Gli Stati Uniti e quell “pacco” di plutonio e uranio arricchito

Il governo giapponese e quello americano hanno confermato il trasferimento negli Stati Uniti di circa trecento chilogrammi di plutonio e di una quantità minore d’uranio arricchito.

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LO STOCK CHE RITORNA – Si tratta di plutonio che ai tempi della guerra fredda aveva fatto il percorso contrario «a scopo di ricerca» e che basterebbe a fare una cinquantina di bombe atomiche. La sua presenza sul suolo giapponese suscita molte polemiche, sia tra i vicini orientali che a distanza, anche l’Iran ne cita l’esempio per dire che l’accanimento contro il suo programma iraniano, che ha da parte 20 chilogrammi d’uranio arricchito, ma non abbastanza per farci le bombe, messo all’indice come se fosse pericolosissimo.

MOLTI PROBLEMI – A peggiorare le cose c’è che il Giappone ha le competenze tecniche e una rete satellitare per trasformare velocemente il plutonio in bombe e montarle su aerei e missili capaci di recapitarle con estrema precisione grazie alla disponibilità di una rete satellitare propria. Inoltre un’ispezione americana aveva rivelato che era custodito in una struttura vigilata da personale neppure armato. Il timore degli americani è quindi che potesse essere rubato da «terroristi», mentre quello dei vicini era più prosaicamente che un giorno neppure tanto lontano i giapponesi possano mettere insieme un arsenale nucleare senza che se ne accorga nessuno.

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IL GIAPPONE NON SA DOVE METTERE IL PLUTONIO – L’accordo con gli americani però non risolve il problema per ora, perché il Giappone è letteralmente oberato da imponenti riserve di plutonio prodotto dalle sue numerose centrali, almeno nove tonnellate, utili per la fabbricazione di centinaia di bombe, ma soprattutto un problema ambientale enorme che si aggiunge a quello rappresentato dalle scorie prodotte nella loro vita da una cinquantina di centrali nel corso della loro vita, milioni di metri cubi di materiale contaminato, uranio e altri materiali inquinanti, più i prodotti del disastro di Fukushima. Per questo l’annuncio di oggi non quieterà le ansie dei paesi vicini e nemmeno quelle degli ambientalisti.

 

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