Facebook ti spiega bene perché ti banna e cancella i tuoi contenuti

Vietare contenuti violenti o offensivi senza sopprimere la libertà di condivisione. È l’obiettivo delle nuove regole di Facebook su cosa va bannato sulle pagine dei propri utenti. L’azienda fondata e guidata da Mark Zuckerberg è in procinto di rende note linee guida aggionate per i suoi 1,4 miliardi di iscritti sperando di essere più efficace nell’individuazione di materiale inappropriato ed evitare decisioni spesso ritenute opache.

 

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Foto: JUAN MABROMATA/AFP/Getty Images

 

FACEBOOK, REGOLE SUI CONTENUTI A VOLTE POCO CHIARE – A volte infatti Facebook ha fatto retromarcia sull’opportunità di consentire o meno la pubblicazione di video offensivi, come quelli della decapitazione di prigionieri dell’Isis. A dicembre ha bloccato una pagina che stava promuovendo una protesta antigovernativa in Russia. Ad ottobre ha consentito ad alcune drag queen di utilizzare il proprio nome d’arte mentre continuava a bannare altri utenti che utilizzavano nomi falsi. Circostanze sulle quali ora l’azienda vorrebbe chiarire una volta per tutte. «Stiamo cercando di trovare un equilibrio in base al modo in cui funziona la nostra community», ha detto Monika Bickert, manager di Facebook, in un’intervista.

 

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FACEBOOK, NOVITÀ SU CHI BANNARE – Dunque, attenzione viene dedicata alle pagine dei terroristi. Saranno ovviamente bandite organizzazioni come l’Isis, ma le nuove regole vieteranno anche solo l’elogio e il sostegno all’azione dei miliziani jihadisti che stanno seminando morte in Medio Oriente e Nord Africa e altri simili gruppi. Le nuove regole riguardano, inoltre, i contenuti porno. La maggior parte delle immagini o dei video di nudo sono vietati, ma sarà fatta chiarezza sulle immagini che non sono offensive. Le regole, in particolare, chiariranno che non saranno rimosse nudi delle opere d’arte. Altra novità riguarda la cosiddetta vendetta porno, ovvero la pubblicazione di foto o filmati hard senza autorizzazione delle persone ritratte. Una decisione, questa, che segue a ruota Twitter.

 

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FACEBOOK, ANCORA RILEVANTI LE SEGNALAZIONI DEGLI UTENTI – Ovviamente per l’individuazione di un contenuto inappropriato resta fondamentale il ruolo degli utenti e delle loro segnalazioni. Bickert ha spiegato che ci sono gruppi di revisione dei contenuti al lavoro ad ogni ora del giorno in tutto il mondo e che ogni rapporto viene esaminato prima che venga assunta una decisione definitiva. Ma un problema da risolvere resta quello del tempo richiesto previsto per decidere, che in genere è di 48 ore, un arco temporale spesso non abbastanza breve per evitare che alcuni contenuti diventino virali. Il rischio, in questo caso, è di pagare anche un conto con la giustizia. Twitter per non aver risposto in maniera abbastanza celere alle segnalazioni di messaggi offensivi o violenti è finito nel mirino degli avvocati di alcuni gruppi di difesa dei diritti delle donne e gruppi antiterrorismo.

 

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FACEBOOK, RICHIESTE DEI GOVERNI – Infine, le richieste dei governi. Facebook è intenzionata a stabilire regole chiare anche per le domande di rimozione o di informazione su contenuti e utenti che partono dal mondo delle istituzioni. Nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie l’azienda diffonderà istruzioni dettagliate specifiche per ogni paese. Nel suo rapporto Facebook racconta che nella seconda parte del 2014 ha bannato 9.707 contenuti per violazione delle leggi locali, l’11% in più rispetto ai primi sei mesi dello stesso anno. L’India è stato il paese con maggior numero di richieste, 5.832, seguita dalla Turchia, 3.624. Per quanto concerne invece il numero complessivo di richieste di informazioni sugli account, Facebook ne ha contate 35.051, in aumento rispetto alle 34.946 della prima parte del 2014. In questo caso in cima alla lista ci sono gli Stati Uniti. Secondo le statistiche dell’azienda, Facebook accetta di dare informazioni nel 79% dei casi. Collaborazione che viene considerata molto positiva. Chris Sonderby, viceconsigliere generale di Facebook, ha garantito:«Continueremo ad invitare i governi di tutto il mondo a riformare le loro pratiche di sorveglianza in modo da tutelare la sicurezza delle persone garantendo diritti e libertà».

(Foto di copertina: Dave Thompson / PA Wire / LaPresse)

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