#LostinSanremo, giorno 1: di Pif, Carlo Conti, il maestro Basso e Mirella

Mobbing. Mandarti nel giro di quattro mesi alla Leopolda, in Transatlantico nei tre giorni del Condor, pardon del Presidente, al Centro Congressi Frentani per Marco Rizzo, a seguire Passera al Circolo Aniene e infine a Sanremo edizione 65, non si può che definire così. Mobbing, appunto.

Il direttore Marco Esposito, probabilmente, sta già pensando di inviarmi alle Olimpiadi del cucito (come concorrente, ovvio), ma la verità è che Sanremo è più retrò dei comunisti di Rizzo, più paracula degli eventi renziani, più compassata delle presentazioni Passera, più autoreferenziale delle trattative politiche a Montecitorio.

Giordano Giusti, va detto, è già inseritissimo. Saluta i colleghi, ammicca a Carlo Conti, chiede interviste. Lo pensavate solo come giornalista sportivo o televisivo? Qui sta nascendo il nuovo Zaccagnini. Io mi aggiro per il Roof 1 – pare sia la sala stampa di quelli importanti, Giornalettismo lo hanno messo tra La Stampa e Vanity Fair: si vede che ci leggono, hanno ben fotografato le nostre due anime – come chi si è perso ad Amsterdam. Strade tutte uguali e riconoscibili solo agli iniziati, uomini e donne gentili ma che parlano un loro idioma incomprensibile. Solo che i “sanremisti” sono più incomprensibili di chi parla dutch. Pensate che sono così matti da farsi centinaia di chilometri per venire fino all’Ariston. Io ho portato frac, tight, completi da matrimonio e pure papillon. Poi ho scoperto che i giornalisti Sanremo lo vedono in televisione. A pochi metri dal palco, vero, e per carità, su un maxischermo moderno e bellissimo, ma pur sempre alla tv. E ne sembrano entusiasti.

Il bello, però, è tutto l’ambiente Sanremo e soprattutto la città. Con una pista ciclopedonale che farebbe la gioia di Marino, focaccerie ovunque, trattorie insospettabili e persino i discount, per tenere botta rispetto al festival, danno buona musica in filodiffusione. Ieri, Giordano ed io, ormai coppia di fatto, compravamo biscotti, acqua e patatine per imboscarle sotto i letti della graziosa pensioncina in cui siamo (appena 1,6 chilometri dall’Ariston: il giovane inviato è già più in forma del giallorosso Daniele Verde). E a un certo punto, tac, parte Meraviglioso, versione dei Negramaro. E stamattina ecco che in piazza risuona Laura Pausini, con “Marco se n’è andato e non ritorna più”. L’ultima volta che l’ho sentito ero minorenne. Il mio compagno di lavoro, forse, neanche camminava.

E le conferenze stampa, poi. Già due, sul nulla. Alla fine c’è chi polemizzava con Pagnoncelli, pur di non addormentarsi. E non far addormentare lui. Carlo Conti fa battute che sono un incrocio tra l’efficacia dirompente delle storielle di Berlusconi e il brillante umorismo di Enrico Mentana quando sferza gli ospiti con un’ironia “agghiacciande” e poi ride da solo. Ma tutti sembrano perfettamente a loro agio, solo io tento il suicidio arrotolandomi con nonchalance il cavo del microfono alla gola o prego che un buco nero mi porti già a sabato sera. E per vedere Palermo-Napoli, non Marco Masini e Biggio e Mandelli.

In compenso sappiamo già chi vince. Il volo, ci dicono. Alla Trattoria da Mirella, al Rondò Garibaldi, la rivelazione. Giordano entusiasta, io già pronto a rivendermi come mio lo scoop su Twitter. Ma su google scopriamo che le agenzie di scommesse c’erano arrivate da settimane. Ma lui dice d’averlo saputo da fonti sicure, “altissime”. Se sono attendibili quanto sono buone le sue vongole e i suoi calamari fritti, stiamo in una botte di ferro. Chissà se il direttore si berrà che i pranzi alla trattoria sono da considerare spese per il reperimento delle informazioni.

Ma lasciatemi dire dell’unico momento in cui mi sono sentito a mio agio. Quando è entrato il maestro Diego Basso, direttore dell’ultimo concerto al Senato, cinque anni con Paolo Limiti, pare confidente di Flora Dora. Il maestro ci ha edotto sui segreti di Sanremo, ci ha rivelato le sorprese e le delusioni, ci ha detto chi ascoltare e quando invece andare senza problemi a bere un caffè. Sarai la nostra fonte, Dieguito. Sarai l’unico volto amico a cui farò riferimento mentre Giordano prenderà un Martini con Rocio, gareggerà in umorismo con Carlo Conti, rifarà il palinsesto con Giancarlo Leone. E spiegherà a Pagnoncelli le equazioni giuste per risolvere i problemi impossibili tipo “se una giuria demoscopica vale il 30% ma solo per due giorni, quella di giornalisti il 50% ma solo per tre giorni, il televoto sempre la metà ma per il 50% e la giuria di qualità ancora non si sa che fa, allora come capiremo chi vincerà o verrà eliminato?” (forse, come denuncia la foto di copertina, la risposta è 4). Stephen Hawking pare abbia rinunciato a risolvere il dilemma, Nando conta di farcela. Io spero di fare amicizia con Luzzatto Fegiz. Magari per andare a vedere un concerto insieme. E di invitare a cena Irene Grandi, di cui sono follemente innamorato da quando Giordano non era ancora nato.

P.S.: la Rai ha appena annunciato che il buffet per i giornalisti da quest’anno non ci sarà. La mia solita fortuna. Non escludo episodi di cannibalismo.Noi alieni lo facciamo.

Share this article