Il voto di preferenza, grande assente in Europa

11/08/2014 di Andrea Mollica

Le preferenze sono tornate protagoniste nel dibattito politico italiano in relazione alla riforma del sistema elettorale. Nei più grandi paesi europei la selezione dei parlamentari avviene tramite collegi uninominali oppure liste bloccate, e i sistemi elettorali dove sono presenti le preferenze vengono vincolate a soglie piuttosto alte per far rispettare l’ordine deciso dai partiti.

Scheda elettorale (Photocredit: ;Nicola Baldieri/Lapresse
Scheda elettorale (Photocredit: ;Nicola Baldieri/Lapresse

LE PREFENZE E LA NUOVA LEGGE ELETTORALE – La bocciatura del Porcellum e il mantenimento delle liste bloccate nell’Italicum hanno risvegliato la passione per le preferenze come metodo di selezione dei parlamentari in diversi partiti del nostro sistema politico. In Italia i deputati ed i senatori sono stati eletti con il voto di preferenza a partire dal 1948 fino al 1992. Le ultime elezioni svoltesi con il sistema proporzionale registrano la novità del voto di preferenza unica, introdotto con il referendum del 1991, diventato celeberrimo per l’invito di andare al mare rivolto da diversi leader politici come Craxi agli italiani al fine di difendere il vecchio sistema con un massimo di tre voti di preferenza ad elettore. Nelle elezioni politiche del 1994, 1996 e 2001 i deputati e i senatori sono stati eletti con il voto maggioritario nell’uninominale, più una quota di parlamentari scelti con le correzioni proporzionali presenti nel Mattarellum. Il Porcellum ha però previsto l’elezione in Parlamento tramite liste anche molto lunghe, fino ad un massimo di 45 candidati nelle circoscrizioni più popolose, che sono state bocciate come incostituzionali dalla Corte Costituzionale. La legge elettorale che è rimasta in vigore dopo l’intervento della Consulta è così diventata un proporzionale con diverse soglie di sbarramento (4% per liste singole alla Camera, 3% al Senato) e preferenze per selezionare i parlamentari. Nelle motivazioni la Consulta ha però rimarcato come la riduzione della lunghezza delle liste al fine di favorire la conoscibilità dell’eletto all’elettore, sarebbe costituzionalmente legittima. Per ovviare invece alla limitazione delle liste bloccate nella nuova legge elettorale approvata in prima lettura alla Camera dei Deputati sono stati disegnati 120 collegi plurinominali, dove al massimo possono essere eletti sei deputati, ed ogni lista o coalizione deve stampare sulla scheda i propri candidati.

I GRANDI PAESI EUROPEI E LA MANCANZA DI PREFERENZE – La legge elettorale ribattezzata Italicum è stata approvata in prima lettura alla Camera dei Deputati nella prime settimane di marzo, ma da allora è rimasta sostanzialmente bloccata viste le divisioni interne al PD ed anche alla maggioranze acuite dal tormentato percorso del superamento del Senato della Repubblica. Il ritorno delle preferenze è stato reclamato sia delle forze di opposizione – Lega Nord, MoVimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia – sia da alcuni settori della maggioranza. L’emendamento Gitti sulle preferenze di genere è stato bocciato, col voto segreto, per soli 20 voti, contro i più di 100 dell’approvazione definitiva dell’Italicum, avvenuta a scrutinio palese. In questi mesi da più parti si è sentita l’evocazione delle preferenze come indispensabile correzione dell’Italicum, visto che questo metodo di selezione degli eletti è già in vigore per i consigli comunali così come quelli regionali. Guardando però all’esterno dell’Italia si nota però come il voto di preferenza sia praticamente assente nei più grandi paesi europei, mentre dove è in vigore viene spesso vincolato a quorum che permettono il superamento dell’ordine di lista deciso dai partiti. Il voto di preferenza manca nei due grandi paesi membri dell’UE, Regno Unito e Francia, dove vige un sistema elettorale maggioritario, che a dispetto del nome è assolutamente minoritario in Europa. L’elezione alla Camera dei Comuni si svolge nel collegio uninominale. Ogni partito presenta un singolo candidato, e chi riceve il maggior numero dei voti diventa deputato. Il sistema è simile in Francia, anche se la competizione nel collegio uninominale si svolge di norma in due turni. Per essere eletti all’Assemblea Nazionale – il Senato ha un’elezione di secondo grado – il candidato deve superare il 50% dei voti validi espressi. Se questo non succede, due settimane dopo si svolge un ballottaggio tra i candidati che hanno superato una soglia minima – che si traduce nel 20% circa dei voti validi -, dove di norma ci sono alleanze tra diversi partiti di simile ispirazione politica oppure rinunce vista l’impossibilità del successo.

Il Bundestag tedesco, eletto a metà in collegi uninominali maggioritari e altra metà in liste bloccate a riparto proporzionale (Photocredit: Sean Gallup/Getty Images)
Il Bundestag tedesco, eletto a metà in collegi uninominali maggioritari e altra metà in liste bloccate a riparto proporzionale (Photocredit: Sean Gallup/Getty Images)

I SISTEMI PROPORZIONALI A LISTA BLOCCATA – Nella maggior parte dei paesi membri dell’Unione Europea sono in vigore sistemi proporzionali, e il voto di preferenza «puro» senza ordini di lista vincolanti è minoritario. In Germania, la nazione più grande ed importante, i deputati del Bundestag sono eletti per metà in collegi uninominali maggioritari, dove prevale il candidato del partito che ottiene il maggior numero dei voti espressi. Il criterio di assegnazione dei seggi è però proporzionale, per quanto corretto da una soglia di sbarramento al 5%, e l’altra metà dei MdB, i membri del Bundestag, è eletto nelle 16 circoscrizioni statali che corrispondono ad ognuno dei 16 Bundesland che formano la Repubblica federale di Germania. Nelle federali del 2013 gli elettori hanno votato per liste bloccate composte anche da più di 60 candidati, come per esempio in Nordreno-Vestfalia, il Bundesland più popoloso. Le liste bloccate più corte si trovano nella città stato di Brema, 5, e nel piccolo Bundesland della Saaland, 7.

In Spagna il Congresso dei Deputati, la camera che concede e ritira la fiducia al governo, viene eletto con un sistema proporzionale su liste bloccate, formate da un numero normalmente piuttosto ristretto di candidati. Le circoscrizioni plurinominali sono 50, divise su base provinciale, con le province meno popolose che hanno diritto ad un minimo di due seggi. I collegi più popolosi sono Madrid e Barcellona, che nel 2011 hanno eletto 36 e 31 deputati, su liste bloccate come nelle circoscrizioni più piccole da 2 o 3 seggi. Il nuovo leader dei socialisti, Pedro Sánchez, è entrato al Congresso dei Deputati grazie alla rinuncia di un parlamentare del Psoe. Nelle disastrose elezioni del 2011 Sánchez era stato collocato in 11°posizione, ma i socialisti erano riusciti a conquistare solo 10 deputati nella circoscrizione di Madrid. Nel vicino Portogallo c’è un simile sistema, proporzionale con soglia di sbarramento e liste bloccate per l’Assemblea della Repubblica.

Assemblea nazionale francese, eletta con collegi uninominali maggioritari a doppio turno (Photocredit: MARTIN BUREAU/AFP/Getty Images))
Assemblea nazionale francese, eletta con collegi uninominali maggioritari a doppio turno (Photocredit: MARTIN BUREAU/AFP/Getty Images))

I SISTEMI PROPORZIONALI CON PREFERENZA, SPESSO VINCOLATA –
La Polonia è l’unico tra i più grandi paesi europei a prevedere un voto di preferenza per i deputati della Sejm, l’unica camera che concede la fiducia al governo. I membri del Senato polacco invece sono eletti in 100 collegi uninominali maggioritari. La proporzionalità del sistema elettorale della Sejm è stata inserita all’interno della Costituzione del più grande paese dell’Europa dell’Est. In altre nazioni europee, come Paesi Bassi, Austria, Belgio o Svezia ad esempio, i sistemi proporzionali consentono all’elettore l’espressione di una preferenza per il candidato preferito, ma esistono dei vincoli alla sua validità. In Austria il candidato deve ottenere un voto di preferenza pari al 7% del totale conseguito dal partito nella sua circoscrizione al fine di poter essere eletto, così da “superare” l’ordine di lista che altrimenti disciplina la distribuzione dei deputati del Nationalrat. Nei Paesi Bassi invece un candidato può essere eletto con il voto di preferenza, Voorkeurstemmen in olandese, se i suoi consensi personali raggiungono il 25% del quorum che fa scattare il seggio per i propri partiti. Un obiettivo praticamente impossibile da raggiungere, riuscito finora a pochissimi deputati. Per questo motivo l’elettorato olandese tende ad esprimere il proprio voto di preferenza per il capolista. In Svezia esiste il voto di preferenza, ma esso consente di superare l’ordine di presentazione della lista per essere eletti al Riksdag solo se un candidato ottiene l’8% dei consensi totali ottenuti dalla lista nella sua circoscrizione. In Belgio la Camera dei Deputati viene eletta con un simile sistema: gli elettori ricevono due liste. Se votano quella con i simboli dei partiti, confermano l’ordine dei candidati da loro presentato, altrimenti possono scegliere di esprimere una preferenza con l’altra scheda che ricevono. Per superare però l’ordine di elezione un candidato deve ottenere una quota rilevante del seggio. Diversi vincoli al voto di preferenze esistono anche in Danimarca, Slovacchia o Repubblica Ceca. Un quadro articolato, che rimarca come la sacralità assunta dal voto di preferenza nel dibattito politico del nostro paese sia quantomeno una peculiarità tutta italiana.

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