La “trattativa”: ecco il film (di regime)

Il fenomeno “trattativa” ha trovato finalmente la sua giusta destinazione: il cinema. Due anni e mezzo fa scrivevo: «Alzi la mano chi ci ha capito qualcosa. Certi nostri magistrati antimafia sono come le Sibille Cumane e le Pizie del mondo antico: alludono, adombrano, suggeriscono, insinuano, evocano con ieratica gravità. E’ tutto fumo, ma col peso specifico delle certezze metafisiche. Essi infatti officiano un culto misterico sui misteri di stato che è la seconda religione del nostro paese dopo il cristianesimo di confessione cattolica. Essendo misteriosa è una fede che non ha paura di contraddirsi, perché sotto un mistero c’è sempre un altro provvidenziale mistero.» Mi chiedo come mai si sia lasciato passare tanto tempo: non è forse questa sbobba materia eccellente per un certo tipo di creazione artistica tutta italiana e di nessuna vera ambizione che coniuga il genere fantasy e l’impegno civile? che è perfettamente e noiosamente allineata alla cultura dominante e che tuttavia passa per rivoluzionaria e coraggiosa? che vuole essere di denuncia e che tuttavia trova tutte le porte aperte? E infatti “La trattativa”, il nuovo (prevedibilissimo) film di Sabina Guzzanti sarà presentato fuori concorso alla prossima mostra del Cinema di Venezia. Il film naturalmente sarà come un rito per i babbei della società civile: ne verranno fuori riconfermati nella loro superstizione, tanto più facilmente in quanto avranno la netta sensazione di non disturbare nessuno e anzi di compiacere i potenti guru dell’opinione pubblica.

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