51 anni dopo la tragedia del Vajont

09/10/2014 di Redazione

Sono passati 51 anni da quando alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963 una frana staccatasi dal monte Toc precipitò nell’invaso del bacino della diga costruita sul corso del Vajont proiettò un’enorme massa d’acqua sulle rive del bacino e anche oltre il muro della diga, provocando un’onda che a valle cancellò completamente l’abitato di Longarone, provocando la morte di 1.917 persone, delle quali vennero recuperati solo 1.500 cadaveri e la distruzione totale di numerosi abitati.

 (Photo Marco Secchi/Getty Images)
(Photo Marco Secchi/Getty Images)

UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA – Nel disastro del Vajoint morirono anche 487 bambini, sorpresi come gli altri nel sonno o nelle loro case da ondate d’acqua che abbatterono gli edifici, lasciando al loro passaggio un paesaggio lunare e nessuno sopravvissuto. La tragedia appare agli occhi degli storici ampiamente annunciata, anche se poi in tribunale i giudici non ritennero provata la «prevedibilità» dell’evento e finirono per condannare solo due dei molti imputati (uno si tolse la vita) a pene minori.

UN’OPERA ARDITA – La diga era stata realizzata dalla Società Idroelettrica Veneta poi assorbita dalla SADE (Società Adriatica di Elettricità) in un punto che dopo la costruzione della diga, cresciuta in altezza rispetto ai progetti in origine, risultò minacciato da una frana potenzialmente catastrofica. Nonostante le relazioni dei geologi avessero indicato di abbassare il livello del bacino, e nonostante questa si fosse rivelata una misura adatta a rallentare il movimento di frana, la società che gestiva la diga decise di procedere a un collaudo per omologarla alla massima capacità del bacino, una mossa che in concomitanza delle abbondante piogge del periodo si rivelò fatale e che provocò la tanto temuta frana. La diga è ancora là, l’acqua ne ha portato via appena la parte sommitale, ma ora è solo un enorme muro che chiude la valle, ora asciutta, del Vajont.

LA DEVASTAZIONE DOPO L’INCIDENTE – Il progetto aveva ottenuto la completa approvazione ministeriale il 17 luglio 1957, il costo della costruzione della diga fu sostenuto grazie anche ad un contributo del 45% delle spese, erogato all’epoca della progettazione, dal governo all’azienda del conte Volpi di Misurata, già presidente degli industriali in epoca fascista, tempo al quale risaliva l’idea di costruire la diga sul bacino del Vajont. Gli effetti della caduta di buona parte del monte Toc nel bacino sono riassunti così da Wikipedia:

 

Alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963, circa 260 milioni di m³ di roccia (un volume più che doppio rispetto all’acqua contenuta nell’invaso) scivolarono, alla velocità di 30 m/s (108 km/h), nel bacino artificiale sottostante (che conteneva circa 115 milioni di m³ d’acqua al momento del disastro) creato dalla diga del Vajont, provocando un’onda di piena tricuspide che superò di 200 m in altezza il coronamento della diga e che, in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, in parte (circa 25-30 milioni di m³) scavalcò il manufatto (che rimase sostanzialmente intatto seppur privato della parte sommitale) riversandosi nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e i suoi limitrofi[1]. Vi furono 1.917[2] vittime di cui[3] 1.450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200 originarie di altri comuni[4].

Lungo le sponde del lago del Vajont, vennero distrutti i borghi di Frasègn, Le Spesse, Il Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino, Faè e la parte bassa dell’abitato di Erto[5]. Nella valle del Piave, vennero rasi al suolo i paesi di Longarone, Pirago, Maè, Villanova, Rivalta. Profondamente danneggiati gli abitati di Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna e Provagna. Danni anche nei comuni di Soverzene, Ponte nelle Alpi e nella città di Belluno dove venne distrutta la borgata di Caorera e allagata quella di Borgo Piave.

 

 

Share this article