IL RACKET DEI BIGLIETTI ALLA STAZIONE TERMINI (VIDEO)

24/07/2014 di Alessio Barbati

La Stazione Termini, come in parte tutta la città di Roma, sta vivendo un momento particolare dal punto di vista del decoro e del rispetto delle regole. Da qualche mese si susseguono le denunce dei cittadini e dei mezzi di comunicazione circa un fenomeno che vedrebbe protagonisti alcuni Rom. Alcuni di loro, in maniera organizzata, si renderebbero protagonisti di alcuni “assalti” nei confronti dei turisti e dei cittadini. In maniera molto insistente costoro vengono approcciati, e “costretti” a donare qualcosa per dei servizi mai richiesti.

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Abbiamo provato, quindi,  ad andare a vedere con i nostri occhi se quello che i giornali raccontavano in questi giorni era vero. Si parlava di un sistema composto addirittura da un centinaio di Rom, perfettamente organizzati , che controllano la seconda stazione Europea: è così? Sì e no. Esiste un ruolo anche di alcuni italiani?

GUARDA IL VIDEO DELLA NOSTRA INCHIESTA di Stefania Carboni

 

(si ringrazia per la collaborazione Mauro Episcopo)

Indossano magliette azzurre, proprio come il personale di Trenitalia e si fingono dipendenti delle ferrovie, “Lavoro qui, posso aiutare?” dicono ai viaggiatori che devono comprare il biglietto alle macchine self service. I più ingenui chiedono informazioni e si lasciano assistere durante l’acquisto, ma il prezzo può essere caro. Secondo i dati forniti dalla procura al quotidiano romano il Messaggero si parte anche da un minimo di 5 euro fino a un massimo di 20 per il cosiddetto “pizzo”. La mancia viene chiesta insistentemente a fine “prestazione”: dopo aver accompagnato il viaggiatore al binario o dopo averlo condotto in biglietteria. Così si chiede il resto del ticket. Per il «favor» come spiega una nomade alla nostra esca che si fa condurre passo per passo nello “speciale servizio”.

IL SERVIZIO – Come abbiamo detto si tratta di un centinaio di persone, ma non tutti sono visibili. Ognuno ha un compito ben preciso e lavorano, con schemi prestabiliti. I rom e gli sbandati della stazione non mendicano. Cercano di rifilare un servizio non richiesto. C’è un addetto a ogni macchinetta per stampare i biglietti, conoscono gli orari di partenza dei treni e “consigliano” il viaggiatore. Dopo l’acquisto, accompagnano al binario il “cliente”. In cambio di tutto ciò chiedono, anzi pretendono, un compenso. Perché molte persone si affidano a loro? Perché gli addetti alle macchinette non si mostrano prepotenti, sono gentili, sorridono, e in fin dei conti ti danno una mano. Al turista ingenuo possono sembrare quel servizio di “hostess” ad personam che Trenitalia, ovviamente, non può permettersi. Gli italiani non ci cascano quasi più, ma i turisti stranieri sono tratti in inganno dalle magliette azzurre che indossano per scimmiottare le divise dei dipendenti regolari.

“IO LAVORO QUI” – “Che treno devi prendere?”, chiede l’improvvisata hostess alla nostra esca. Accento straniero, parla una lingua mista al sudamericano. Per assicurare il cliente spiega: “Io trabajo qui da un mese”. Ci lavora, come spiega lei, “al dosciento por cientos” (al 200 per cento). Così c’è chi si fida. Preme per i biglietti e si fa condurre al binario. Solo lì chiederà il compenso “Per mangiare”. Da noi riceverà appena un euro,lamentandosi, ma seguendo altre sue colleghe tra metropolitana e corridoi c’è chi riesce anche ad ottenere 5 euro in banconote davanti all’edicolante.

IL LAVORO SPORCO – A vigilare sull’operato di queste ragazze, tutte donne e per lo più minorenni, ci sono Rom più esperti che girano per le biglietterie controllando l’operato delle sottoposte.

I “capi” aspettano ai bordi delle scale, fissano, avvisano quando si palesano le guardie. Sono l’occhio vigile del sitema “parallelo” di Termini. E’ come una piccola città, al contrario. Mentre tra via Marsala e via Gilitti arrivano edicolanti, camerieri e negozianti. Davanti agli ingressi per il turno ci sono anche loro: finte hostess, agganci, e “guardie”. Ad alcuni, i più fortunati, si chiede solo una minima mancia. Non è andata così bene a due australiani che lunedì scorso si erano affidati ai loro servizi. I facchini dopo essersi offerti di portare i bagagli al treno, hanno accompagnato gli ingenui turisti ad un binario secondario e li hanno minacciati: “o ci date i soldi o le valigie non ve le ridiamo”. I due estorsori sono stati catturati e arrestati, ma sono stati immediatamente sostituiti da nuovi colleghi. Non sono tutti rom, o almeno così pare: fuori, davanti alle porte di ingresso principale stazionano uomini che parlano un fluente italiano e che spesso si sostituiscono alle hostess davanti alle macchinette impegnate con altri clienti.

LA VIOLENZA – Due settimane fa il coordinatore delle guardie giurate della stazione è finito in ospedale con il setto nasale fratturato, perché il clan di Termini non ammette intrusioni. C’è da dire che il personale della stazione lavora senza sosta per arginare il fenomeno, ma inutilmente. Inutilmente perché le guardie giurate possono solo chiedere gentilmente ai rom di allontanarsi dalle macchinette con risultati prevedibili. Se le nomadi si mostrano sorridenti con i turisti lo sono un po’ meno con gli uomini in divisa. Irridono polizia e carabinieri che provano a contrastare il racket. “Stiamo solo aspettando il treno, che vuoi?” dicono beffarde. Non si preoccupano minimamente perchè nonostante la pioggia di denunce a loro carico possono continuare ad agire indisturbati. Se qualcosa va storto intervengono gli uomini del clan.

IL MINI SISTEMA DEI TICKET D’ATTESA – Come dimostra il video catturato dalle nostre telecamere le hostess non si preoccupano minimamente dei controlli. “E’ solo una mano” spiegano agli agenti. Sbuffano, si allontanano per poi ritornare nei punti d’adescamento: tornelli, binari, macchinette e perfino biglietterie ufficiali di Trenitalia. Già, perché davanti ai monitor del turno c’è un altro mini-sistema. Ottenere i ticket per la fila, fornirli a sprovveduti turisti e accompagnarli fino alla fine. C’è perfino un signore che, con Corriere dello Sport in tasca, si ferma per chiaccherare a lungo con loro (e scambiare ticket fugaci). Chi c’è a capo del sistema?

PERCHE’ NON SI PUO’ FARE NIENTE – Le facce sono sempre le stesse. I carabinieri e gli uomini della Polizia ferroviaria li conoscono uno per uno dopo averli schedati centinaia di volte. Il 40% di loro è minorenne e la metà ha meno di 14 anni e non può essere fermato. Si contano 1200 denunce solo da Gennaio, circa 70 al giorno. Altro problema è che la maggior parte dei soggetti fermati ha il foglio di via e non potrebbe nemmeno rimanere in Italia, quindi già il fatto che si trovino a Roma costituisce reato.

IL GAP LEGISLATIVO – Come sappiamo, dal 1995 non esiste più il reato di accattonaggio, è stato abrogato dalla Corte Costituzionale perché domandare elemosina costituisce una richiesta legittima di solidarietà umana. Questo i nomadi lo sanno perfettamente. Sanno anche  che i ragazzi sotto i 14 anni, tutelati dal codice di procedura da una non imputabilità parziale e in alcuni casi totale, consente loro di essere rimessi in libertà anche se recidivi. La frustrazione non è solo dei cittadini, ma anche i poliziotti non la vivono bene. La loro attività è difficilissima perché spesso ci si ritrova davanti a minori o donne in avanzato stato di gravidanza: in parole povere il più delle volte l’azione degli agenti diventa pressoché nulla. E’ questo il sistema Termini, un sistema parallelo, in nero e affidato a nomadi che spesso usano anche l’appoggio di persone che parlano un fluente italiano. Il tutto nei tentativi continui (ed inascoltati) degli agenti. “La prego di allontanarsi da qui” intima nel video l’agente alla nostra hostess. Lei sbuffa. Tornerà: per condurci, tranquilla, al nostro binario.

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