Santoro-Travaglio, la (triste) fine della storia

Liti, accuse, repliche, controrepliche, editoriali, comunicati, interviste. Manco fosse Juve-Roma, la diatriba Santoro-Travaglio tiene ancora banco a distanza di quattro giorni e la sensazione è che possa accompagnarci almeno fino a giovedì prossimo, quando i due (forse) torneranno a fronteggiarsi a favore di telecamera. Nel mentre il botta e risposta dal Teatro 3 di Cinecittà è passato sui social e sulle pagine dei giornali, carta o web che sia: dopo i commenti del popolo twittarolo, la nota di Santoro apparsa sul sito di Servizio Pubblico – «Mi auguro che il comportamento di Marco Travaglio sia stato determinato da circostanze e umori del momento. Per quanto mi riguarda, non ho problemi a continuare il nostro rapporto nel rispetto della linea editoriale del programma che prevede attenzione e ascolto nei confronti di tutti» –  e la risposta dell’editorialista del Fatto (la citiamo in fondo al pezzo), oggi registriamo la voce del capo.

 

 

A Repubblica parla Urbano Cairo, editore di La7 che dal 2012 ospita i due contendenti: «Santoro ha fatto bene a riaffermare il principio che Servizio Pubblico offra a tutti la possibilità di dire quello che pensano e anche di replicare. Io ho fatto un accordo con Michele: lui è libero di fare il talk con chi vuole, ha scelto Travaglio, che ha dato ottimi contributi». La coppia non ha ancora fatto pace ma non si è nemmeno detta addio; la ‘pausa di riflessione’ non porterà però alla rottura, dice Cairo che quindi smentisce le voci su una chiusura anticipata del programma e poi sfata il mito delle risse che portano ascolti: «In tv lo share cresce nel momento in cui ci sono le idee». Ergo dimenticatevi uno scontro bis giovedì prossimo

Per la cronaca vi proponiamo l’editoriale di Marco Travaglio apparso sul Fatto Quotidiano. Un pezzo tagliente e provocatorio, un rilancio a colpi di sarcasmo. A naso non finisce qui:

 

Mi scuso. Mi scuso anzitutto con il supremo governatore Claudio Burlando per aver proditoriamente insinuato che il politico più potente di Genova e della Liguria da 30 anni sia lui, mentre tutti sanno che sono io.

Mi scuso per aver affermato che è stato, nell’ordine: assessore, vicesindaco e sindaco di Genova, poi ministro dei Trasporti, infine governatore della Liguria, mentre avrei dovuto ammettere che tutte quelle cariche le ho ricoperte io.

Mi scuso per avergli attribuito ingiustamente la cementificazione della sua città e della sua regione, il piano casa tutto cemento, l’imboscamento di 8 dei 10 milioni stanziati dallo Stato per l’alluvione del 2010, la piastra di cemento per parcheggi costruita a monte del torrente Fereggiano, il mega-centro commerciale per 5 mila persone in una zona definita dal suo stesso assessore “a rischio di alluvioni” dopo la tragedia del 2011, i porticcioli turistici per impreziosire la costa in tandem col grande Scajola, il blocco dei lavori sul torrente Bisagno non per colpa dell’ex sindaco Sansa né del Tar, ma dalla Regione che non ha fatto nulla dal 2012, mentre è universalmente noto che tutte quelle brutte cose le ho fatte tutte io. Mi scuso per non aver saputo rispondere in merito all’eventuale deviazione del Fereggiano, come sarebbe stato mio dovere in qualità di ex assessore, ex sindaco, ex ministro, ora governatore. Mi scuso per aver difeso il buon governo del territorio dell’ex sindaco Adriano Sansa, che anzi deve vergognarsi per aver investito decine di miliardi di lire nel piano di bacino per fiumi e torrenti, per aver risparmiato alla sua città alluvioni per ben 17 anni e soprattutto per non aver ricevuto avvisi di garanzia né mandati di cattura per sé e per la sua giunta.

Mi scuso per aver detto che i due vicepresidenti e l’assessore all’Urbanistica della giunta Burlando, tutti arrestati, li ha scelti Burlando, mentre è arcinoto che li ho nominati io.

[…] Mi scuso con uno degli angeli del fango in studio per aver io tentato di negare l’evidenza: cioè che a governare Genova e la Liguria sono io, talvolta spalleggiato occultamente dall’altro colpevole: Grillo. Ma mi han subito sgamato, così non mi voteranno più e potranno alfine riporre le pale. Mi scuso, sempre con il nostro caro angelo, per aver negato di aver detto ciò che non avevo detto: e cioè che per evitare le alluvioni basti ripulire un torrente dai rami e dai detriti.

Mi scuso, ancora con i nostri cari angeli, per aver interrotto il loro idillio con l’incolpevole Burlando che annuiva ed elogiava il loro buonsenso, ampiamente ricambiato, in un commovente minuetto contro il responsabile di tutte le cementificazioni e le alluvioni dagli anni 30 a oggi: il sottoscritto, con la partecipazione straordinaria di Mussolini e dell’architetto Piacentini.

[…] Mi scuso, con chicche e ssia, per non esser nato foca ammaestrata che canta o tace al fischio del domatore.Mi scuso, con tutti, per aver abbandonato lo studio di Servizio Pubblico proprio quando stavano per convincermi: ancora dieci secondi, e avrei confessato che l’alluvione l’ho fatta io. Il fango c’est moi

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