Matteo Salvini posta i migranti che giocano, ma scorda l’inferno di Mineo

«Intanto, per ingannare il tempo, alcuni immigrati giocano a pallone. D’altronde 24 ore sono lunghe da riempire…». Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini posta una foto su Facebook in cui alcuni migranti giocano a pallone. L’eurodeputato ha l’opportunità (e il tempo libero) di commentare foto per foto il suo tour al centro per immigrati di Mineo, in Sicilia.

salvini migranti pallone 8

Sotto fioccano i commenti. «Schifosi parassiti – scrive una donna – mangiano, bevono e si divertono alla faccia dei fessi che lavorano e li mantengono». In tanti però accusano il segretario di “opportunismo”.

SALVINI E L’AMNESIA SUI RITARDI DELLA COMMISSIONE – Perché queste accuse? Quello che Salvini non ricorda sui social è che i migranti richiedenti asilo aspettano una decisione sull’accettazione del loro status, e, magari nel mentre giocano a pallone. Un migrante al suo arrivo in Italia richiede lo status di rifugiato politico. Un percorso non facile e fatto di lunghi tempi d’attesa. A fornire una spiegazione è stata ieri la trasmissione Gazebo con un servizio sul centro gestito da don Luca Favarin.

LEGGI ANCHE: Se Gazebo fa il lavoro che dovremmo fare noi

«Aspettano nel giro di qualche settimana la convocazione con ora e giorno dell’audizione per la Commissione – ha spiegato il prete alle telecamere Rai -. La Commissione decide, in base alla tua storia, le condizioni per poter esser considerato o meno rifugiato politico».

A dare un quadro complessivo della attuale situazione a Mineo fu, nel 2011, il dossier di Medici senza Frontiere “Dall’inferno al limbo“. Il report denunciava i lunghi tempi d’attesa per la verifica delle domande di asilo. La commissione territoriale esaminava per il centro siculo solo 2 casi al giorno. Veloci? Mica tanto. Con questo ritmo i duemila ospiti che all’epoca affollavano il centro potevano esser smaltiti in tre anni. La lentezza delle commissioni – ha denunciato MSF – crea un sorta di limbo del migrante che per legge non può uscire e circolare liberamente nel nostro Paese. Abdoul, ospite del CARA siculo, raccontava così nel dossier: «Da quando sono arrivato a Mineo, non faccio altro che camminare in circolo, sembra di essere in carcere». Risultato? Sovraffollamento, suicidi e pochi minuti a settimana per potersi collegare telefonicamente con la propria famiglia. Non proprio un paradiso.

guarda il video: 

(Salvini dopo la visita al Cara di Mineo)

La Lega ha votato no sulla istituzione di una commissione d’inchiesta per verificare e fare luce nei Cie italiani.

IL CARA DI MINEO E L’INCHIESTA – Il Cara di Mineo e la sua gestione hanno guadagnato l’interesse delle procure di Catania e Caltagirone con 11 indagati per varie ipotesi di reato fra le quali abuso d’ufficio e turbativa d’asta. Ad anticipare il lavoro degli inquirenti è stato il quotidiano La Sicilia. Esiste, secondo la procura, un fil rouge con il sistema di Mafia Capitale.  Racconta la testata:

Al centro dell’inchiesta l’appalto da 96 milioni e 900mila euro bandito dal Consorzio “Calatino Terra di Accoglienza” per l’affidamento triennale della gestione del Cara di Mineo. A fare da detonatore è stata “Mafia Capitale”. Tra gli arrestati della maxi-inchiesta condotta dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che ha rivelato il malaffare attorno al business dell’immigrazione, c’è anche un altro presunto indagato “eccellente” nei fascicoli siciliani: Luca Odeavaine, ex capo gabinetto di Veltroni, poi responsabile della polizia provinciale, chiamato nel 2011 come esperto del Consorzio di Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza”. Proprio questo è stato uno degli elementi che ha indotto la Procura di Roma a trasmettere parte delle carte alla Dda di Catania.

I migranti di Mineo giocano a pallone perché non possono – e non devono – abbandonare il CARA. I migranti di Mineo giocano per non impiccarsi in stanza. I migranti di Mineo giocano perché aspettano troppo a lungo. E forse, secondo la procura, le attese così lunghe giovano a qualcuno in particolare.

(In copertina Etiopia, la fuga dei migranti verso il Gibuti. REUTERS/Goran Tomasevic)

Share this article