Cosimo Ferri: il sottosegretario di Renzi troppo vicino a Berlusconi

Il governo Renzi chiude con polemica la partita dei sottosegretari e dei viceministri. I nomi di viceministri e sottosegretari sono stati però oggetto di tante contestazioni, sia per l’opportunità politica che per questioni giudiziarie. Scrive il Corriere:

Il «manuale Cencelli » con cui nasce anche la squadra dei sottosegretari e dei vice ministri del Renzi I ha dimenticato le donne (9 su 44), intere regioni (il Pd non schiera siciliani e friulani mentre il sindaco Pisapia lamenta che Milano è rappresentata nell’esecutivo solo dalla destra) ma ha ampiamente soddisfatto i partiti. Partito democratico 25 poltrone (più quella di Delrio), Nuovo centro destra 9, Scelta civica 4, Popolari per l’Italia 4, Socialisti 1 e, infine, un sottosegretario alla Giustizia, il magistrato Cosimo Ferri, confermato anche perché non sgradito a Forza Italia. Con Letta, la squadra di governo era di 63 componenti. Con Renzi scende a 62.

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E il quotidiano spiega che sul nome di Ferri le perplessità del ministro Orlando erano tante:

Ha provato a opporsi, il ministro Guardasigilli Andrea Orlando, ma senza successo. E ha perso la sfida col capo del governo di cui fa parte, Matteo Renzi, che ha voluto lasciare al suo posto il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, 43 anni da compiere, magistrato in servizio al tribunale di Massa Carrara (ma noto soprattutto per la sua attività «sindacale», nella corrente più a destra dello schieramento giudiziario, Magistratura indipendente, che lo portò al Csm) fino alla nomina nell’esecutivo guidato da Enrico Letta, nel maggio 2013. In quota Forza Italia. Ma quando Berlusconi tolse il sostegno a Letta lui rimase al suo posto. Senza schierarsi col Nuovo centrodestra di Alfano. «Sono un tecnico — spiegò —, come tale ho cercato di dare il mio contributo , e continuerò a farlo sin quando sarà ritenuto utile».

Giovanni Bianconi spiega che nella decisione di Orlando non c’era nulla di personale:

Nell’opposizione del ministro Orlando non c’era niente di personale, ovviamente. Anche perché nei dieci mesi già trascorsi in via Arenula il sottosegretario indicato a suo tempo da Berlusconi non ha fatto nulla che potesse portare a valutazioni negative sul suo operato. Ma è una questione d’immagine, e come si sa il governo Renzi fa molto affidamento su questo fattore. Perciò il Guardasigilli ha voluto mettere agli atti le proprie perplessità: la scelta di Ferri rischiava di gettare un’ombra sul ministero in cui ogni mossa sarà guardata con il sospetto, e magari col pregiudizio, che dietro ci sia chissà quale patto tra Renzi e Berlusconi. Del resto non è un mistero che Ferri sia in buoni rapporti col leader di Forza Italia e con uno dei suoi plenipotenziari, Denis Verdini. Toscano come Ferri (e come Renzi). Ma non c’è stato niente da fare.

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