Cpl Concordia, collabora un altro manager: «Ecco la rete tra coop e Pd»

Nell’inchiesta sugli appalti truccati della «Cpl Concordia» la collaborazione del manager Nicola Verrini, ex membro del Cda ieri interrogato per cinque ore, può aprire nuovi scenari per gli inquirenti, soprattutto in merito ai rapporti con la politica. In particolare, spiegano Fiorenza Sarzanini e Fulvio Bufi sul Corriere della Sera, ad essere affrontato è il legame tra il presidente Roberto Casari e il Partito democratico

Cpl Concordia Nicola Verrini Ischia
Cpl Concordia, Nicola Verrini collabora con i pm (Photocredit Archivio Ansa)

CPL CONCORDIA, VERRINI AI PM PARLA DEI RAPPORTI TRA CASARI ED ESPONENTI PD –

Secondo i pm, Casari, presidente della «Cpl Concordia» fino al 30 gennaio scorso, era ancora il «regista» degli affari della cooperativa. Spiega il Corriere della Sera come gli accertamenti riguardano anche la provenienza di una busta con 16mila euro in contanti trovata a casa dello stesso Casari, con una scritta a matita: «Baffo». Era stata trovata dai carabinieri al momento di procedere con gli arresti: «Sono i soldi che tengo a disposizione per le esigenze della famiglia, se dovesse accadermi qualcosa», si è difeso Casari. E la scritta? «Si riferisce a me che ho i baffi», ha continuato, come riporta il quotidiano di via Solferino.

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CPL CONCORDIA, L’INCHIESTA E LE COLLABORAZIONI –

Durante il suo colloqui con i pm, il responsabile commerciale Verrini ha rivelato nomi di politici e amministratori:

«Accade tutto martedì mattina, subito dopo le vacanze pasquali. Mentre i carabinieri del Noe sono impegnati a verificare le dichiarazioni di Francesco Simone, il responsabile delle relazioni istituzionali della cooperativa modenese che ha ricostruito i retroscena di appalti e nomine degli ultimi anni, i difensori di Verrini – gli avvocati Massimo e Michele Jasonni – contattano i magistrati. Di fronte al giudice il manager si era avvalso della facoltà di non rispondere. «Era sotto choc per l’arresto – chiariscono i legali – ma dopo qualche giorno abbiamo concordato sull’opportunità di incontrare i magistrati». Detto fatto. I sostituti procuratori Henry John Woodcock e Celeste Carrano entrano nel carcere di Poggioreale alle 15 di due giorni fa, escono quando è ormai tarda sera. Verrini ha certamente un ruolo chiave all’interno della «Cpl» perché è il responsabile commerciale ma soprattutto perché, come spiega il difensore, «è entrato come tecnico di cantiere e poi ha fatto carriera fino a diventare responsabile commerciale per l’area del Tirreno e membro del consiglio di amministrazione». Circa un anno fa arriva la svolta, alcuni manager vengono convocati come indagati, scoprono che l’inchiesta riguarda alcune commesse ottenute in Campania e in particolare la metanizzazione di Ischia. «Verrini – ricorda l’avvocato Jasonni – si è dimesso dal consiglio di amministrazione e ha chiesto di essere spostato in un’altra zona commerciale per non continuare ad avere interessi professionali nell’area oggetto dell’inchiesta della Procura di Napoli».

Il “Corsera” ricorda come la decisione non gli abbia evitato comunque l’arresto, accusato di aver partecipato a quell’associazione per delinquere, creata insieme agli altri responsabili della «Cpl», che versava tangenti a politici e pubblici amministratori per aggiudicarsi i lavori:

«Di fronte ai pubblici ministeri Verrini non lo nega. Racconta dettagli, circostanze. Poi fa i nomi degli interlocutori che hanno consentito alla cooperativa di seguire una corsia privilegiata nelle gare. E approfondisce quei legami che Casari ha con numerosi esponenti del Pd. Anche Simone sta parlando dei rapporti con i politici, ricostruendo i retroscena delle trattative che lui stesso ha seguito personalmente per ottenere l’assegnazione degli appalti», si legge. 

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LE DICHIARAZIONI DI VERRINI E SIMONE –

Le dichiarazioni di Verrini e di Francesco Simone sono state messa a verbale dai magistrati, che hanno disposto immediate verifiche:

«I due sono sempre stati in costante contatto, confrontandosi praticamente su ogni mossa. Sono proprio loro che l’11 marzo del 2014 – ignari di essere intercettati – discutono sull’opportunità di finanziare la Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema, colloquio ritenuto dal giudice «di estremo rilievo per il modo in cui gli stessi distinguono i politici e le istituzioni loro referenti operando una netta ma significativa distinzione tra quelli che al momento debito si sporcano le mani (“mettono le mani nella merda”) e quelli che non lo fanno».

(Immagine copertina – Photocredit Archivio Ansa)

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