Amato chiede mezzo milione di euro al Fatto

Giuliano Amato ha chiesto, attraverso la figlia Elisa che è avvocato, un risarcimento pari a 500mila euro al Fatto Quotidiano per gli articoli che hanno raccontato la carriera dell’ex Dottor Sottile oggi diventato giudice costituzionale. Racconta il quottidiano:

L’onorevole professore Giuliano Amato – reduce dalla doppia delusione nella corsa al Quirinale prima e a Palazzo Chigi poi – manifesta il proposito di sfruttare l’impopolarità anche per risollevare le sorti professionali di sua figlia Elisa dando la caccia ai “diffamatori di professione”: “Non voglio fare nomi, perché tanto ci pensa mia figlia, che fa l’avvocato di suo padre, a fare i nomi. L’unica ragione per cui sono contento della loro esistenza è che, in un periodo di magra professionale, il reddito di mia figlia già ha cominciato a trarre profitto da questi incorreggibili propalatori di falsi. (…) Mia figlia si lamenta, dice che sono diventato un lavoro pesante per lei, ma è soddisfatta, perché le vince tutte”. QUALCHE GIORNO FA, sulle ali dell’entusiasmo, l’avvocato Elisa Amato ha pensato bene di chiedere al Fatto Quotidiano 500 mila euro di danni per sedici-articoli-sedici, successivi, si badi bene, a quell’intervista e alla designazione del padre quale giudice costituzionale. Una richiesta che, ove accolta, si configurerebbe come aggressione giudiziaria, la stessa già censurata dalla Corte di Strasburgo quando ha avvertito gli Stati europei che sanzioni pecuniarie sproporzionate e, quindi, anche risarcimenti ingenti possono avere un effetto deterrente sulla libertà di stampa e perciò comportano una pressoché automatica condanna da parte di Strasburgo.

Perché?

Un processo omnibus, quello voluto da Amato, per quella che definisce “una inspiegabile campagna diffamatoria condotta a decorrere dal settembre 2013 con il pretesto della nomina a giudice della Corte costituzionale”. QUESTA FRASE illumina la concezione amatiana della libertà di stampa e del diritto di critica. La nomina a una delle cariche di maggior potere dell’ordinamento repubblicano comporta per la libera stampa degna di questo nome non il diritto ma l’obbligo di passare al setaccio storia e personalità del prescelto, e di sottoporle a un vaglio tanto più severo quanto è più delicata la funzione pubblica ricoperta. Tutto ciò risulta inspiegabile alla concezione personale che Amato ha dell’informazione, in ciò aiutato dall’esperienza che lo induce evidentemente a ritenere obbligatorio per tutti salutare la sua ennesima nomina con gli stessi toni da servile encomio usati dalla grande stampa amica.

E quindi:

Perciò accusa incredulo Il Fatto di aver voluto “lo smantellamento, pezzo per pezzo, del prestigio e del rispetto che quest’ultimo si era costruito e guadagnato nel corso degli anni” e “la preordinata ed artificiosa costruzione, al contrario, di un personaggio sordido, pienamente addentro alla parte corrotta e prepotente del mondo politico, prima asservito a Craxi e poi incline ad abusare della propria posizione di potere per assicurarsi incarichi di ogni genere e vantaggi economici esagerati”.

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