Come vive davvero un sieropositivo

Alla vigilia della giornata mondiale contro l’AIDS proviamo ad aprire una finestra senza retorica


Il primo dicembre in tutto il mondo si celebra la giornata mondiale contro l’Aids. L’appuntamento, nato nel 1987, serve a sensibilizzare tutto il mondo sulla diffusione dell’HIV e sull’esplosione della sua forma finale, appunto AIDS, che in italiano sta per “sindrome da immunodeficenza acquisita”. Una malattia che dal 1981 al 2007 ha ucciso in tutto il mondo 25 milioni di persone e che affliggeva, sempre al 2007, oltre 33 milioni di individui in tutto il mondo.

L’EVOLUZIONE DELLE CURE – Molte cose sono cambiate dall’inizio degli anni ’80, ovvero all’esplosione della malattia. All’epoca i malati di HIV erano destinati a una morte certa. Col passare del tempo si è riuscito a limitare l’invasività dell’HIV nelle persone, al punto che, grazie all’uso di appositi farmaci definiti “antiretrovirali” riescono a contenere la presenza del virus all’interno del corpo e mantenere a un livello accettabile le difese immunitarie, rendendo l’infezione da HIV una malattia cronica, quasi come il diabete, senza alcuna possibilità che possa arrivare al suo stadio finale.

IL SIEROPOSITIVO? “UN APPESTATO” – Eppure. Eppure ancora oggi, nonostante il progresso della scienza medica, il malato di HIV si sente ancora come quella pubblicità in cui il malato veniva raffigurato con una cornice rosa intorno, nel 1990. Anche se all’epoca tale terrore era giustificato dalla quasi impossibilità di garantire un futuro ai malati, la sensazione intorno ai sieropositivi non è cambiata di una virgola, anzi. Questo non significa sminuire l’importanza delle pratiche per proteggersi ed evitare il contagio: semplicemente, a capire come vive chi questa malattia oggi ce l’ha.

IL TERRORE E L’OBLIO – Per rendersene conto basta fare un semplice giro su internet e nei forum, leggere per semplice curiosità quello che scrivono le persone affette da HIV. Cercare di comprendere le loro paure e rimanere allibiti nel pensare che degli individui che non hanno bisogno di vergognarsi di alcunché vengano trattati come degli appestati. Andando con ordine, nel leggere i contenuti di questi forum spesso ci si imbatte in persone le quali, affette dai sensi di colpa per un rapporto occasionale non protetto o viziato da un “incidente” cercano conforto nel loro terrore di avere contratto la malattia. Vengono aiutati, tranquillizzati, calmati. Se poi, come quasi sempre accade, l’esito delle analisi è negativo, basta un “grazie ciao e in bocca al lupo” perché riavvenga il salto tra i normali.

LE DIFFICOLTA’ – Un ragazzo sieropositivo ha scritto che, quando va dal dentista, dichiara di essere affetto da Epatite C. Perché? Perché la profilassi è del tutto simile a quella dell’HIV, ma non viene trattato come un appestato dal suo dottore. Una storia che è servita per rispondere a un’altra utente, spaventata dal suo dentista di “fiducia” che la tratta come un’appestata. C’è la paura di essere malati e non essere accettati, o peggio respinti. C’è la paura di ferirsi, perché la guarigione sarà più lunga e la ferita sarà visibile, viva e necessiterà di attenzioni superiori. C’è il timore di unirsi con altri non malati. Il terrore di vedere una storia finire perché uno dei due è sieropositivo e viene involontariamente giudicato dall’altro. Ci sono persone nate sieropositive e che non riescono a sbocciare, per paura di un marchio, un giudizio.

VOGLIO VIVERE –L’HIV è come la divina commedia, quasi tutti ne hanno sentito parlare, quasi nessuno l’ha mai letta o studiata“. Queste le parole di un altro utente. Violente, ma reali. Una società educata ad avere paura dell’infezione è una società che non capisce la sofferenza e la dignità di uomini e donne che per sfortuna o disattenzione sono capitate in questo incubo. Quando si leggono frasi come “voglio vivere!!!” alla notizia di una probabile svolta per un vaccino, si capisce quanto coraggio e quanta forza spingano queste persone ad andare avanti. Quanto sia difficile per loro maneggiare scatole di Viramune o Truvada e quanto possa essere frustrante avere a che fare con medici meno aggiornati di loro sulle novità terapeutiche.

IL RISPETTO – La medicina oggi consente alle coppie sieropositive di avere figli sani, seppur con qualche accorgimento. Una vittoria anche solo impensabile fino a pochi anni fa. Eppure c’è sempre quella paura da parte dei potenziali genitori. Ne varrà la pena? Non correrò il rischio di far nascere una persona destinata all’infelicità? Tutte parole e pensieri che denotano l’unica vera esigenza spuntata fuori dalle varie comunità virtuali: rispetto. Rispetto prima di tutto per sé stessi, ma sopratutto, e sarebbe il caso di ricordarsene non solo in questa giornata ma sempre, da parte del resto del mondo, della società civile, dai medici, dagli infermieri, dai vicini di casa, da tutte le persone che vivono in questo mondo che dovrebbero ricordarsi che, anche se afflitte da un male tremendo anche se solo figli della distrazione, abbiamo a che fare con persone che fanno i conti tutti i giorni con coraggio e forza con un male che li accompagnerà tutta la vita. E non sono contagiosi, ma semplicemente persone.

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