Ventisette anni senza Gaetano Scirea

Oggi ricorrono i ventisette dalla morte di Gaetano Scirea, difensore della Juventus e della Nazionale, deceduto il 3 settembre 1989 in un incidente stradale in Polonia. E da quel giorno il numero sei bianconero è diventato una leggenda, non solo bianconera ma del calcio italiano in generale.

(Juventus/LaPresse)
(Juventus/LaPresse)

Nato come terzino, divenne uno dei tre liberi più forti nella storia del calcio, insieme a Franz Beckenbauer e Franco Baresi, a dimostrazione del suo talento fatto d’intelligenza e reattività. Protagonista di un calcio poco muscolare e molto intelligente, giocava con la stessa signorilità che l’aveva contraddistinto nella vita. Aveva senso della posizione. Non era né violento né rude, eppure la sua gamba c’era sempre, così come il passaggio necessario per far ripartire l’azione, magari con un’avanzata palla al piede. Il tutto senza un urlo, con un sorriso, con la forza dei gesti. Cosa vista solo in Xavier Zanetti negli ultimi anni. A dimostrarlo il fatto che nel corso della sua carriera, tra club e Nazionale, non venne mai espulso. Una dote rarissima per un difensore.

Da calciatore vinse tutto. Fu Campione del Mondo nel 1982, trionfò con la Juventus nella Coppa dei Campioni 1984-1985 e nella successiva Coppa Intercontinentale, conquistò sempre con i bianconeri la Coppa Uefa nel 1976-1977 e la Coppa delle Coppe nel 1983-1984, seguita dalla Supercoppa Europea. In Italia Scirea vinse sette scudetti e due Coppe Italia. Sarebbe però ingiusto celebrare Scirea solo attraverso i suoi successi.

Gianni Mura, due giorni dopo l’incidente mortale, scrisse su Repubblica:

Scirea è stato un campione di rara signorilità: un dono, un’ educazione, una vocazione forse. Era come stesse in disparte anche quando era al centro dell’ attenzione. Giocarci contro era capire cos’è la lealtà

Mura ricorda anche come Scirea amasse parlare di suo padre, operaio per 38 anni alla Pirelli

Mi ha insegnato il valore del sacrificio. Pochi soldi, ma la dignità per essere felici

di come vivesse a Cinisello Balsamo, di come si diplomò nel 1987 dopo aver interrotto gli studi per rispondere alla chiamata della Juventus, di come ritenesse le città inadatte a far crescere un bambino, nella fattispecie suo figlio Riccardo.

Un uomo così avrebbe fatto il bene del calcio italiano. La Juventus lo sapeva, non a caso gli chiese di diventare secondo dell’allenatore, il suo grande amico Dino Zoff, nella stagione 1989-1990. Un legame unico, cementificato anche dall’amicizia delle mogli. Tutto però finì il 3 settembre 1989. Scirea venne mandato dalla società in Polonia per visionare una partita degli avversari della Juventus nella Coppa Uefa 1989-1990, il Górnik Zabrze. Nel viaggio di ritorno verso Varsavia l’auto con a bordo Scirea, un autista, un interprete ed un dirigente del Górnik, una Polski Fiat 125 P con quattro taniche di benzina nel bagagliaio venne tamponata da un furgone. L’auto prese fuoco e morirono tutti, tranne il dirigente del Gornik, seduto davanti e che riuscì a fuggire per un caso fortuito. La notizia ebbe l’effetto di un terremoto. Marco Tardelli, ospite di una trasmissione tv, alla notizia ebbe un malore prima di scappare via. Dino Zoff, appena saputa la notizia dopo essere sceso dal pullman della squadra, tirò un calcio al mezzo.

Sono innumerevoli i ricordi dedicati a Scirea. Il premio dedicato alla tifoseria più corretta della Serie A porta il suo nome, così come la Coppa Scirea, un trofeo internazionale dedicato agli Allievi. Il C.t. dell’Italia ai Mondiali 1982, Enzo Bearzot, chiese per lui il ritiro della maglia numero 6. La Juventus lo celebrò intitolando una curva alla sua memoria ed ottenne dal Comune di Torino di cambiare nome al viale che porta allo Juventus Stadium, diventato Corso Gaetano Scirea. Il ricordo più importante resta però quello di Dino Zoff nel ventennale della morte del giocatore, che spiegano cosa ha perso il calcio italiano il 3 settembre 1989:

Gaetano torna sempre. Lo penso a ogni esagerazione di qualcuno, a ogni urlo senza senso. L’esasperazione dei toni mi fa sentire ancora più profondamente il vuoto della perdita. Gaetano mi manca nel caos delle parole inutili, dei valori assurdi, delle menate, in questo frastuono di cose vecchie col vestito nuovo, come canta Guccini. Mi manca tanto il suo silenzio

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