The Giver (Il mondo di Jonas) – La recensione

The Giver (Il mondo di Jonas) è un film che ti stupisce, nel bene e nel male. Tratto dall’omonimo romanzo di Lois Lowry, racconta una società distopica e straniante, sia concettualmente che “fisicamente”, dove non esistono le differenze né sociali né morfologiche, e tutto è grigio. Un panopticon rovesciato, totalizzante, che rende la società prigione e prigioniera, raccontato però senza quella vena politica che di solito permea questo genere di narrazioni, e che emerge solo alla fine del film, quando una (grigia) Maryl Streep spiega i motivi veri che hanno portato alla creazione delle Società da lei presiedute.

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Non era facile rappresentare in immagini un libro “di formazione”, quella di Jonas, che si svolge essenzialmente nella sua mente. Un esperimento non del tutto riuscito, sicuramente godibile, ma che sembra arrancare in alcuni momenti, soprattutto nei primi momenti di apprendimento del giovane Ricevitore. Il parterre di attori, alcuni dei quali di grande spicco, non riesce a salvare il film, che segna anche il ritorno sul grande schermo di Katie Holmes nella parte che le riesce meglio, cioé quella di esprimere costantemente disapprovazione frammista a (s)bigottimento.

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Tuttavia il film è da vedere: il senso di ingenuità che pervade gli abitanti burattini di questa società è comunque per certi versi una spinta a riflettere, e l’opera di Phillip Noyce trova la sua particolarità proprio nella narrazione di questa presa di coscienza collettiva spinta da un giovane che proprio nell’ingenuità trova la molla che serviva alla “sua” modernità per tornare a vivere.

Una poesia che non vuole puntare il dito, quasi maieutica per certi versi, che quasi emoziona nel finale, quando persino un paio di piedi sul cruscotto dell’auto in corsa ci sembra una conquista politica incredibile. E uscendo dal cinema, l’ambiente intorno a noi ci sembrerà più colorato. Presteremo più attenzione, per un po’ a quel che ci circonda. Di questi tempi, un bel risultato.

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