Volevo essere un calciatore di Agon Channel. O forse no

20/01/2015 di Giordano Giusti

«Me lo facevo più grande». Nicola viene da Bari, ha vent’anni e lo accompagna il papà. Non è mai stato a Roma e vede per la prima volta l’Olimpico: davanti a sé non ha l’impianto raccontato dalla tv ma una miniatura. Ha preso il treno la mattina presto e forse non si aspettava tutto questo freddo che fa al Foro Italico: nel borsone della Pro Inter Bari, la prima squadra di Cassano, cerca invano i guanti. Sotto all’impianto che ha fatto fatica a riconoscere c’è lo Stadio dei Marmi sul cui campo – poltiglia verde e marrone – alle 9 inizieranno i provini. «E le reti?» chiede indicando le porte Francesco, 33 anni di Siracusa, qualifica da saldatore. Ecco, le stanno montando gli dico. Non è la sua unica preoccupazione: ha dormito in albergo a sue spese, «alle 11 mi buttano la valigia fuori dalla stanza» e quindi facciamo presto. A sentirlo parlare mastica pane e calcio dalla mattina alla sera: in un paio di minuti ripassa tutta la giornata di Serie A appena trascorsa, esalta Pogba, critica Garcia. A guardarlo indossa uno zuccotto rovinato e sotto la tuta lisa fa capolino una pancia importante. «U palluni mu manciu» esclama poco prima che una ragazza lo porti via per un’intervista pre-gara. A fargli da contraltare c’è uno spilungone, avrà 27-28 anni: arriva in ritardo, piazza la macchina a un metro dall’ingresso e saltando la fila si dirige verso il tavolino dove la produzione in un misto di italiano e albanese sta facendo compilare le liberatorie. Pettinatissimo e vestito di tutto punto, regala tre quattro battute alle telecamere. Sembra aspirare a sfondare come tronista dovesse andargli male da calciatore. Peccato per le Hogan false.

Non siamo tantissimi: alle 9,30 non arriviamo a trenta. La rosa insomma non è ampia ma variegata. Gli aspiranti concorrenti di Leyton Orient – il talent sul calcio di Agon Channel – vengono dalle più disparate zone d’Italia, con un leggero predominio del Sud: Matera, Foggia, Rovigo, Messina, Anzio, San Piero Patti, Lugnano in Teverina. Un biondino timido viene da un paesino a 45 km da Palermo, 700 abitanti. In attesa che vengano ultimate le interviste a cui riesco a sfuggire ci spostiamo al sole. Quello con le Hogan false fa il simpatico con una ragazza della produzione. Tutti gli altri cercano di rispondere a due domande fondamentali: «Quanti ne prendono» e «Quando arriva Simona». Il Leyton Orient milita nella terza serie del campionato inglese, va a caccia di talenti italiani e ha messo in palio un contratto da professionista. L’idea è del presidente, nonché numero 1 di Agon Channel, Francesco Becchetti. La Simona bramata fa di cognome Ventura ed è la conduttrice del programma. «Ne prendono sette» spara Nicola, «stanno cercando portieri» gli fa eco un bassetto dagli occhi chiari, un misto tra Maggio e Jesus Navas. «Arriverà per le 11, con calma» risponde un ragazzo di Roma all’altro e ben più rilevante quesito.

Poi si va. Genitori e fidanzate restano sugli spalti umidi con valigie, borse e telefoni in braccio. Ci danno le maglie – fruit arancio, senza numero, come a dire adesso e per ora siete tutti uguali – e ci cambiamo mentre si fa conoscenza: il classico e spontaneo cameratismo da spogliatoio propone il refrain sui presidenti delle varie formazioni dilettantistiche che ti fanno firmare il contratto, promettono rimborsi spese e poi non cacciano un euro. «Artro che sordi, ormai c’è rimasta solo ‘a passione» dice uno col doppiotaglio. Scendiamo in campo non prima di un altro paio di interviste, a cui mi sottraggo con successo un’altra volta. Guanti sotto braccio, quello con le Hogan false si scopre essere un portiere. Si gioca? Non ancora. Ci chiedono in che ruolo giochiamo, poi a casaccio alcuni vengono mandati a tentare acrobazie al volo su un tappeto elastico, altri vengono filmati mentre provano il freestyle, altri convocati per fantomatici confessionali di gieffina memoria. Dribblo tutto come nemmeno Messi ai tempi d’oro, e mi unisco al torello a centrocampo. Il livello pare modesto, più di qualcuno non sembra in grado di fare uno stop o un semplice passaggio di interno piede. Nel dubbio quello con le Hogan false mi entra a gamba tesa al primo pallone che mi arriva. Tutti i giochi si fermano quando arriva Simona, il pallone non rotola più. Un po’perché ce la guardiamo tutti, un po’ perché arrivano un paio di fotografi e via di scatti con tutti noi – siamo diventati 40, ritardatari compresi – e «mettetevi di su, mettetevi di giù, schieratevi così». Più di mezzora così, poi si gioca.

Tre squadre e mezza, quattro portieri. Io resto fuori, quello con le Hogan false è il primo a entrare in campo e quello che si fa notare di più una volta fischiato il calcio d’inizio per quanto grida dai pali. Nei primi cinque minuti due gol, uno per parte. In panchina non c’è Zeman ma il trio di giudici Collovati-Berti-Galante che si siedono accanto alla Ventura. A metà primo tempo il dramma: una ragazza corre giù per gli spalti, si avvicina in lacrime alla produzione, prova a richiamare l’attenzione del numero 7 in maglia blu, con ogni probabilità il ragazzo. Le telecamere ingorde vanno su di lei che sembra disperata e su di lui che esce dal campo scosso. Ciò che a una prima impressione sembrava essere una notizia gravissima, forse un lutto, si rivela una scena di gelosia: lei allunga il passo dimenando in area uno smartphone e sgolandosi in parolacce, lui la rincorre manco fosse un attaccante lanciato a rete. Forse è questo il segreto.

Non sono convinto che quella vista oggi sia un’istantanea fedele del calcio più genuino e autentico, e non so quanto possa funzionare un programma già visto sugli schermi tv qualche anno fa. Di certo ho capito che se vai a fare un provino è meglio non lasciare il telefonino alla tua ragazza.

 

Photocredit copertina Facebook Agon Channel Italia

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