Elezione Presidente della Repubblica: chi “sale” e chi “scende”

La “poltrona” è tra le più ambite, non pochi coltivano in segreto le proprie possibilità di candidatura. Per tutti, un unico imperativo: restare nell’ombra, evitare di esporsi. Almeno fino a quando, (probabilmente) a metà gennaio, non si aprirà in modo ufficiale la partita dell’elezione del presidente della Repubblica. Perché è noto, al Quirinale «non ci si candida». Né esistono favoriti: come per il Conclave, «chi entra Papa, esce cardinale», si ripete in Transatlantico. Di certo, trovare il successore di Giorgio Napolitano non sarà semplice, con la partita del Colle che rischia di trascinarsi per settimane.

Foto: Ufficio Stampa Quirinale/LaPresse
Foto: Ufficio Stampa Quirinale/LaPresse

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, PARTITA APERTA – temere la «palude» e possibili imboscate in Aula è lo stesso Matteo Renzi, anche perché in casa dem il fantasma del 19 aprile 2013 e dei 101 non è mai stato esorcizzato. Allora più di un centinaio di franchi tiratori affossarono non soltanto il sogno di Romano Prodi, ma anche la segreteria dem targata Bersani. A Palazzo Chigi non vogliono repliche, ma lo sfondo della partita non è tra i più rassicuranti per il segretario del Pd. Alle spalle di Renzi c’è un Pd diviso, una condizione che Berlusconi punterà a sfruttare per provare a inserirsi nell’affaire del Colle ed evitare l’irrilevanza. Ma rischia di “pesare” anche un patto del Nazareno mai digerito dalle minoranze. Tanto in casa dem, quanto dentro Forza Italia, dove lo stesso Cav fatica ormai a controllare i gruppi parlamentari. Il “dissidente” Fitto ha già lanciato il primo segnale, ancora critico sulla strategia politica: «Basta ambiguità, rischiamo di arrivare alla partita del Colle in una condizione di marginalità».

Leggi anche: ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, I DIECI FAVORITI

Tradotto, il nodo Quirinale sarà a dir poco complicato da risolvere. Al momento, i “pontieri” renziani continuano a sondare più tavoli. L’obiettivo? Studiare convergenze e capire quale sia il profilo con maggiori chances di superare le insidie del voto segreto. «Il Pd non dovrà avere alcun interlocutore privilegiato per il Colle», ha precisato a Giornalettismo il giovane turco Francesco Verducci nel corso dell’Assemblea nazionale dem, cercando di sfuggire all’abbraccio berlusconiano. Eppure il leader di Forza Italia insiste per un successore di Napolitano “non ostile“, tanto da aver definito “logico” il legame tra il patto del Nazareno e l’intesa per il Quirinale. Subito smentito dai vertici dem: da Debora Serracchiani all’altro vicesegretario Lorenzo Guerini, è «falso» che ci sia un legame tra Colle e Nazareno. «Quando sarà il momento, il Pd farà un confronto con tutte le forze parlamentari», ha precisato il triestino Ettore Rosato.

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA,  CHI “SALE”: FASSINO, DELRIO, FRANCESCHINI  – Al di là delle smentite inevitabili, il presidente del Consiglio ha già in mente una stretta rosa di nomi da vagliare. Manca ancora troppo tempo, ma il “termometro” del Colle può offrire già qualche indicazione. Con nomi che sembrano già “bruciati”, altri in ascesa, altri ancora stabili o “congelati”. Pronti a giocarsi le proprie “carte”.

Elezione presidente della Repubblica Fassino
Giorgio Napolitano con Piero Fassino: sarà il sindaco di Torino il successore del capo dello Stato? (Lapresse)

Sembrano aumentare le quotazioni del sindaco di Torino Piero Fassino. Secondo indiscrezioni rilanciate in Transatlantico lo stesso capo dello Stato non disdegnerebbe l’ex segretario dei Democratici di sinistra come suo possibile successore. Un incontro tra i due c’è stato pochi giorni fa, in occasione dell’Italian German High Level Dialogue, la kermesse italo-tedesca organizzata al Teatro Regio del capoluogo piemontese. Fassino può contare su diverse “credenziali”. Non è un renziano della primissima ora, ma si è “convertito” molto presto, quando la scalata di Renzi al Pd era ancora agli esordi. Ma non solo: ha un passato da responsabile esteri nel partito, diverse conoscenze nel Pse e in campo internazionale, da sindaco e presidente Anci può contare sulla conoscenza e su buoni rapporti con gli enti locali. Di certo non è il nome sperato da Berlusconi, ma Fassino non è nemmeno tra i candidati considerati più ostili ad Arcore. Per questo il sindaco torinese può continuare ad ambire alla “poltronissima”.

Graziano Delrio (Foto Roberto Monaldo / LaPresse)
Graziano Delrio (Foto Roberto Monaldo / LaPresse)

In ascesa c’è poi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio. Con Fassino ha in comune l’esperienza come presidente dell’Anci, ma l’ex sindaco di Reggio Emilia vanta un rapporto ancora più saldo con Matteo Renzi. Un ticket che va avanti da anni, seppur alcuni mesi fa ci fu chi parlò di un rapporto incrinato tra i due. In realtà, è con l’altro sottosegretario Luca Lotti che Delrio non ha mai instaurato un particolare feeling. Ma l’ex ministro può rivendicare la stima di quasi tutto il partito. Compresa una parte delle minoranze, dato che anche le correnti più oltranziste ne hanno più volte riconosciuto l’equilibrio. Soltanto di recente si sono registrate alcune tensioni, con lo scontro con D’Alema sul voto anticipato. Ma, sotto traccia, anche gli sponsor di Delrio sono già al lavoro. Inoltre, se è vero che a Palazzo Chigi i team del sottosegretario e quello di Renzi fanno molta fatica a integrarsi, tanto che diversi esponenti fiorentini hanno rapporti difficili soprattutto con il segretario generale di Palazzo Chigi Mauro Bonaretti (considerato da più parti inadatto per un ruolo così importante), il “trasloco” dell’ex sindaco di Reggio (e del suo staff, Bonaretti in primis) potrebbe essere ben visto da una parte dello staff renziano.

Dario Franceschini al voto nel corso dell’ultima elezione del capo dello Stato

Nell’ombra – la migliore condizione per un “quirinabile” – resta anche il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini. Anche il suo nome non è considerato tra i più sgraditi in casa Forza Italia, mentre in casa dem l’ex segretario Pd è stato astuto a “riciclarsi” più volte. Fino a salire sul “carro” vincente del renzismo, archiviando la memoria di quando lo stesso premier lo bollava come «vice-disastro» di  Walter Veltroni. Adesso anche le quotazioni del ministro sembrano in salita, seppur il diretto interessato preferisca nicchiare. Con ironia: «Al Colle se fossi donna? Ho riso, ci vuole senso della misura», replicava a inizio mese al Fatto Quotidiano. Ma il suo nome è da tenere in considerazione. Ma c’è chi giura che nel “complesso” gruppo parlamentare democratico siano in molti quelli disposti a tutto pur di non far salire al Colle “l’amico Dario”.

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, LE CANDIDATURE “STABILI”: PRODI, PINOTTI E DRAGHI – Ci sono poi altre candidature da tempo in corsa. A partire da quella di Romano Prodi, che lo stesso Renzi ha voluto incontrare a Palazzo Chigi, dopo le parole non certo esaltanti sulla stagione dell’Ulivo in assemblea nazionale. L’obiettivo? Forse il tentativo di disinnescare la possibile “mina vagante”. Anche perché già Giuseppe Civati ha rilanciato la “carta” Prodi, sulla quale potrebbero trovare una convergenza le diverse anime della minoranza dem (così come Sel e una parte del M5S). Le stesse che hanno già evocato il ricorso alle primarie interne tra i “grandi elettori” del partito, uno strumento che non sembra però entusiasmare i vertici dem. Per Renzi è troppo rischioso trovarsi a gestire un “caso Prodi” all’interno del Pd. Va precisato, è difficile che il Professore accetti di correre senza che ci sia una larga convergenza sul suo nome, soprattutto dopo quanto accaduto un anno e mezzo fa. Né che accetti di lasciarsi trascinare in una battaglia tra correnti. Al contrario, è certo che l’ipotesi Prodi sia incompatibile con il patto del Nazareno. Sull’ex premier Berlusconi ha posto un veto personale. Eppure, l’opzione Prodi non è ancora da archiviare. Anche perché non manca chi nel Pd vuole mettere una pezza alla ferita dei 101. Ma non è detto che per Prodi non si possano aprire in futuro altre strade, compresa quella che porta al vertice delle Nazioni Unite.

Romano Prodi  5% - Per salire al colle deve venire meno il Patto del Nazareno. E' l'unico nome che Silvio non vuol neanche sentire. Rappresenterebbe una sconfitta per tutto il centrodestra. Certamente portarlo al Quirinale vorrebbe dire mettere una pezza alla ferita dei 101. Ma proprio i 101 dimostrano che non è amato neanche dai suoi. Pro: paradossalmente la ferita dei 101. Contro: Silvio
Romano Prodi

Stabile resta anche la posizione del ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Da tempo si parla di un candidato donna per il Colle, lei sembra ancora il nome con maggiori possibilità. Atlantista fedele, può contare sui buoni rapporti con gli Stati Uniti e su un profilo altamente credibile. Gradita anche da Napolitano, dal M5S è stata accusata per la vicenda del volo di Stato, ma la magistratura ha chiesto l’archiviazione. C’è chi l’ha accusata per la scarsa esperienza. Ma anche lei gode di buoni rapporti dentro il Pd, sia tra i renziani che in altre correnti influenti.

mario draghi quirinale
Mario Draghi (Lapresse)

Ancora “congelata”, al di là delle smentite, l’ombra sul Colle del presidente della Bce Mario Draghi. Non manca, tra i giornali esteri, chi rilancia la sua candidatura. Ma un’eventuale elezione di Draghi sembra più che altro un’ipotesi più gradita a Berlino e ai “falchi” di Bruxelles che al governo italiano. Per Renzi è proprio Draghi il “profilo” da evitare, simile a un “commissariamento” del suo governo. Eppure, in casa forzista c’è chi rievoca il suo nome, nonostante lo stesso Berlusconi avesse già rimarcato come Draghi non sia disponibile. Ma è chiaro che, qualora le Camere riunite non riuscissero a trovare un’intesa, il nome del presidente Bce potrebbe essere rilanciato.

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, CHI “SCENDE” – Già archiviate sembrano invece le “carte” romane, dopo l’inchiesta e lo scandalo per mafia che ha travolto la Capitale. Non soltanto tra le fila del centrodestra, ma anche nelle stagioni recenti del centrosinistra capitolino. Tradotto, quotazioni in netta discesa per Francesco Rutelli, ma soprattutto per Walter Veltroni.

Quirinale Veltroni Rutelli
Quirinale, scendono le quotazioni di Veltroni e Rutelli

Sia chiaro, Veltroni non è certo indagato, né è coinvolto nell’inchiesta. Ma tra gli arrestati (per corruzione aggravata) è finito quel Luca Odevaine che svolse un incarico rilevante durante gli anni della sua amministrazione, essendo stato vice-capo di gabinetto. Lo stesso che, negli anni successivi, per gli inquirenti si sarebbe poi fatto versare tangenti. Veltroni ha preso le distanze («Nessuno mai ci ha riferito dubbi o voci sulle sue azioni»), ma adesso rischia di “pagare”, a livello politico, per l’ex collaboratore “infedele”. Allo stesso modo come lo scandalo sembra sconsigliare a Renzi di puntare su un “cavallo” romano.

Anna Finocchiaro 5% - È l'alternativa più credibile alla Pinotti in caso di candidatura "rosa". Dice di avere un buon rapporto con Renzi e con la Boschi. Ma non è proprio l'immagine del "rinnovamento" renziano. Pro: è donna Contro: è d'alemiana
Anna Finocchiaro

Scendono anche le quotazioni di Anna Finocchiaro (sempre che la sua candidatura sia stata mai presa in reale considerazione, ndr). Anche lei, non indagata, è stata citata nelle conversazioni della cupola di “Roma Capitale”, ma sono dichiarazioni tutte da verificare. Ma è dal punto di vista politico che Finocchiaro non sembra avere molte chances per il Colle. Non bastano i rapporti “recuperati” con Renzi, dopo lo scontro nell’ultima corsa per il Quirinale con lo stesso premier. Ora Finocchiaro siede in un ruolo chiave come quello della presidenza della commissione Affari costituzionali al Senato, da dove passano le riforme renziane. Ma l’ipotesi dell’ex dalemiana al Colle sembra quasi utopica.

Casini Castagnetti Quirinale
Casini e Castagnetti, gli ex Dc che sognano il Quirinale

ELEZIONE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GLI OUTSIDER –  Nella partita complicata del Quirinale ci sono poi altre possibili candidature. Comprese quelle che provengono dal mondo dell’ex Democrazia cristiana. Qualche speranza – seppur minima – la coltiva sempre Pier Ferdinando Casini, soprattutto se gli scrutini dovessero protrarsi a lungo. Il leader Udc può contare su buoni rapporti in gran parte dell’arco parlamentare e su circa cento “grandi elettori” del gruppo Ncd-Udc e centristi vari. Non abbastanza, ma chissà. C’è anche chi rilancia il nome di Pierluigi Castagnetti: cattolico, altro ex Dc e volto della “Margherita”, non si registrano veti sul suo conto. Nemmeno dal centrodestra. Per molti sarebbe un nome “ideale” per Renzi, una figura istituzionale. E proprio di figura istituzionale ha parlato ieri Renzi nel suo discorso in Assemblea Nazionale. Tanto che il suo nome continua a venire rilanciato in Transatlantico.

Franco Bassanini
Franco Bassanini

Ma tra gli outsider si avanza anche la “carta” di Franco Bassanini, ora al vertice della Cassa depositi e prestiti, stimato tra gli ambienti renziani. Di certo, la partita resta aperta. E c’è chi è pronto a scommettere che, al momento giusto, Renzi sorprenderà con un nome inedito. Per non restare affossato nella paralisi parlamentare, evitare “commissariamenti” e superare una partita ancora con troppe incognite.

Share this article