Ambrogio Marrone

Ritengo in cuor mio che nemmeno il più acerrimo dei suoi nemici, se appena appena alberga ancora in cuor suo, appunto, un rimasuglio di quei sempiterni sentimenti di fratellanza che fanno dell’uomo il più nobile re degli animali, più ancora dello suscettibile, celebrato e fulvocrinito satrapo della savana; e che lo trasportano, elevandolo, in lontananze azzurrine percorse dallo spirito divino; ritengo, appunto, che nemmeno questo non del tutto perduto arcidiavolo possa negare a Berlusconi il merito di aver restituito ad una ristretta classe di persone alquanto augusta il gusto, appunto, di una prosa rigogliosa, florida, turgida, tentacolare, ricca di subordinate, magniloquente, sempre sul punto di crollare sotto il peso di lussureggianti festoni di aggettivi e meravigliose ghirlande di avverbi; avviluppantisi, questi festoni, intorno a orditi sintattici arditi quando non chimerici, simili a quegli smilzi e leggiadri rametti che formano quel diafano reticolato che regge lassù, miracolosamente ma vittoriosamente, la nobile, fluttuante, leonina chioma di alberi secolari di fiera bellezza saettanti con uguale dignità, maestosa e serena, contro cieli pigramente celesti o furiosamente procellosi; e perciò capace – parlo sempre della prosa, appunto – capace dunque di trasmettere, trasportare, traghettare senza cadere in una disperante insensatezza, e senza perderne una goccia, tutta la formidabile, variegata, frammentata, eterogenea complessità in cui si articola il più elementare dei pensieri umani; e di farlo con la grazia che ai frutti di un’edificazione onesta sa aggiungere l’onesta e rossa ciliegina di quel piacere sottile, delicato, a volte ineffabile, che sempre, infallibilmente, s’accompagna alla contemplazione delle cose ben fatte, tornite e rifinite. Questa cerchia privilegiata di persone, questo nobile consesso, questo club esclusivo, è composto dai magistrati della Repubblica Italiana nata dalla Resistenza. Puntualmente, quando c’è di mezzo Berlusconi, la loro vena artistica si scatena in un affannoso tentativo di illustrare quanto vituperando, esecrando e nefando sia tutto ciò che circonda Silvio. Nelle motivazioni della sentenza di condanna dell’avvocato Castellaneta (caso escort-Tarantini) il gup del tribunale di Bari Ambrogio Marrone, per esempio, parla di «uno sconcertante quadro della vita privata di vari soggetti coinvolti nella vicenda, dalle ragazze sino all’allora presidente del Consiglio»; e scrive che «Il materiale probatorio, nel suo contenuto di oscenità e bassezza evidenzia la situazione di mercimonio del corpo femminile e la considerazione delle donne come semplici oggetti suscettibili di commercio a scopo sessuale». Certo, il risultato artistico è avvilente: la prosa è come incrostata da grigie e comiche ridondanze che sanno di burocratese. Ma i processi di Berlusconi sono un’infinità, e c’è quindi tutto il tempo per migliorare.

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