Tfr in busta paga, 10 cose che non puoi non sapere

Dal primo marzo 2015 i lavoratori dipendenti di aziende privatehanno l’opportunità di farsi liquidare in busta paga una parte del Tfr, il trattamento di fine rapporto.

Tfr. Cos’è. Conosciuto anche come liquidazione o buonuscita, il trattamento di fine rapporto è una quota di ritribuzione del lavoratore subordinato, sia del settore pubblico che privato, che viene solitamente differita alla cessazione del rapporto di lavoro. È disciplinato dall’articolo 2120 del codice civile.

Tfr. A quanto ammonta. Il Tfr complessivo annuo ammonta a circa una mensilità. Il trattamento di fine rapporto infatti, si calcola sommando per ogni anno di servizio una quota pari e non superiore all’importo della retribuzione totale dovuta per lo stesso anno e dvisisa per 13,5.

Tfr. Come viene rivalutato. Esso viene anche rivalutato in base all’andamento dei prezzi. Il Tfr accantonato viene incrementato al 31 dicembre di ogni anno con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice Istati dei prezzi al consumo per le famiglie di impegati ed operai rilevato 12 mesi prima.

 

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Tfr in busta paga. Cos’è. L’ultima legge di Stabilità (la n. 190 del 2014) al comma 26 dell’articolo 1 ha stabilito che i dipendenti del settore privato possono farsi liquidare una parte del Tfr in busta paga, «in via sperimentale», fino al 30 giugno 2018.

Tfr in busta paga. Chi può richiederlo.  Per richiederlo bisogna essere occupati da almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro. E possono richiederlo anche lavoratori che hanno già deciso di destinare il trattamento ai fondi di previdenza integrativa. Sono esclusi lavoratori domestici o del settore agricolo.

Tfr in busta paga. Quando richiederlo. È possibile richiedere il trattamento di fine rapporto in busta paga fino al mese si settembre 2015. L’eventuale manifestazione di volontà diventa irrevocabile fino al 30 giugno 2018.

 

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Tfr in busta paga. Quanti lo scelgono. La novità sembra non essere stata apprezzata dai lavoratori interessati al provvedimento. Secondo statistiche diffuse negli ultimi giorni solo il 6% dei dipendenti del settore privato ha optato per l’incasso del Tfr in busta paga e meno del 20% di loro, quando scadranno i termini per la richiesta, avrà scelto questo tipo di soluzione.

Tfr in busta paga. Perché sceglierlo. Il vantaggio del trattamento di fine rapporto in busta paga riguarda la disponibilità immediata di liquidità. Con l’anticipo della liquidazione si hanno più soldi in tasca. La Fiba Cisl stima 76 euro mensili in più per chi non supera i 18mila euro annui di reddito e ben 97 euro per chi ne guadagna almeno 23mila. La Cgia di Mestre invece calcola 71 euro in più al mse per un operaio con retribuzione netta di 1.200 euro e 112 euro per chi porta a casa 1.600 euro netti.

Tfr in busta paga. Perché non sceglierlo. Il principale svantaggio dell’anticipo del Tfr in busta paga riguarda la tassazione. Il trattamento di fine rapporto che si aggiunge allo stipendio è soggetto a tassazione ordinaria e, dunque, ad esso viene applicata l’aliquota Irpef con le relative addizionali comunali e regionali. Ai lavoratori con reddito di 15mila euro viene applicata un’aliquota al 23%, che poi sale al 27% per i lavoratori con retribuzione lorda di 25mila euro. Ma preoccupa anche la mancata rivalutazione. Quando il trattamento di fine rapporto finisce in busta paga essa è pari a zero. Mentre, come già precisato, se accantonato, il Tfr cresce dell’1,5% più i tre quarti del tasso di inflazione.

 

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Tfr in busta paga. Perché non convince. Secondo la Fondazione studi consulenti del lavoro nella maggior parte dei casi trasferire il Tfr in busta paga è una scelta sfavorevole. Oltre che dall’applicazione delle aliquote Irpef, infatti, il lavoratore verrebbe penalizzato da un diverso valore dell’Isse, l’Indicatore della situazione economica equivalente utilizzato dall’Agenzia delle Entrate come valutazione di molte prestazioni sociali. Ma non solo. Il lavoratore verrebbe penalizzato anche dall’incidenza negativa del maggior reddito sulle detrazioni.

(Foto di copertina: Mauro Scrobogna / LaPresse)

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