Cosa c’è dietro l’amore dell’Europa per l’Ucraina

La rivolta ucraina di queste ultime settimana non è il primo stravolgimento interno a questo paese da quando ha acquistato l’indipendenza nel 1991, diviso, sia politicamente che etnicamente, fra il desiderio di collegarsi ai paesi occidentali e il mantenere forti legami con il vicino russo. Ma dietro ad ogni crisi politica, gratta gratta, ci sono sempre anche e soprattutto ragioni economiche. Nel caso dell’Ucraina il suo stato economico era vicino al collasso al momento dello scoppio della rivolta. Il suo indebitamento verso i creditori esteri era arrivato ai 140 miliardi di dollari, il suo export era calato del 10% rispetto all’anno precedente mentre la produzione industriale continuava a diminuire fin dal 2010, basandosi principalmente su un’industria siderurgica particolarmente sensibile al calo di domanda mondiale dell’acciaio.

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UCRAINA E IL GAS DI MOSCA – Facendo pressioni su queste debolezze la Russia nel agosto 2013 impose restrizioni sulle importazioni dall’Ucraina per convincere il presidente Yanukovych ad interrompere le trattative con la Unione Europea per la firma del trattato bilaterale di libero commercio ed invece aderire ad una unione economica con la Russia stessa, suo primo partner commerciale. Bisogna ricordarsi infatti delle “guerre” sul gas fra l’Ucraina e la Russia, che precedentemente vendeva a Kiev a prezzi di favore per poi averlo rialzato a prezzi di mercato al momento dell’insediamento di governi filo-occidentali. Il gas è infatti uno dei beni “sussidiati” dal governo ucraino che fa pagare ai suoi cittadini solo il 20% del prezzo di mercato, accollandosi la differenza. Incapace per il deterioramento delle sue finanze di potere continuare quella politica, alla fine Yanukovych il 17 dicembre firmava un accordo con Mosca con quest’ultima che assicurava forniture di gas a prezzi minori e l’acquisto di titoli di stato ucraini, denominati in euro, per 15 miliardi, senza i quali il paese non sarebbe stato di rimborsare i creditori esteri e quindi sarebbe stato costretto a dichiarare default. La firma del trattato con la Russia e il fermo delle negoziazioni con la UE, come ben sapete, segnano l’inizio della rivolta.

IL VICOLO CIECO DELL’UCRAINA – Interessante vedere come la situazione sia simile a quella di altri paesi cosiddetti emergenti. La politica apre il paese ai capitali, c’è una crescita tumultuosa, i soloni di turno magnificano “il clima favorevole agli investimenti” e il debito estero sale, spesso denominato in valuta straniera, perché ovviamente i prestatori internazionali non amano accollarsi rischi di cambio. A quel punto in caso di difficoltà economiche il paese è strozzato fra lo svalutare la moneta, e pagare più sia le importazioni che soprattutto i debiti contratti in valuta estera, alzare i tassi, l’Ucraina aveva dovuto portare i tassi fino all’8%, e però deprimere l’economia o difendere il cambio bruciando riserve di valuta estera, che non sono ovviamente inesauribili, e strozzando le sue imprese esportatrici con un cambio sopravvalutato.

Ucraina, ripresi gli scontri a Kiev

UCRAINA: DIETRO LA RIVOLTA – Credo che capiate che dietro l’appoggio o meno alla rivolta ci siano, sì sì, certo, grandi ideali e nobili aspirazioni, il sogno Europeo, la democrazia, la riconciliazione delle Russie, ma soprattutto grandi interessi. Curioso è stato infatti il caso dell’Italia, dove la comunicazione mediatica, diciamolo, non ha mai brillato per l’enfasi data agli accadimenti esteri, ed invece stavolta ha dedicato una copertura inusuale: servizi TV, prime pagine, persino citazioni nei talk. Peccato, che pochi hanno detto che l’Italia è il terzo partner per l’export dell’Ucraina e che le nostre banche hanno esposizioni per quasi 6 miliardi di dollari nel paese.

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Infatti Unicredit in Ucraina ha ben due banche, Ukrsotsbank e Unicredit Bank Ukraine, dipendenti dalla controllata Bank Austria , mentre invece SanPaolo-Intesa ha recentemente venduto la sua partecipazione nella Pravex Bank. Se aggiungiamo anche che ENI e la EDF francese hanno firmato proprio a novembre un accordo da 4 miliardi di dollari di investimenti per l’esplorazione di giacimenti di gas e petrolio nel Mar Nero, l’improvviso acuto interesse della stampa italiana per i desideri di libertà dell’oppresso popolo ucraino incomincia a spiegarsi un poco meglio. E ci fa comprendere anche l’improvvisa generosità della UE a voler concedere un prestito di qualche miliardo di euro (“tratto dal budget della Commissione e dagli Stati membri”) partecipando al pacchetto di salvataggio che sta predisponendo il Fondo Monetario Internazionale. Per le buone cause, i soldi si trovano sempre.

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