La pelle dorata uccide?

29/04/2014 di John B

In questa rubrica si è spesso parlato del fatto che la cinematografia solitamente ci propone situazioni e vicende molto lontane dalla realtà ma che influenzano tantissimo l’immaginario collettivo e il pensiero comune, al punto che sovente la gente dubita persino dei fatti reali, quando questi non coincidono con ciò che hanno “imparato” dai film.

PORI E RESPIRO – Un esempio classico è la comune credenza che il corpo umano respiri anche attraverso i pori della pelle e che se questi dovessero restare tutti completamente occlusi, si andrebbe incontro a una morte sicura. La credenza trae le sue origini dal film Goldfinger della serie 007, il personaggio creato dalla fantasia dello scrittore Ian Fleming. Prodotto nel 1964, il film Goldfinger propone una scena nella quale una donna viene uccisa dal cattivo di turno che ricopre tutto il suo corpo con una vernice di oro, otturandole i pori della pelle e causandone la morte per soffocamento. Ciò avviene nonostante la bocca e la trachea della donna non siano occluse, per cui teoricamente le vie aeree principali avrebbero dovuto garantire la respirazione. Lo spettatore deduce, pertanto, che i pori della pelle hanno una funzione vitale al pari di quella svolta dai polmoni, come se il corpo umano respirasse dai polmoni e traspirasse dalla pelle, e gli uni o gli altri da soli non sarebbero sufficienti a garantire la necessaria ossigenazione. Ma le cose stanno davvero così? Il dubbio che qualcosa non torni dovrebbe palesarsi già quando si pensi ai sub, che si immergono anche per ore in profondità indossando la muta che aderisce al corpo isolando la pelle dall’acqua per contrastare l’ipotermia.

MA – La combinazione della muta isolante e della pressione dell’acqua impedisce fisicamente la respirazione o traspirazione che dir si voglia attraverso i pori della pelle, per cui a rigor di logica i sub dovrebbero morire dopo pochi minuti di immersione profonda, cosa che non avviene. Approfondendo la funzione svolta dai pori, si scopre che essi non servono per assorbire ossigeno ma per garantire la sudorazione (e quindi l’equilibrio calorico dell’organismo) e per idratare la pelle. La prima conclusione da trarre è che l’occlusione dei pori (con una vernice dorata o qualsiasi altra cosa) non può indurre la morte per soffocamento. Si può comunque morire, sia pure per altre ragioni, se tutti i pori dovessero occludersi per la vernice? E’ evidente che un’eventualità del genere non può far bene, innanzitutto perché la sudorazione svolge un’azione importante per l’equilibrio termico ma soprattutto perché le vernici possono contenere sostanze tossiche per l’organismo. Ad esempio, si ritiene che molti pittori (anche famosi) siano morti a causa dell’intossicazione dal piombo contenuto nei colori e nelle vernici utilizzate. L’intossicazione da piombo è chiamata saturnismo e ad essa sono attribuite le patologie (anche mentali) di cui erano affetti artisti come Van Gogh e Goya . Tuttavia si tratta di meccanismi lunghi, che hanno poco in comune con la morte rapida descritta in Goldfinger, che resta quindi un’invenzione di pura fantasia che ha generato una diffusa leggenda metropolitana.

FONTI – Il film, peraltro, si basava a sua volta sul racconto originario di Ian Fleming, pubblicato nel 1959. Tuttavia la credenza che il corpo umano respirasse attraverso la pelle e che l’occlusione dei pori provocasse la morte risale a epoca ancora antecedente, come testimoniato da un altro film, Bedlam, apparso nel 1946. In questo film veniva proposta, probabilmente per la prima volta, la scena di una persona uccisa ricoprendone la pelle con vernice. In conclusione, in passato si credeva effettivamente che l’organismo respirasse anche attraverso i pori e questa credenza ha ispirato prima gli autori di Bedlam e poi Ian Fleming, diventando vera e propria leggenda metropolitana con l’uscita del film Goldfinger. Fra i film di 007 ce n’è un altro che propone un’altra credenza diffusa, quella che nello spazio vuoto un corpo umano “esploda” per effetto della decompressione. Si tratta di Licence to Kill (la versione italiana ha il titolo 007 Vendetta Privata), nel quale la decompressione troppo rapida in una camera iperbarica provoca l’esplosione del malcapitato al suo interno. Il tema è stato riproposto anche da numerosi film di fantascienza. In realtà l’atmosfera terrestre esercita una pressione pari, appunto, a 1 Atmosfera. Se questa pressione venisse a mancare (come può succedere nello spazio vuoto o per un malfunzionamento in una camera iperbarica) la pelle ha una resistenza più che sufficiente a impedire qualsivoglia effetto esplosivo. La pressione interna dell’aria contenuta nel corpo potrebbe provocare, al massimo, un leggero gonfiore e dei traumi localizzati (barotraumi).

STUDI – L’evenienza è stata ampiamente studiata in aeronautica, in quanto gli aerei che volano ad altissime quote (oltre i 12.000 metri) di fatto sperimentano una differenza di pressione tra la cabina e lo spazio esterno molto simile a quella che si avrebbe nello spazio vuoto. In caso di rapidissima decompressione a quelle quote, i problemi principali per l’organismo umano sarebbero quelli della respirazione (ipossia) e del congelamento (ipotermia), non certo l’esplosione del corpo, che va quindi annoverata tra le tante leggende metropolitane.

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