Le principesse saudite rinchiuse da 13 anni dal padre

Quando si parla di principesse si pensa ad una vita condotta tra lusso e privilegi, denaro e potere, servitori e sudditi. Non è il caso di Sahar e Jawaher, due figlie del re dell’Arabia Saudita Abdullah bin Abdel Aziz, che in una mail inviata ad una giornalista del britannico Sunday Times nei giorni scorsi hanno denunciato la loro prigionia nelle stanze del complesso reale di Gedda.

 

re abdullah figlie

 

LA DENUNCIA DELLA MADRE – «Sentiamo che stiamo sbiadendo lentamente nel nulla», hanno scritto le due donne, rispettivamente di 42 e 38 anni, raccontando di essere rinchiuse per volontà del padre in un luogo sorvegliato giorno e notte da ben 13 anni, mentre altre due sorelle, Hala e Maha, di 39 e 41 anni, sarebbero invece anch’esse bloccate in due palazzi dello stesso complesso. A denunciare la prigionia delle principesse, come ricostruisce Viviana Mazza oggi sul Corriere della Sera, è stata la loro madre Alanoud Alfayez, ex moglie del re, che nel mese di ottobre si è rivolta, senza successo, all’Alto commissariato delle Nazioni Unite. Dopo non aver ottenuto alcuna risposta, la donna ha deciso dunque di parlare della condizione delle figlie attraverso social network e rivolgendosi alla stampa.

TRA LE ROVINE – Secondo Alanoud Alfayez, che da quando ha divorziato dal re Abdullah vive a Londra, le ragazze sarebbero state punite per il loro spirito ribelle che le induceva a ricordare al padre le ingiustizie commesse dalla famiglia reale e l’insofferenza della popolazione ridotta in povertà. Rilievi che evidentemente il sovrano non è intenzionato ad accettare, tanto da costringere ad una condizione di vita assai poco gradevole le sue stesse figlie, la cui unica libertà è oggi quella di uscire per la spesa sotto la stretta sorveglianza di funzionari in borghese. «Passiamo i nostri giorni tentando di rimanere a galla, facciamo lavori in casa, ci prendiamo cura dei nostri animali domestici, cuciniamo, leggiamo», hanno raccontanto le due principesse al Sunday Times parlando della loro stato. Una foto postata su Twitter mostra le pessime condizioni del luogo in cui sono costrette a vivere. Non certamente una residenza reale. «Viviamo tra le rovine», dicono.

 

 

 

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(Fonte foto: Twitter / Sunday Times)

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