Svezia, addio al Paese dell’accoglienza

La Svezia è il Paese europeo più aperto per quanto riguarda l’immigrazione. Fino a poco tempo fa chi parlava in termini scettici di immigrazione veniva tacciato di razzismo, mentre ora invece l’atmosfera sta lentamente cambiando. Negli ultimi anni sono arrivati circa 100 mila stranieri all’anno richiedenti asilo, una percentuale piuttosto alta se si considera che si tratta di un Paese con meno di 10 milioni di abitanti. Un eccesso di presenza straniera che sta spostando la Svezia su posizioni ben più dure contro l’immigrazione.

LA SVEZIA E L’IMMIGRAZIONE –

Un articolo del quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung rimarca come stia cambiando il modo con cui la Svezia guarda all’immigrazione. Fino a poco tempo fa il Paese scandinavo era una sorta di simbolo dell’accoglienza. Ora invece non solo la Svezia fa fatica ad accogliere così tanti migranti come fatto finora, ma ha crescenti difficoltà a integrare gli stranieri che vivono da tempo nel Paese. Nessun Paese dell’Unione Europea accoglie così tanti profughi per abitante come fa la Svezia. L’anno scorso 81e 300 stranieri hanno fatto domanda di asilo, la maggior parte di loro proveniva da Eritrea e Siria. Normalmente ricevono permessi di soggiorni illimitati. Nel 2015 la Svezia si attende fino a 105 mila richieste di asilo, un numero considerevole considerando una popolazione complessiva di 9,7 milioni di persone. L’apertura verso l’immigrazione è stata considerata un’ovvietà fino a poco tempo fa dalla Svezia, nonostante il sistema di gestione della presenza degli stranieri soffra da tempo per una pressione migratoria così forte. Gli alloggi scarseggiano, le autorità non riescono a gestire tutti i loro compiti, gli immigrati spesso frustrati. Da anni, rimarca Süddeutsche Zeitung, la Svezia fa fatica non solo ad accoglierli, ma anche a integrarli.

LA SVEZIA E GLI STRANIERI –

Mikael Ribbenvik, vicedirettore del dipartimento immigrazione della Svezia, rimarca come diversi Paesi cerchino di allontanare i profughi spaventandoli. La Svezia non lo fa, sottolinea Ribbenvik. Il problema più grande in questi mesi è trovare letti per i rifugiati, fino a quando rimangono in attesa della decisione sul loro soggiorno in Svezia. 30 mila straieri vivono in abitazioni, mente per altri 20 mila vanno trovati letti in ex ospedali, ostelli o strutture vacanziere non utilizzate.  Chi riceve il diritto di asilo inizia una fase di integrazione che dura due anni. Il ministero del Lavoro elabora piani per i rifugiati, con corsi di lingua, formazione, stage, e i corsi sono pagati dalla Svezia. Dopo due anni gli stranieri devono trovarsi un lavoro, cosa che riesce a circa un quarto di loro. Il grande flusso di migranti registrato in questi anni ha reso però questo percorso assai più difficile. Migliaia di stranieri non riescono a svolgere i loro corsi di integrazione alla luce della mancanza di alloggio, mentre alcuni frequentanti dormono all’aperto o nelle strutture per senzatetto. Le difficoltà dell’accoglienza e dell’integrazione hanno reso più controversa la tradizionale apertura della Svezia sull’immigrazione. Alle ultime elezioni il partito che ha ottenuto il miglior risultato sono stati i Democratici della Svezia, che hanno come proposta chiave la riduzione del 90% della presenza straniera. Altri partiti di centrodestra hanno proposto in questi mesi restrizioni al generoso sistema dell’immigrazione in Svezia, mentre diversi tumulti o incendi a moschee hanno testimoniato quanto profonde siano le tensioni tra comunità straniere e scandinave.

Photocredit: ANDERS WIKLUND/AFP/Getty Images

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