Cercasi apprendista da ventimila euro l’anno, ma nessuno si presenta

Contratto di apprendistato (con previsione di assunzione), 22 mila euro lordi l’anno, auto, telefono aziendale e altri benefit. Sembra un sogno ma è la proposta J Colors, società leader nel settore delle vernici, che cercava neolaureati under 30 da far crescere nella propria azienda. Cercava e non ha trovato. Già, perchè come racconta l’Espresso in un pezzo a firma di Gloria Riva, sia in Basilicata, Liguria e Molise sono emerse diverse difficoltà.

In terra lucana hanno risposto in sei, ma tutti, dopo essere stati contattati telefonicamente, hanno rifiutato l’offerta. In Liguria otto hanno mostrato interesse ma solo due di loro si sono presentate al colloquio, mentre in Molise solo un giovane ha risposto all’annuncio ma non si è palesato al primo appuntamento. La risposta che ha ricevuto Diego Malerba, capo della Execo, società che si è occupata della selezione aziendale è paradossale: «In Liguria e in Molise più di un giovane da noi contattato ci ha risposto di no, perché preferisce aspettare il prossimo bando pubblico per accedere a un posto statale».

> OFFRO LAVORO, MA NESSUNO LO VUOLE

A.A.A. CERCO LAVORO IMPOSSIBILE – Statale? Ebbene sì. Perché come ha sottolineato La Stampa l’apprendistato è un fenomeno in calo. «Tra il 2010 e il 2012 è passato da 528.183 contratti a 469.855, per crollare subito dopo l’entrata in vigore del Testo unico ai suoi minimi: nel 2013 ci sono stati 240mila contratti di apprendistato, nel 2014 meno di 200 mila nei primi nove mesi, che dovrebbero portare il numero finale di quest’anno sotto quota 300 mila». Un dimezzamento causato anche da altri fattori. Ci si laurea sempre di più in ciò che le aziende non cercano. Secondo il rapporto stilato dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e dal ministero del Lavoro (qui ne parla Crisi e Sviluppo) c’è una carenza di offerta nei profili di laureati in discipline scientifiche e tecniche. Un divario tra mondo della formazione e quello delle aziende che rimane sempre più ampio. Le professioni più difficili da trovare tra i neolaureati sono l’esperto di software (47,4%, cioè quasi uno su due è di difficile reperimento), l’analista programmatore (36,4%), lo sviluppatore di software (29,8%), il programmatore informatico (23,4%). Nella top ten spicca l’esperto di gestione aziendale (37,8%), il progettista meccanico (34,2%), l’operatore commerciale estero (30%).

COLLOQUIO SOLO PER CURIOSITÀ – Il caso dell’azienda J Colors non è isolato. Sempre l’Espresso racconta di altri no “assurdi”, come quelli ricevuti da H3G e un’altra società veneta:

Anche Giorgio Veronelli, partner della Gch Consulting, società torinese che si occupa di selezione del personale, racconta un’esperienza analoga: “Faccio questo lavoro da 17 anni e mai come in questo periodo fatico a trovare giovani disposti ad accettare soluzioni interessanti. Ad esempio, una rinomata azienda veneta, operante nel settore della moda, stava cercando giovani laureati. Molti ragazzi ci hanno contattato, qualcuno per curiosità ha fatto un colloquio, ma nessuno ha accettato il posto”.

Così in Italia si dovrebbe iniziare a parlare di mismatching, ovvero la non corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro. Come sottolinea all’Espresso Federico Vione, amministratore delegato di Adecco «ci si laurea e ci si diploma in discipline non idonee alla richiesta da parte del mondo del lavoro. Ad esempio, ci sono troppi giovani che scelgono carriere umanistiche, mentre sono pochi quelli che intraprendono un percorso tecnico, che al contrario viene richiesto dalle aziende». Questo per colpa di due fattori. Il primo è lo scarso dialogo tra università e aziende. Il secondo sono i corsi di laurea troppo specifici: il dottore eccellente esce con 110 e lode ma non trova impiego nella grande giungla della “flessibilità”.

Ma soprattutto, verrebbe da chiedersi – a questo punto – quanta di quell’enorme percentuale di disoccupazione giovanile sia dovuta al fatto che molti under 30 non sembrano avere questa grande impellenza di uscire dalla disoccupazione. Non si spiega altrimenti come queste o altre posizioni di lavoro rimangano praticamente deserte.

(Copertina Getty Images)

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