Sondaggi, gli istituti di ricerca si difendono: «Gli errori non solo colpa nostra»

29/05/2014 di Andrea Mollica

Perchè il PD è arrivato al 40%? E come mai i sondaggisti hanno sbagliato così nettamente ancora una volta? Ne abbiamo parlato con due esperti del settore, Lorenzo Pregliasco di Youtrend/Quorum e Andrea Mancia de L’Opionione/Datamedia/Notapolitica, che nel periodo di blackout sulle intenzioni di voto hanno allietato centinaia di migliaia di utenti del web con Voci dal Concistoro e corse clandestine dei cavalli.



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PD E SONDAGGI – Le elezioni europee sono state caratterizzate da un clamoroso successo del Partito Democratico di Matteo Renzi. Il PD ha ottenuto un dato mai raggiunto nella storia recente, il 40,8%, una percentuale così alta che mancava da più di 50 anni nella politica italiana. Il risultato del PD è stato tanto clamoroso quanto sorprendente per tutti gli osservatori politici, visto che nessun’intenzione di voto, o quasi, aveva rilevato un simile livello di consenso per la formazione del presidente del Consiglio. I sondaggisti, dopo gli errori del 2013, sono finiti ancora una volta nel mirino, visto che la maggior parte degli istituti aveva rilevato, specie negli ultimi giorni, un testa a testa tra PD e M5S poi trasformatosi in un fossato di 20 punti percentuali. Abbiamo discusso di questi temi con due esperti del settore, Lorenzo Pregliasco di Youtrend e Andrea Mancia de L’Opionione-Datamedia, che nel periodo di blackout sulle intenzioni di voto hanno allietato centinaia di migliaia di utenti del web con Voci dal Concistoro e corse clandestine dei cavalli.

 

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Le elezioni europee del 2014 sono state un successo storico del Partito Democratico. Come si spiega secondo voi questo incredibile risultato, che nessuno o quasi aveva previsto, almeno in quest’entità?

Pregliasco: Le elezioni europee di domenica 25 maggio sono l’unico caso in cui è stato premiato un governo nella storia recente del nostro paese. Era da 20 anni, con il forte progresso di Forza Italia nelle urne, che non si registrava una così forte affermazione di un esecutivo nelle consultazioni per il Parlamento europeo. La mia impressione, anche se è facile dirlo col senno del poi, è che si sia rotta una diga, sopratutto al Centro-Nord, con una forte apertura di credito di tanti elettori “montiani” in primo luogo ma anche significativi spezzoni di centrodestra e 5 Stelle verso il governo di Matteo Renzi. Un nuovo consenso che ha ridisegnato la mappa elettorale del nostro paese come mai era successo nella storia della II Repubblica.

Mancia: Renzi ha trionfato con una significativa mobilitazione del suo elettorato, che ha permesso al PD una significativa avanzata grazie alla smobilitazione dell’altro elettorato. Il risultato così netto è stato poi favorito dallo “sdoganamento” del presidente del Consiglio. Votare a sinistra non ha fatto più paura a numerosi elettori di centrodestra, “montiani” nel 2013 in maggioranza oppure berlusconiani fino all’anno scorso.

 

Quanto ha pesato secondo voi il traino della personalità di Renzi, e quanto invece i fatti e le promesse del governo?

Pregliasco: Non credo sia possibile scindere la personalità di Renzi dal profilo conquistato dal suo governo presso gli elettori. L’esecutivo è uno specchio della personalità del presidente del Consiglio. E’ passato in modo clamoroso il suo messaggio relativo al cambio di passo impresso col suo arrivo a Palazzo Chigi. Molte persone gli hanno dato fiducia, adesso, ma bisogna rimarcare l’estrema volatilità del nostro elettorato in questo senso. Mario Monti aveva più del 70% di popolarità all’inizio del suo governo e dopo due anni il partito da lui fondato non arriva all’1%. Vale lo stesso discorso per il precedente presidente del Consiglio. Enrico Letta a ottobre 2013 batteva Renzi nei sondaggi relativi alla fiducia, sopratutto nell’elettorato di centrodestra, ma poi sono arrivate difficoltà e dopo la crisi di consenso il suo apprezzamento è come svanito. In tempo molto, molto rapidi.

Mancia: Gli italiani hanno una fortissima tendenza a salire sul carro del vincitore, ed in questo momento c’è una vera e propria sudditanza psicologica nei confronti dell’esecutivo Renzi. La sensazione che con lui finalmente le cose si possano sbloccare è fortissima, e diffusa in modo trasversale. Questi sentimenti sono stati favoriti anche dalla legittimazione che gli hanno dato i suoi avversari del campo avverso come Berlusconi, e dalla stessa paura di Grillo. Aver dipinto il leader M5S come il nuovo Hitler, cosa che non è, ha favorito il suo vero avversario, Matteo Renzi, e non chi ha coniato questa definizione.

 

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Come giudicate la prestazione dei sondaggisti? 

Pregliasco: Posso rivelare che il mio istituto, Quorum, aveva realizzato un sondaggio che rilevava il PD al 39,8%, ma questo dato non si poteva diffondere visto che era periodo di blackout, e le Voci del Concistoro che ospitiamo su YouTrend non sono intenzioni di voto, ci tengo a ribadirlo.

 

I sondaggisti hanno in realtà rilevato con discreta precisione i dati degli altri partiti, e trovo stucchevole la crocefissione da parte di chi, come i giornalisti, racconta la realtà con metodi non scientifici e sbaglia ancora di più di chi realizza le intenzioni di voto. Ci sono stati diversi fattori che motivano l’errore di sottovalutazione del PD, come l’elevata frammentazione del nostro sistema politico, con il cambiamento continuo di partiti che rende difficile costruire affidabili serie storiche dal punto di vista statistico. Credo inoltre che sia stato un fattore anche la reticenza di rivelare il proprio voto al PD di elettori storicamente orientati verso destra, il cosiddetto “Shy Tory Factor”.

Mancia: Credo abbia giocato molto il fattore paura di ripetere gli errori dell’anno scorso, che però ha portato ad un sbaglio sostanzialmente speculare. Come ho scritto su Notapolitica.it, è ora di interrogarsi seriamente su come vengono realizzati i sondaggi in Italia. Ho come l’impressione che ci sia sempre una tendenza dei sondaggisti a correggere i propri dati assimilandoli a quelli degli altri, una convergenza che avviene sempre verso la fine della campagna elettorale. Così si “indovina o si sbaglia” tutti. Nello specifico di quest’elezione è vero che il voto è molto aleatorio, esistono ormai milioni di elettori in movimento senza una chiara collocazione politica che decidono negli ultimi giorni, e non è facile cogliere i loro orientamenti. Il voto a sinistra, per alcuni, poteva essere motivo di imbarazzo che ha portato alla sopravvalutazione di alcuni partiti, come Scelta Europea, che sono stati molto sopravvalutati.

 

Quali sono stati i flussi, in entrata ed in uscita, determinati per l’esito delle Europee?

Pregliasco: Sono abbastanza scettico sulla metodologia dei flussi. Non riesco a capire questa tendenza di denigrare i sondaggi e poi affidarsi ai flussi come se non fossero sondaggi. Al di là dei miei dubbi metodologici su questo tipo di dati, osservando il voto si nota come il Partito Democratico sia cresciuto in modo più elevato al Nord come al Centro, mentre il suo aumento è diminuito in termini relativi al Sud. Confrontando il dato del 2009, si evidenzia come il PD sia aumentato di 19 punti percentuali in Lombardia, e di una decina scarsa nelle regioni meridionali. Sono voti arrivati da elettorati finora ostili al centrosinistra, in prevalenza “montiani”, ma anche dal centrodestra, e pure una quota importante di Movimento 5 Stelle, che si è meridionalizzato in queste elezioni rispetto all’anno scorso.

Mancia: Ho anch’io diversi dubbi sui flussi elettorali, nel voto è emerso il completo inglobamento dell’elettorato montiano nel PD, confermato dall’evaporazione totale di Scelta Europea. La mobilitazione dell’elettorato democratico è stata eccezionale, come si nota anche dalle percentuali enormi raggiunte nelle Regioni rosse, che dopo il deludente dato del 2013 hanno trascinato il PD sopra il 50%.

 

Chi è stato il vincitore del confronto PD-M5S nel voto giovanile?

Pregliasco: Posso rivelare i dati che mi sono stati forniti dalla società EMG di Fabrizio Masia. Secondo il sondaggista che ha realizzato l’exit poll per il TG de La7 la fascia d’età tra i 18 e i 34 anni ha registrato un testa a testa equilibrato tra PD e M5S, 33 a 32. Sopra i 55 anni d’età invece il PD ha conquistato il 49% delle preferenze, contro solo l’11% del movimento guidato da Grillo.

Mancia: I sondaggi indicavano un dominio di Grillo nel voto giovanile che poi non si è registrato nei fatti. Il fatto che il PD, storicamente in difficoltà tra gli under 30, è riuscito a conquistare il voto di un terzo circa dei giovani, è la notizia migliore per Renzi, e spiega una parte importante del perchè il suo partito è arrivato oltre il 40% delle preferenze complessive.

 

I vostri siti sono ormai diventati un punto di riferimento per chi cerca indiscrezioni sulle intenzioni di voto. La legge che impone il black out non fornisce un alibi alle case demoscopiche, oltre che dare un pessimo servizio all’informazione, e creare un mercato più di suggestioni che di dati reali?

Pregliasco: Sono tendenzialmente d’accordo, anche se rimarco come le Voci del Concistoro non siano sondaggi. Il divieto di pubblicazione dei sondaggi non influenza in realtà  chi li legge, visto che si tratta di un elettorato molto informato sulla politica, con idee molto chiare e difficilmente influenzabili da uno o due punti in più o in meno del proprio partito.

Mancia: Sono d’accordo, io ho deciso di diffondere dati che tutti ricevono e leggono nelle redazioni dei media. Non capisco perchè si debba accettare una situazione dove esiste un’elite che conosce i sondaggi, e descrive le campagne elettorali anche in base in questo, e invece una massa di persone che devono rimanerne all’oscuro. Bisogna aver maggior rispetto degli italiani, e liberalizzare i sondaggi, oppure vietarli del tutto se si ha così poca fiducia nelle persone per pensare che si voti in base alle intenzioni rilevate dalle case demoscopiche.

(Photocredit: AP Photo / Alessandra Tarantino)

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