Pil: il numero magico del mondo

09/04/2014 di Dario Ferri

Il Prodotto interno lordo è il numero magico più influente del mondo. L’esistenza di questo dato è in realtà piuttosto recente, visto che fino alla seconda guerra mondiale la maggior parte degli stati non si interessava nel rilevare la produzione. Grazie a questa nuova misurazione la crescita è diventata una componente determinante della nostra società.

Pakistani laborers work on a constructio

LA MAGIA DEL PIL – L’economia industrializzata è nata alla fine del ‘700, e per più di un secolo e mezzo gli stati che ne beneficiavano si sono disinteressati alla loro produzione effettiva. Lo spiega il nuovo libro di un economista dell’università di Postdam, Philipp Lepenies, che ha pubblicato un volume che spiega la storia del Pil, il Prodotto interno lordo. Grazie a questo dato i governi sono riusciti a misurare il risultato finale dell’attività produttiva dei propri cittadini in un dato periodo, di solito un anno oppure un trimestre. Il termine prodotto indica i beni e i servizi che hanno una valorizzazione nel processo di scambio, e per questo non sono conteggiate le prestazioni a titolo gratuito, oppure l’autoconsumo. Interno invece riguarda le attività economiche che si svolgono all’interno del paese preso in esame: sono quindi inclusi i beni e i servizi prodotti dagli operatori esteri, e esclusi quelli nazionali se realizzati all’esterno. Il Pil può essere visto come la somma della produzione dei beni e dei servizi, che equivale alla somma delle spese delle famiglie e degli investimenti delle imprese, anch’essa equivalente alla somma di redditi dei lavoratori e di profitti delle aziende.

LA NASCITA DEL PIL – Philipp Lepenies spiega in un’intervista al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung come il Pil, da lui definito come il numero più influente del mondo, sia nato. La sua prima teorizzazione arrivò William Petty, il primo economista che nella sua opera Verbum Sapienti introdusse elementi di contabilità nazionale. Petty, da vero uomo rinascimentale, era un cultore di altre scienze, e da esperto di anatomia voleva utilizzare questo calcolo per capire cosa c’era dentro il corpo vivo di un paese, ovvero l’economia. Lepenies rimarca però che i numeri di Petty non erano molto credibili, visto che lo scienziato aveva prodotto la prima versione del Pil anche per giustificare un suo specifico interesse, ovvero pagare meno tasse. L’economista tedesco rimarca che fino al 1929, ovvero la Grande Recessione, nessun governo si poneva il problema di creare una contabilità nazionale dove si tenesse in conto la produzione, fino a quando gli esecutivi a livello mondiale non ripresero le intuizioni di Colin Clark. Questo accademico inglese era molto insoddisfatto della mancanza di rilevazioni statistiche con cui la scienza economica descriveva gli andamenti dei cicli produttivi dei vari paesi, e teorizzò il metodo di calcolo poi fatto proprio per realizzare il Pil.

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IL PIL E LA GUERRA – L’indice che misurava la produzione divenne un elemento decisivo per vincere la seconda guerra mondiale. Secondo Lepenies infatti grazie al Pil, che il governo americano iniziò ad utilizzare durante il conflitto bellico che lo contrapponeva alla Germania ed al Giappone imperiale, così mutando la prospettiva della stessa scienza economica, che si spostò dal reddito alla produzione. Non contava più, rimarca l’economista tedesco, quanti soldi i consumatori possedessero, bensì era centrale quanto venisse prodotto. Durante la guerra ciò significava prima di tutto carri armati, navi, aerei ed armi. La particolare attenzione del Pil sui beni materiali è un aspetto che è rimasto, e che viene tuttora criticato da chi contesta il dominio del prodotto interno lordo. Lepenies rimarca inoltre che grazie al Pil gli Usa riuscirono a stimare la loro produzione bellica, così acquisendo un fortissimo vantaggio sulla Germania nazista che invece era ignara di dati specifici e precisi sulle armi prodotte. Secondo l’economista tedesco la misurazione del Pil permise di salvare la vita a molti soldati.

IL PIL E LA CRESCITA – Il Pil si impose subito dopo la seconda guerra mondiale con un atto imperiale degli Stati Uniti, la definizione di Lepenies. Gli Usa infatti vincolarono l’erogazione degli aiuti e dei crediti previsti dal piano Marshall all’introduzione della contabilità nazionale. Il Pil fu così adottato dai tanti paesi europei che accettarono i finanziamenti stanziati dal governo di Washington per evitare gli errori della fase successiva alla prima guerra mondiale, quando la distruzione economica della Germania determinò in parte l’avvento del nazismo. Grazie al boom delle economie occidentali nei decenni successivi al secondo conflitto mondiale il Pil diventò l’unità di misura del mondo, e da allora si è imposta l’idea della crescita infinita come necessaria. Questo concetto di aumento della produzione come risoluzione di tutti i problemi sociali o quasi si è imposto nella politica dagli anni cinquanta, quando gli americani suggerivano che in questo modo i paesi distrutti dal secondo conflitto mondiale avrebbero potuto raggiungere gli Stati Uniti grazie alla crescita del Pil.

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