“Adidas e H&M fanno male alla salute”

23/08/2011 di Redazione

Lo denuncia Greenpeace: “Durante il lavaggio i capi di 14 aziende rilasciano sostanze tossiche”

Comprare capi di noti marchi di abbigliamento, analizzarne i materiali, scoprire se sono dannosi per la salute. L’esperimento è stato compiuto da Greenpeace, la più nota delle organizzazioni ambientaliste del mondo. Ed i risultati del test non sono incoraggianti.

I MARCHI ACCUSATI – Dalle analisi, infatti, è emerso che gli indumenti rilasciano sostanze chimiche tossiche che negli uomini possono danneggiare gli organi riproduttivi. Erano presenti nei prodotti di 14 aziende di abbigliamento famose. Tra i marchi finiti nel mirino di Greenpeace, che ha esaminato 18 campioni di diverse aziende che producono in Cina, Vietnam, Malesia e Filippine, ci sono Adidas, Uniqlo, Calvin Klein, Li Ning, H&M, Abercrombie & Fitch, Lacoste, Converse e Ralph Lauren.

NONILFENOLO – Ad allarmare gli ambientalisti sono gli etossilati di nonilfenolo (NPE). Stando a quanto reso noto da Greenpeace, martedì scorso in una conferenza stampa a Pechino, durante la quale è stato presentato il rapporto “Dirty Laundry 2” (“panni sporchi 2”) sono stati “rilevati in 2 campioni di prodotti su 3”. Gli etossilati di nonilfenolo sono sostanze chimiche largamente utilizzate come detergenti in molti processi industriali e nella produzione di tessuti naturali e sintetici. “Il nonifenolo è un distruttore endocrino”, ha avvertito la signora Li Yifang, rappresentante di Greenpeace. La sostanza – ha avvertito – può contaminare la catena alimentare e accumularsi negli organismi viventi, mettendo a rischio la loro fertilità, il sistema riproduttivo, la crescita.

LAVAGGIO PERICOLOSO – “Non è solo un problema dei paesi in cui vengono prodotti i capi”, fa sapere Greenpeace. “Siccome una quantità residua di NPE viene rilasciata durante il lavaggio degli indumenti, la sostanza viene liberata nei paesi in cui il suo uso è vietato”. Il mese scorso Greenpeace aveva pubblicato un primo rapporto, Dirty Laundry, per denunciare come i produttori in Cina avessero avvelenato l’acqua di alcuni fiumi con i residui del processo produttivo. In seguito a quella relazione i marchi Puma e Adidas hanno deciso di eliminare l’intero processo chimico tossico entro il 2020. Al contrario Adidas ha semplicemente sottoscritto una “vaga dichiarazione senza assumere però alcun impegno”, ha fatto sapere Li.

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