse il presidente a scegliere la sua avversaria come responsabile della diplomazia americana.

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L’ufficializzazione della corsa dell’ex Segretario di Stato per le presidenziali statunitensi del 2016 era attesa da ormai diverse settimane. Dalla vittoria di Barack Obama nel 2012 erano arrivati segnali sempre più concordi dell’intenzione di Hillary Clinton di provare ancora una volta l’avventura presidenziale. La candidata democratica ha deciso di servire per un solo mandato Obama, evitando così di rimanere troppo legata alla sua amministrazione. Dopo la pubblicazione del suo libro, Hard Choices, non esattamente un caso editoriale viste le vendite deludenti, che ripercorre la sua esperienza alla guida del Dipartimento di Stato, Hillary Clinton si è spesa nelle elezione di metà mandato per sostenere i candidati democratici impegnati nelle sfide più significative delle Midterm 2014. Tra presentazioni del libro e comizi di sostegno ai suoi compagni di partito la candidata democratica ha svolto un anticipo della lunghissima campagna elettorale che la attende dalla prima metà di aprile del 2015 fino all’8 novembre del 2016. Appare pressoché certo infatti che Hillary Clinton sarà infatti la vincitrice delle primarie democratiche del 2016. Nel penultimo ciclo presidenziale l’allora senatrice di New York era sì considerata come la favorita nella sfida contro Barack Obama e John Edwards, ma il suo consenso all’interno dell’elettorato del suo partito non è paragonabile ai valori attuali. Da ormai numerosi mesi Hillary Clinton guida le intenzioni di voto delle primarie democratiche con consensi intorno al 60%, e distacchi abissali nei confronti di ogni possibile candidato.

Hillary Clinton ed Elizabetjh Warren
Hillary Clinton ed Elizabetjh Warren. Chip Somodevilla/Getty Images

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HILLARY CLINTON E LE PRIMARIE DEMOCRATICHE – All’inizio ufficiale delle primarie democratiche mancano circa sette mesi. Il 18 gennaio i caucus dell’Iowa daranno il via alle cinquanta competizioni in ogni Stato americano che determineranno il candidato presidente di Democratici e Repubblicani. Nei mesi precedenti si svolgono le cosiddette primarie invisibili, che servono ai candidati per tessere alleanze sui territori, costruire letteralmente le loro campagne elettorali, affittando sedi e assumendo personale, e ottenere finanziamenti dal maggior numero di donatori possibili. Secondo diversi osservatori Hillary Clinton ha già conquistato la nomination democratica in questa fase, visto il vasto supporto conquistato tra i Democratici e nella rete di finanziatori, associazioni e movimenti che supportano il partito. Il quotidiano The Hill conteggia già cento rappresentanti democratici schierati con Hillary Clinton, il 43% della delegazione congressuale della formazione guidata da Barack Obama. I deputati della Camera dei Rappresentanti che hanno già dichiarato il proprio endorsement per Hillary Clinton 73, su 188, mentre l’ex senatrice di New York ha già collezionato l’appoggio di ventotto senatori, praticamente più del sessanta per cento del caucus alla Camera Alta. A diversi mesi dall’inizio delle primarie Hillary Clinton ha praticamente già ottenuto un numero di endorsement comparabile agli appoggi avuti nella scorsa campagna presidenziale, poi persa. Per certi versi ancora più importante è l’assunzione all’interno dell’organizzazione che gestirà la sua campagna di personalità legate a Barack Obama. Il sondaggista del presidente, Joel Benenson, curerà l’enorme lavoro di indagini demoscopiche dopo il trionfale operato del 2012, quando fu uno dei pochi sondaggisti a rilevare una vittoria piuttosto netta per il presidente in carica. Il presidente della campagna di Hillary Clinton sarà John Podesta, dirigente democratico di spicco che ben sintetizza l’integrazione tra due anime del partito in aperto conflitto tra di loro sette anni fa. Podesta è stato Chief of Staff della Casa Bianca, il capo di gabinetto del presidente, con Bill Clinton, ed è stato un apprezzato e influente consulente di Barack Obama dopo aver fondato e guidato uno dei più importanti think tank liberali, il Center for American Progress. Il presidente Obama non si è esposto ufficialmente, ma in diverse circostanze ha rimarcato il suo apprezzamento per la candidatura di Hillary Clinton alla Casa Bianca.

Un possibile avversario di Hillary Clinton, Bernie Sanders
Un possibile avversario di Hillary Clinton, Bernie Sanders. Alex Wong/Getty Images

HILLARY CLINTON SENZA AVVERSARI – L’appoggio compatto del partito così come la vasta rete di finanziatori che hanno già donato almeno più di dieci milioni di dollari nella fase precedente all’avvio della campagna elettorale scoraggiano qualsiasi democratico dal correre contro Hillary Clinton. Al momento hanno formato un comitato esplorativo tre candidati che appaiono totalmente incapaci di impensierire l’ex senatrice di New York: Jim Webbs, Martin O’Malley e Lincoln Chaffee. Webbs è un ex senatore della Virginia, che ha servito nell’amministrazione Reagan, che non ha un profilo nazionale autorevole. Una qualità che manca anche a Martin O’Malley, sindaco apprezzato di Baltimore e successivamente governatore un po’ meno popolare del Maryland. Nei sondaggi Webbs e O’Malley sono rilevati intorno al 2% di consenso, contro il 60% e oltre di Hillary Clinton. Un po’ più apprezzato nelle rilevazioni demoscopiche è il senatore socialista Bernie Sanders, che sta valutando una corsa presidenziale che però avrebbe più il sapore della testimonianza viste le sue posizioni radicali. Benchè le intenzioni di voto siano decisamente premature in questo momento, un simile distacco non appare colmabile, a meno di clamorosi errori da parte della candidata democratica dominatrice nei sondaggi. Specie se si considera il dominio finanziario che Hillary Clinton saprà esibire nei prossimi mesi. E di certo l’ex firts lady non è neppure impensierita da figure popolari quali il vicepresidente Joe Biden o la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, che per ora non hanno fatto alcun passo formale verso la candidatura. La senatrice Warren, punto di riferimento dell’ala liberal, ha più volte smentito la possibilità di una corsa per la Casa Bianca, ed è l’unica che appare potenzialmente in grado di suscitare qualche preoccupazione nel clan clintoniano. Elizabeth Warren è molto popolare, è capace di raccogliere molti soldi grazie all’appoggio di influenti associazioni progressiste radicate a livello nazionale e potrebbe sfidare Hillary Clinton proponendo un’alternativa più marcatamente di sinistra. Nel primo video ufficiale della sua campagna la candidata democratica ha però subito inviato un messaggio chiaramente progressista, rimarcando l’esigenza di tutelare la classe media dagli eccessi del capitalismo finanziario. Un tema che caratterizza l’intera carriera politica di Elizabeth Warren. Hillary Clinton non sembra sottovalutare alcun aspetto, e si sta già dedicando a un tour de force in Iowa, lo Stato che fu decisivo per impedirle la conquista della nomination nel 2008.

Un manifesto di Hillary Clinton
Un manifesto di Hillary Clinton. TIMOTHY A. CLARY/AFP/Getty Images

HILLARY CLINTON PRESIDENTE – Giovedì 28 luglio del 2016 solo un asteroide, o un imprevisto dal significato politico enorme sembrano poter impedire a Hillary Clinton di svolgere il discorso di accettazione della nomination a Filadelfia, la città che ospiterà la Convention democratica tra poco più di quindici mesi. Sicuramente più difficile è invece immaginare Hillary Clinton mentre svolge il discorso della vittoria nella notte tra l’8 e il novembre del 2016. La candidata democratica guida pressoché ogni sondaggio sulle presidenziali dell’anno prossimo, ma le intenzioni di voto in questo momento hanno davvero scarso valore informativo. Il dato più interessante, e preoccupante per le sue chance di arrivare alla Casa Bianca, è la discesa dell’apprezzamento degli statunitensi per Hillary Clinton. Quando era Segretaria di Stato, e sostanzialmente estranea alla conflittualità politica tra Obama e i Repubblicani, più del sessanta per cento degli americani esprimeva un’opinione favorevole nei confronti di Hillary Clinton. Valori stellari, che hanno contribuito a motivare l’ex senatrice di New York a una nuova corsa per la Casa Bianca, dopo le amarezze, e i debiti milionari, del 2008. In questi mesi il consenso di Hillary Clinton è però calato piuttosto bruscamente, tanto che nelle ultime settimane le opinioni favorevoli fanno fatica a superare il cinquanta per cento. Un dato piuttosto positivo, ma certo mediocre se paragonato ai sondaggi dell’anno scorso. I motivi per questo calo di consenso così marcato sono diversi. Innanzitutto i Repubblicani hanno iniziato ad attaccare con continuità Hillary Clinton, su diversi temi quali l’attentato all’ambasciata americana di Bengasi, dove morirono alcuni funzionari statunitensi, o il recente scandalo sulle email. Durante il suo incarico da Segretario di Stato Hillary Clinton non ha utilizzato l’indirizzo di posta elettronica ufficiale, ma il suo personale. Un comportamento contrario alla normativa, anche se certo un problema politicamente piuttosto contenuto. La gestione del caso ha però suscitato più di una perplessità tra osservatori e dirigenti dei Democratici, così come le spiegazioni di Hillary Clinton non sono state particolarmente brillanti, almeno a giudicare dalla reazione dell’opinione pubblica. Il caso delle email private, in realtà piuttosto irrilevante, ha però rafforzato i dubbi sulla capacità della candidata democratica, così come del suo team, di gestire momenti particolarmente delicati che ogni tanto si verificano anche nelle migliori campagne elettorali. La facile conquista della nomination potrebbe in questo senso creare qualche problema in prospettiva per Hillary Clinton, che nell’ultimo anno e mezzo ha dimostrato un po’ di ruggine nelle uscite pubbliche di natura prettamente partitica.

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HILLARY CLINTON E BARACK OBAMA – Il vero ostacolo di Hillary Clinton per la Casa Bianca si chiama ancora Barack Obama, per due motivi. Il primo è che i valori di consenso di un candidato democratico difficilmente potranno essere diversi dall’apprezzamento del presidente uscente. Se a novembre del 2016 una larga maggioranza degli americani sarà contraria all’operato di Barack Obama, sarà pressochè impossibile per Hillary Clinton resistere alla loro volontà di cambiare partito. Se invece ci sarà un vasto consenso nei confronti dell’amministrazione uscente, la candidata democratica ne beneficerà in modo rilevante. Questi due scenari sembrano però piuttosto improbabili, a meno di un boom o di una nuova crisi economica. Barack Obama è uno dei presidenti americani con il consenso più stabile e meno oscillante da quando si effettuano sondaggi. Dopo la fine della luna di miele di inizio mandato l’apprezzamento del suo operato non è mai andato sotto al 40%, ma non è mai salito neppure oltre il 50% per un lungo periodo di tempo, a parte i mesi decisivi delle presidenziali 2012. Gli elettori democratici hanno sempre apprezzato Obama in modo compatto, mentre ancora più uniti sono i repubblicani nella loro ostilità. Attualmente le opinioni favorevoli del presidente,di poco inferiori al 50%, coincidono con il dato di Hillary Clinton, ennesimo segno del destino che li accomunerà anche alle prossime elezioni. La storia rappresenta l’altro grande ostacolo per la candidata democratica. Dal secondo dopoguerra in poi solo una volta, nel 1988, un partito ha ottenuto un terzo mandato presidenziale consecutivo, quando il vicepresidente repubblica George Bush successe a Ronald Reagan, eletto nel 1980 e trionfalmente confermato nel 1984. Dopo otto anni di Casa Bianca gli americani tendono ad aver un forte desiderio di cambiamento, tanto politico che personale. Un orientamento che certo non favorisce la corsa di una candidata come Hillary Clinton, che non solo ha una lunga esperienza politica di alto livello difficilmente conciliabile con un messaggio di innovazione, ma appartiene pure allo stesso partito del presidente uscente. Le primarie repubblicane selezioneranno probabilmente un avversario competitivo, e non un candidato come Ted Cruz o Rand Paul che sembrano troppo radicali per poter esser competitivi al centro dell’elettorato americano. Senza regali del Gop, Hillary Clinton dovrà contare su una campagna senza errori, su un buon andamento dell’economia e su un diffuso apprezzamento per Barack Obama. Senza queste condizioni l’ambizione di diventare la prima presidente donna degli Stati Uniti sembra oltremodo difficile da realizzare.

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