La “rete massonica” dietro l’arresto di Scajola

Una potente associazione segreta internazionale di stampo massonico è emersa dalle perquisizioni e dalle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Claudio Scajola. L’ex ministro è accusato di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Come ha spiegato l’Espresso, la rete sarebbe «animata da figure come Amin Gemayel, capo dei falangisti libanesi e candidato alle presidenziali tenute a fine aprile».

Foto: Ansa
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LA RETE MASSONICA DIETRO L’ARRESTO DI CLAUDIO SCAJOLA – Otto in totale sono stati i provvedimenti restrittivi: oltre a quello di Scajola, sono stati disposti quello dello stesso Matacena (non eseguito, in quanto tecnicamente latitante, sebbene sia stato fermato a Dubai in agosto e si trovi in attesa di estradizione), della madre Raffaella De Carolis (ai domiciliari), della compagna Chiara Rizzo (ricercata). Ma anche della segretaria di Scajola, Roberta Sacco, di quella del latitante Matacena, Maria Grazia Fiordalisi (ai domiciliari). Infine, quelli di Martino Politi e Antonio Chillemi, entrambi accusati di essere dei prestanome di Matacena. Secondo i magistrati, Scajola e gli altri destinatari dei provvedimenti restrittivi sarebbero anche parte di un sodalizio criminale politico-imprenditoriale collegato alla ‘ndrangheta. Ci sono stati, poi, tra i perquisiti, anche Emo Danesi, uno storico piduista, due figli di Amintore Fanfani, Giorgio e Cecilia. Oltre all’imprenditore calabrese 39enne Vincenzo Speziali, nipote dell’omonimo senatore di Forza Italia. Quest’ultimo sposato con la nipote di Gemayel. In base a quanto emerso dalle intercettazioni, l’ex ministro Scajola si era prodigato per Matacena. L’ex coordinatore di Forza Italia era in contatto con la moglie dello stesso Matacena, che aveva chiesto all’esponente azzurro di aiutare il trasferimento del marito in Libano. ovvero, nello stesso Paese dove si era rifugiato già Marcello Dell’Utri. Per gli inquirenti, l’ex ministro si è così attivato per aiutare la latitanza di Matacena, arrivando fino a favorire le operazioni di occultamento del patrimonio del collega latitante.

AMIN GEMAYEL E LA RETE MASSONICA – Nell’articolo dell’Espresso si spiegano i rapporti con l’Italia di Amin Gemayel, l’ex presidente libanese (al potere dal 1982 al 1988, durante il periodo della guerra civile, ndr) considerato uno dei nomi che animavano la rete internazionale di stampo massonico, emersa dalle perquisizioni:

 «Il capo dei cristiano maroniti è stato fra i primi a rendere omaggio, l’anno scorso, alla tomba di Giulio Andreotti, sepolto al cimitero del Verano. Due anni fa, i giornali locali hanno dato rilievo alla sua visita privata in Calabria, dove è stato ospite dell’allora senatore Speziali, uno dei maggiori imprenditori calabresi con interessi in varie regioni italiane. Più di recente Gemayel, che è vicepresidente dell’Internazionale democristiana ed è molto legato anche al segretario Udc Lorenzo Cesa, è stato in Italia per incontrare Silvio Berlusconi. L’appuntamento, preso a Roma, è stato spostato a Milano all’ultimo momento suscitando le ire del politico falangista, il suo rientro in Libano e una sua piccata smentita quando Berlusconi ha dichiarato che Dell’Utri si era recato a Beirut per assistere Gemayel nella sua campagna elettorale»

Dalle conversazioni intercettate è emerso anche lo scontro tra il vecchio corso berlusconiano e i nuovi esponenti forzisti in ascesa, come il consigliere politico Giovanni Toti. Agli atti ci sarebbero una serie di diverbi telefonici tra quest’ultimo e lo stesso Scajola. Il motivo? Toti e le donne più vicine all’ “ex” Cavaliere avrebbero cercato di ostacolare gli accessi dell’ex ministro e di Denis Verdini a palazzo Grazioli. Secondo l’Espresso, però, il vecchio corso poteva ancora avere un ruolo influnte, proprio grazie ai rapporti con la rete massonica. Adesso gli inquirenti stanno cercando di capire chi si nasconde dietro quegli “invisibili”, ovvero quel gruppo di persone che  «detta legge e i termini della politica internazionale usando clan mafiosi, servizi segreti e logge deviate». Dovrà anche essere approfondito il ruolo del noto piduista Emo Danesi.

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