Così Isis torturò James Foley

James Foley, il giornalista decapitato e ripreso in video dai miliziani dello Stato Islamico della Siria e dell’Iraq del Levante fu torturato durante la sua prigionia attraverso la tortura dello waterboarding: lo affermano altri ex-prigionieri dell’Isis, liberati, che hanno una conoscenza diretta delle pratiche di detenzione dei guerriglieri dello Stato Islamico.

JAMES FOLEY TORTURATO – “James Foley”, dice il Washington Post che è fra i primi giornali al mondo ad aver pubblicato la notizia, “è stato uno dei quattro prigionieri ad essere stato sottoposto al waterboarding varie volte dai militanti dello Stato Islamico che a quanto sembra avrebbero mutuato la tecnica dall’uso del waterboarding fatto per interrogare i sospetti terroristi dopo gli attacchi dell’11 settembre”. Una seconda fonte avrebbe confermato: “Sì, è una delle cose che sono uscite, e a Jim lo hanno fatto. Credo che abbia sofferto un vasto numero di abusi fisici”.

IL WATERBOARDING – La forma di tortura, condannata anche dal presidente degli Stati Uniti come, appunto, tortura nonostante l’uso che la Cia ne fece dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, consiste nel “legare una persona su un piano o su una panca e tirare l’acqua su un panno che gli copre la faccia. Causa la sensazione dell’annegamento, perché il panno bagnato crea una barriera attraverso la quale è difficile – o impossibile – respirare”. Si tratta di una procedura “usata già dall’inquisizione spagnola ed è stata una delle preferite da molti dittatori, incluso Pol Pot e il regime in Birmania”.

 

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