Easy on the tini: di Scrubs e della vita (poco) corretta

04/12/2014 di Alessandra Rey

“I can’t do this all on my own, no I know, I’m no Superman”

Così si sveglia J.D. la mattina del suo primo giorno da specializzando.

La notte prima non ha dormito, è nervoso, si prepara di fretta, scherza come solo lui sa fare “divento un po’ scemo quando sono nervoso” e, con un modo tutto suo a cui lo spettatore si abituerà presto tanto da non poterne più fare a meno, varca la soglia del Sacro Cuore ed inizia così la sua avventura come voce narrante di una piccola grande serie sulle semplici verità della natura umana.

Scrubs è a tutti gli effetti un medical drama, il più apprezzato dai medici per accuratezza di procedure cliniche e chirurgiche, ma è soprattutto uno spaccato reale e per questo spesso agrodolce della vita, dentro e fuori i protagonisti ed il loro ospedale.

C’è tantissima vita tra le corsie del Sacro Cuore, ci sono stereotipi, enfasi, eccessi e humour demenziale, scene a rallentatore e viaggi mentali improvvisi, ma anche toni seri, derive filosofiche, lezioni morali e la morte, mai eccessivamente drammatica ma sempre ritratta nella sua devastante e dignitosa umanità.

Una serie capace di raccontare organizzazione e vita interne ad un ospedale usando magistralmente iperboli e situazioni al limite del surreale riuscendo a farsi specchio della realtà senza deformarla.

Una realtà fatta di rapporti genuini, imperfetti e vulnerabili come fuori dal set, tra personaggi unici nel loro genere, voci fondamentali e complementari all’Io narrante di J.D.

Dottor Kelso: “Are you an idiot?”

J.D.: “No Sir, I’m a dreamer”

J.D., le cui evoluzioni (ed elucubrazioni!) fungono da filo conduttore per lo sviluppo dell’intera serie, non è un medico-eroe ma piuttosto, più semplicemente, un uomo, spesso dilaniato come tale da dubbi ed incertezze.

Il dottor Cox, che con nomi femminili di ogni genere e derivazione apostrofa J.D. cercando di spronarlo alla crescita personale e professionale, è un mentore dall’apparenza cinica e crudele ma innamorato del suo lavoro, paterno e fortemente coinvolto dalla realizzazione dei suoi specializzandi.

Fin dal primo giorno al Sacro Cuore, e da quella maledetta monetina, l’inserviente rappresenta l’interminabile incubo di J.D. Frutto delle geniali improvvisazioni dell’attore che lo interpreta, è infatti solo formalmente l’antieroe della serie, ruolo invece svolto al meglio dallo spietato ed insulso Dottor Kelso.

In questo senso Scrubs è la serie delle crisi d’identità, in cui si fa fatica ad individuare un solo personaggio in cui identificarsi, non solo per le numerose emozioni positive ed i tanti stimoli generati da protagonisti e personaggi secondari ma anche per il loro essere tutti profondamente umani, fallibili e veri.

L’ancora di salvezza del nostro protagonista è l’Appletini, un cocktail Martini con cui corregge giornate no e figuracce imminenti, che preferisce gustare “Easy on the Tini” cioè poco alcolico e per cui, in un crescendo paradossale ed ironico sul finale di una puntata, si dimostra addirittura disposto a pagare 105 dollari.

Nella realtà l’Apple Martini è un drink molto dolce ed alcolico in cui la presenza della mela svolge un ruolo determinante, rendendolo più delicato e adatto ad aperitivi ed after dinner.

recipe

Per un Appletini, non troppo “easy on the tiny”, fate raffreddare la coppa Martini per alcuni minuti e riempendo lo shaker di ghiaccio.

Versatevi poi la vodka, il liquore alla mela, il Cointreau e mescolate con un cucchiaio.

Servite il drink nella coppa Martini, filtrando il contenuto dello shaker con l’aiuto di uno strainer e decorando con una fettina di mela.

Complice un linguaggio estremamente semplice ed espressivo, chiunque si trovi a guardare una puntata di Scrubs non può che abbassare le difese e sbattere violentemente su alti e bassi della vita, quella vera, senza edulcorazione alcuna, proprio come accade a J.D. ed ai suoi compagni di viaggio.

Sono ammesse solo piccole correzioni musicali o, come nel nostro caso, alcoliche.

appletinis

 

 

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