La fotografia è viva più che mai, e lo è anche in Italia

Il cinema, la musica, la scrittura. Ogni forma d’arte ha vissuto la sua crisi e ha lottato per sopravvivere al mutamento comportamentale di fan, appassionati e consumatori, anche e soprattutto in Italia (perché qui da noi i cambiamenti sono più lenti e le agonie più lunghe).

Che sia per la qualità di un libro, quando si legge sempre meno, per la bellezza di un film, quando spesso si preferisce la tv al cinema, o per la genialità di un nuovo album, quando tutto è scaricabile dal web, artisti e case di produzione hanno combattuto la loro difficile battaglia e lo stanno ancora facendo. Oppure si sono arresi senza nemmeno provarci, o sforzandosi il meno possibile.

Saper monetizzare in un mondo che cambia: questa oggi è la vera sfida.

Sono stato recentemente invitato a partecipare a un incontro sulla fotografia.

Si discuteva del declino dell’interesse verso le mostre, della scarsa domanda della figura del fotoreporter, complice il declino della carta stampata (etc. etc.), delle poche iniziative dedicate a quest’arte, della pochezza dei molti nuovi volti e della ormai scarsità di figure autorevoli, dei cosiddetti maestri di una volta.

Tutto all’insegna della malinconia, del “tanto non c’è più nulla da fare, è tutta colpa di internet, dei giornali che non pagano le foto e dei canali social che ne sviliscono il valore”, del “tanto tutto si può rubare online, del tanto ormai sono tutti fotografi. Una sorta di rassegnazione, mescolata a presunzione, che celava la pigrizia del non voler imparare cose nuove, del non voler rimettersi a studiare. Come se non ci fosse la necessità di farlo e se lo studio dei nuovi mezzi di comunicazione fosse solo roba per le masse. La platea era compiacente.

Come si può solo pensare di far conoscere la propria arte restando seduti o raccontando le gesta eroiche del proprio virtuoso passato senza avere la seria intenzione di passare al vaglio tutte le possibili strade e tecniche di divulgazione per raggiungere il pubblico?

Perché si deve arrivare alla conclusione forzata che non esistono un pubblico appassionato di arte per giustificare la propria reticenza al confronto con un mondo che non è più lo stesso?

Avrei preferito sentir dire che gli interessati li conquista, a parità di bravura, chi prima arriva e riesce a raggiungerne di più e che la colpa non è tutta dovuta all’assenza di mercato, nè all’assenza di interesse, nè, peggio ancora, alla sordità delle nuove generazioni e alla loro incapacità di saper cogliere il piglio artistico del fotografo.

Saper monetizzare, dicevamo. Promuovere la propria opera.
Ecco. Contentriamo le nostre energie su questo: sul come farlo.
Come chiedere supporto a parenti e amici, come cercare gli sponsor, utilizzare i canali social, come creare pagine personali interessanti e ricche di contenuti, pensare a iniziative che facciano parlare di sè, e non solo nel proprio contesto sociale.
Come impegnarsi seriamente con continuità e insistenza in quello che, nella migliore delle ipotesi, è un secondo lavoro o “soltanto” una grande passione.
Aprire un blog, creare un network sui social, farsi conoscere da influeuncers di settore, sono tutte azioni a costo zero ma che richiedono molto sacrificio.

Ecco, quindi. Cominciamo da questi piccoli grandi passi e dal giorno dopo giorno.
Questo vale sia per chi inizia ma anche per i veterani e i professionisti.
E se non c’è il ritorno atteso, domandiamoci, prima di puntare il dito, se non siamo stati noi, magari, a commettere qualche leggerezza.

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