Il pericoloso circolo vizioso del petrolio low cost

Stimolo all’economia o spinta per deflazione e freno della crescita globale? Il drastico calo del petrolio non rappresenta solo una buona notizia per consumatori che pagano di meno il loro pieno di benzina. Le perdite subite dal settore energetico così come dai Paesi esportatori sono un fattore di rischio assai elevato per l’economia globale, e già in queste settimane di diminuzione del barile di greggio si registrano dinamiche inquietanti per una congiuntura che rimane ancora debole.

IL PETROLIO LOW COST E L’ECONOMIA MONDIALE – Il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung dedica un’analisi agli aspetti negativi del calo del petrolio. Diversi economisti ritengono che l’abbassamento del costo della materia prima più importante possa rappresentare un significativo stimolo congiunturale, ma questa osservazione non è condivisa, e sopratutto sembra esser smentita al momento da mercati e dinamiche globali. Il vicepresidente della Bce, il portoghese Vítor Constâncio ha spiegato al settimale tedesco WirtschaftWoche come un’eccessiva diminuzione del prezzo del petrolio rappresenti una minaccia da scongiurare, per il pericoloso circolo vizioso di prezzi in calo, crescita dei salari reali, abbassamento dei profitti, contrazione della domanda e ulteriore abbassamento dei prezzi che ne potrebbe derivare. Un’inquietudine che già viene segnalata in queste settimane dai mercati finanziari, dove i listini azionari subiscono forti oscillazioni. Le società energetiche stanno subendo i timori degli investitori per i contraccolpi provocati dal calo del petrolio, diminuito di circa il 50% negli ultimi sei mesi.

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IL PETROLIO LOW COST E LE CRISI DEI PAESI EMERGENTI – Secondo l’Opec il barile di greggio potrebbe scendere ai livelli del 2003, un ulteriore calo che provocherebbe un contraccolpo significativo per i Paesi esportatori, come ha ammonito il ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti. Uno dei fattori di rischio più elevati riguarda la crisi della Russia, visto che la combinazione di crollo del rublo, della Borsa di Mosca e del prezzo del petrolio assomiglia molto a quanto successe alla fine degli anni novanta. All’epoca il default della Russia e le crisi valutarie subite da altri Paesi emergenti chiuse la grande spinta all’economia globale provocata dalla New Economy, e avviò la recessione di inizio secolo. Secondo l’economista tedesco Marcel Fratzcher è illusorio pensare che un crollo dell’economia russa non abbia conseguenze sull’eurozona o sul resto del mondo. Ulteriori problemi alla crescita globale potrebbero arrivare dalle crisi dei Paesi emergenti, cresciuti in questi anni in modo significativo grazie ai prezzi alti delle materie prime. I mercati valutari segnalano importanti deflussi di capitale da queste aree, che dopo la crisi finanziaria del 2008 hanno dato il più importante contributo all’economia mondiale viste le difficoltà delle aree più industrializzate, Stati Uniti, eurozona e Giappone.

IL PETROLIO LOW COST E IL SETTORE ENERGETICO – Süddeutsche Zeitung evidenzia come finora il calo del petrolio non abbia dato una particolare spinta all’economia americana, una delle più toniche negli ultimi mesi. In Borsa gli investitori vendono i loro titoli energetici, e alcuni colossi globali hanno subito l’effetto di questi timori. Il titolo del gigante del settore energetico ExxonMobil ha perso circa il 10% del suo valore in questi ultimi sei mesi, le azioni di Chevron sono calate del 15%. Un basso prezzo del barile di greggio provoca un peggioramento delle prospettive per il settore energetico, e negli Stati Uniti penalizza in particolar modo le aziende attive nel “fracking”, che hanno dato un contributo importante alla crescita dell’economia USA.

I problemi delle aziende petrolifere colpiscono immediatamente i mercati finanziari. Queste multinazionali raccolgono molto denaro in Borsa, e hanno un peso rilevante sugli indici azionari. Le loro perdite trascinano hanno la capacità di trascinare verso il basso l’intero listino, visto che altri settori rilevanti, come il settore finanziario o automobilistico, sono interconnesse in modo rilevante con le aziende energetiche. Problemi che riguardano anche i colossi europei del settore. In Gran Bretagna è stato denunciato il pericolo del collasso delle imprese attive nell’estrazione di petrolio nel Mare del Nord, mentre il colosso BP ha già predisposto la riduzione di investimenti e forza lavoro.

Photo credit:  Joe Raedle/Newsmakers

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