I 5 motivi per cui non devi controllare le email quando stai per andare a dormire

27/01/2015 di Redazione

Gli esperti sono concordi: è assolutamente sconsigliato dormire con lo smartphone acceso sotto il cuscino. Allo stesso modo, meglio evitare anche di controllare le mail di lavoro – e in generale utilizzare qualsiasi tipo di device elettronico – dopo le dieci di sera o comunque direttamente prima di andare a dormire. I “perché” di questo prezioso consiglio li spiega Men’s Health: in gioco c’è la qualità del vostro riposo notturno.

dormire con lo smartphone sotto al cuscino fa male
Foto: SERGEI SUPINSKY/AFP/GettyImages

Scoprili tutti:

  • 1. NON RIUSCIRAI PIÙ A DORMIRE – La luce azzurrognola emessa dai dispositivi elettronici come gli smartphone, i tablet e i pc, interferiscono con il ritmo circadiano, interrompendo la naturale propensione dell’organismo a “spegnersi” in vista di una notte di riposo. Questo significa che, dopo aver controllato la posta e magari risposto a una mail del capo, faticherai a prendere sonno.
  • 2. A LUNGO ANDARE, POTRESTI SOFFRIRE DI DEPRESSIONE – Se hai l’abitudine di controllare le mail quando sei già sotto le coperte, potresti avere un sonno disturbato e poco riposante: una cosa che, con il tempo, può trasformarsi in deprivazione da sonno e degenerare in depressione e altre patologie correlate.
  • 3.FINIRAI CON L’ODIARE IL TUO LAVORO – Se non riesci a tracciare un confine tra vita lavorativa e vita privata, finirai con l’essere sempre “in servizio”. E, a lungo andare, smetterai di trovare divertente e affascinante tutto ciò che tu piaceva del tuo lavoro.

 

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  • 4. LAVORI DI PIÙ (E SENZA STRAORDINARI PAGATI) – Anche rispondere a una semplice mail del tuo capo significa rimettersi al lavoro, nonostante tu creda di poter essere più libero perché puoi controllare le mail in qualsiasi momento
  • 5. IL GIORNO DOPO AVRAI MAL DI TESTA – Perdi ore di sonno prezioso, sforzandoti di mantenere la concentrazione e accumulando stress imprevisto: sei consapevole che il giorno dopo sarai meno “reattivo” al lavoro? Ne vale davvero la pena?

(Photocredit copertina: JEAN-SEBASTIEN EVRARD/AFP/Getty Images

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