Andrea Dossena, l’ex calciatore del Napoli arrestato per furto da Harrods

Andrea Dossena arrestato per furto: brutta avventura per l’ex nazionale, arrestato con l’accusa di furto nei magazzini del lusso di Harrods. L’episodio – scrive oggi il Daily Mail ripreso dall’agenzia Ansa – sarebbe avvenuto martedì, quando l’ex calciatore di Liverpool e Sunderland – oltreché di Napoli, Udinese e Palermo – Andrea Dossena è stato fermato assieme alla sua fidanzata. Dossena, 31 anni, è stato in seguito rilasciato su cauzione. Né il calciatore né il suo attuale club, il Leyton Orient, ha voluto commentare l’accaduto.

Andrea Dossena, l'ex calciatore del Napoli arrestato per furto da Harrods
(Gettyimages)

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ANDREA DOSSENA, COSA È ACCADUTO ED IL RISPETTO DELLA VERITÀ

Andrea Dossena a due settimane dai fatti ha rilasciato un’intervista esclusiva al Corriere dello Sport in cui lamenta di essere stato trattato come un mostro ed un ladro per una svista, senza che gli agenti abbiano avuto il minimo riguardo per la fidanzata e per il loro figlio, Romeo. E come tutto sia nato da un barattolo di miele e della bresaola:

«Abito a cinque minuti dai Grandi Magazzini Harrods. E siamo andati, io mia moglie Debora e mio figlio Romeo, a fare un giro. E’ sotto casa nostra, ci vuole niente. Siamo arrivati alla cassa ed ho pagato, senza aver notato che nella borsa c’era anche una confezione di bresaola ed un barattolo di miele. Non so come sia successo, né come abbia fatto: non me ne sono assolutamente accorto»

Ed è in quel momento che le cose precipitano, con l’intervento degli agenti che chiedono loro i documenti di residenza, rimasti a casa, con conseguente trasferimento in caserma fino alle 22.30:

«E che veniamo placcati, come si farebbe in certi casi con i terroristi. Io ero ovviamente incredulo, non solo per il gesto, ma perché non mi rendevo conto cosa stesse succedendo e perché ciò accadesse: non avevo ancora percezione dell’errore. Mi chiedono i documenti che dimostrano la legittimità del nostro status, di residenti londinesi. Io ovviamente non potevo averli con me, li avevo lasciati a casa. E a quel punto ci hanno portato in caserma, dove ci hanno tenuto fino alle dieci e mezza della sera, incuranti delle esigenze di un bambino di due anni e mezzo, che ha i suoi ritmi, i suoi orari, dovrebbe far la pappa e che invece non ha potuto mangiare. Mi consenta: assurdo comportarsi in questo modo nei confronti di un bambino»

Dossena spiega che la presenza della fidanzata (chiamata “la mia roccia”) e del figlio gli hanno dato forza anche se si sentiva colpevole di averli portati con sé in caserma quando in realtà la svista è stata sua. Fortunatamente tutto si è risolto per il meglio:

«È stata confermata la mia assoluta buona fede anche dalla Polizia e dopo due giorni il caso, come si dice in genere, è stato chiuso»

Andrea Dossena si sente però costretto a dover fare chiarezza per quanto accaduto anche perché nei primi minuti dalla notizia le cose sembravano effettivamente più grandi di quanto in realtà non sia accaduto:

«Semplicemente perché voglio, e penso sia giusto, tutelare l’immagine mia e dei familiari. Abbiamo vissuto momenti di grave disagio. I miei compagni avevano il pretesto per prendermi in giro, per scherzarci su, per divertirsi con me. Ora sono tranquillo, è acqua passata. Ma quando mi fermo a riflettere, ritengo completamente ingiusto il caos mediatico che è venuto fuori. Non c’è stata privacy, non c’è stato neanche rispetto. Una ricostruzione fantasiosa. C’è chi ha scritto senza aver conoscenza dell’incidente, come se non sapessero, come se non fossero informati, anzi come se fossero disinformati. Sono stati coinvolti Debora e Romeo, che erano invece completamente estranei ed innocenti, perché la distrazione è stata mia. E mi sono ritrovato nei titoli: Dossena ladro. Come se fossi andato a rubare un Rolex»

Ed ora è arrivato il momento di tutelare sé stesso e la sua famiglia, continua Dossena:

«Per quanto riguarda l’immagine, è stata immediatamente rivalutata dalla verità emersa. Ma dinnanzi a certe notizie fantasiose, sei impotente. Scoprirsi al centro di caso montato sul nulla. E purtroppo non poterci fare niente, sentirsi impotente dinnanzi alla potenza della notizia. Io posso solo raccontare la mia verità, che poi è la verità»

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