Le ragazze d’Europa che scelgono l’Isis

Sono oltre 100 le ragazze allontanatesi dai paesi europei per unirsi alla jihad in Siria e sostenere il califfato di Abu Bakr Al Baghdadi. Ad affermarlo sono alcuni esperti che hanno analizzato il fenomeno degli occidentali che sposano la causa dell’Isis (i cui dati vengono ripresi oggi da La Stampa in un articolo di Francesca Paci). Secondo il Center for the Study of Radicalization del Kings College di Londra le donne costituirebbero almeno il 10% della legione straniera dell’esercito islamico che terrorizza il mondo. E tra le fila dei miliziani anti-occidentali si sarebbero arruolate almeno 63 francesi, 50 anglosassoni e 40 tedesche. Si tratta di un fenomeno che sarebbe in parte anche frutto della difficile integrazione dei musulmani nei paesi europei. E in parte ovviamente della campagna dei gruppi jihadisti sul web. Molte ragazze infatti si lascerebbero affascinare dalla promessa di guidare una brigata di miliziani, altre dalla possibilità di sposare un mujaheddin e dare alla luce il figlio di un potenziale martire.

 

velo islamico 2(Foto da archivio LaPresse. Credit: AP Photo / Lionel Cironneau)

ADOLESCENTI PER LA JIHAD – L’elenco delle ragazze d’Europa convertite alla guerra santa anti-occidentale è dunque lungo e riguarda persone considerate insospettabili. Molte sono adolescenti. Ci sono ad esempio la quindicenne Assia Saidi, scappata da Lione, e la coetanea Yusra Hussein, nata a invece a Bristol. C’è Aqsa Mahmood, conosciuta anche come Umm Layth, partita da Glasgow e diventata moglie di un combattente dell’Isis; la sedicenne Samra Kesinovic, originaria delle Bosnia e residente in Austria, scappata via insieme all’amica Sabina Selimovic; Zahra Halane, una giovane di Manchester fuggita insieme alla gemella Salma per raggiungere il fratello combattente per l’Isis in Siria; Shannon Conley, originaria del Colorado e fermata a Dever mentre cercava di imbarcarsi per la Germania, tappa intermedia prima di raggiungere Siria e Turchia. E chissà quante altre.

(Foto copertina da archivio LaPresse. Credit: AP Photo / Peter Dejong)

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