D’OH (NUTS): di Homer Simpson e della sua dieta dissociata

Nel 1989 fa il suo esordio sugli schermi delle TV statunitensi una famiglia dalla pelle gialla e con mani di quattro dita che incarna i principali luoghi comuni della società americana e che, come tale, sembra destinata a non invecchiare né passare mai di moda. La famiglia Simpson diviene così, in pochissimo tempo, sintomo ed ironica cura di disagi e malcontenti sempre molto attuali.

Impressionantemente ed ininterrottamente uguali a loro stessi Homer, Marge, Bart, Lisa, Maggie ed i personaggi secondari che li accompagnano, rispecchiano vizi e virtù, morali e non, spesso esaltati con sarcasmo come nell’ambito di una terapia d’urto di dimensioni mondiali.
Qui a Springfield, o almeno in una delle 71 città esistenti negli Stati Uniti sotto questo nome scelto non a caso, nessuno dei personaggi è esente da critiche anzi ognuno concorre al coro di errori, sfide e morali più o meno salvifiche, prestando a queste la propria voce nei diversi episodi.
Lisa è in molte occasioni la voce del sentire comune e della coscienza collettiva, sempre fortemente nasale e saccente, Bart dà voce alla celebre lavagna della sigla come solo una vera peste saprebbe fare, complici vivacità e punizioni scolastiche quotidiane.
E non è un caso che il suo nome sia l’anagramma della parola inglese Brat, monello per l’appunto.

CIBO DA SIMPSON – Il linguaggio e le “voci”, semplici, diretti ed efficaci, sono il punto di forza dei Simpson ma la vera star, origine e fine ultimo di ogni cosa, è senza dubbio lui, Homer Jay Simpson, americano medio per eccellenza.
Capofamiglia sulla quarantina, con un lavoro poco gratificante ed un basso livello d’istruzione, uomo decisamente non carismatico né particolarmente affascinante, esempio perfetto di una mediocrità quasi irriverente che non gli ha impedito però di essere inserito tra le 25 persone più influenti degli ultimi 25 anni secondo e di arrivare ad essere addirittura citato dall’Oxford English Dictionary.

“Non rimandare a domani quello che puoi mangiare oggi”

Ecco, in questa sua personalissima versione del Carpe Diem oraziano, si ritrova la vera essenza di Homer: l’ossessione per il cibo, sia esso dolce o salato.
Croce e delizia della sua vita quotidiana, il cibo lo porterà spesso a provare nuove ed originali combinazioni di gusto senza però mai rinunciare alle buone, vecchie abitudini: birra Duff, Krusty Burger con bacon e patatine fritte, verde e gelido Squeshee, un intero paese di cioccolata, il temibile pesce palla, costolette di maiale, caramelle gommose a forma di Venere di Milo, pollo stick, Butterfinger e soprattutto loro, il must della sua dieta dissociata, le coloratissime Donuts.

“Donuts. Is there anything they can’t do?”

Queste delizie fritte e glassate sono addirittura protagoniste di più di un episodio in cui Homer, sedotto e abbandonato dalla sua passione morbosa, si ritrova a viaggiare nel tempo per cambiare il corso delle cose ed assicurarsi un ultimo, dolce assaggio, o a vendere la propria anima al Diavolo finendo per essere trasformato in una ciambella (condizione che, comunque, non gli impedirà di mangiarsi).

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LA RICETTA – Per realizzare Donuts degne di questo nome eccovi una ricetta arrivata a Food Affair direttamente dalla cucina di Marge.

Fate sciogliere il lievito con 2 cucchiai di latte tiepido in una piccola terrina e lasciate riposare per 5 minuti.
In una ciotola capiente unite la farina, il latte, 60 gr di burro, i tuorli, lo zucchero semolato e le spezie a piacere (cannella e noce moscata regalano davvero quel tocco in più).
Aggiungete poi il lievito, sciolto in precedenza, lavorate l’impasto per 5 minuti e lasciatelo lievitare in una terrina unta, coperta con un canovaccio per almeno 1 ora e mezza in forno, spento ma con la luce accesa.

Stendete l’impasto su un piano infarinato con l’aiuto di un mattarello fino ad ottenere uno spessore di 1 cm e, grazie ad un tagliabiscotti o un bicchiere, tagliate dei cerchi del diametro di 8 cm circa che poi bucherete al centro ricavando le ciambelle.

Fatele lievitare per circa mezz’ora, o fino a quando non avranno raddoppiato il proprio volume.
Friggetele in olio bollente su entrambi i lati, finché non saranno ben dorate, poi ponetele su un foglio di carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.

Per la glassa bianca fate sciogliere 20 gr di burro, unite lo zucchero a velo ed aggiungete a filo 2 cucchiai di acqua calda mescolando con una frusta fino ad ottenere un composto fluido.
Per la glassa rosa sarà sufficiente aggiungere il colorante alimentare al composto bianco e bilanciarne la liquidità con ulteriore zucchero a velo.

Se solo Homer potesse vedervi in questo preciso istante, pronti ad affondare i denti nella micidiale combinazione di glassa, fritto e ancora e sempre glassa morirebbe d’invidia.
Non prima, però, di avervi esaltato per il risultato ottenuto al grido di “Mi-ti-co!“.

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