Tutti i punti dell’agenda di Matteo Renzi

Un’agenda ricca di annunci, dal lavoro al fisco, fino alla scuola e alla giustizia. Un piano ambizioso, con promesse che potrebbero costare fino a «cento miliardi», secondo diversi quotidiani. Se Matteo Renzi ha “svelato” nell’aula del Senato il suo «progetto » per riformare e far ripartire l’Italia, si è però presentato senza fornire numeri precisi sui conti, né chiarire dove trovare le risorse per le coperture. Non una questione irrilevante, considerate le accuse sull’intenzione di aumentare le tasse e le polemiche per la revisione dell’aliquota sui rendimenti dei titoli di Stato, paventata da Graziano Delrio.

Palazzo Chigi - Insediamento del Presidente del Consiglio Matteo Renzi

L’AGENDA DI GOVERNO DI MATTEO RENZI – Nel discorso programmatico per il voto di fiducia in Senato il neo presidente del Consiglio ha toccato diversi punti. E non sono mancate le promesse. Dallo sblocco totale dei debiti della Pubblica amministrazione, alla riduzione a due cifre (da dieci miliardi di euro, ndr) del cuneo fiscale, fino al rilancio della scuola attraverso un piano straordinario per l’edilizia scolastica. Ma anche interventi sul lavoro – con aiuti alle piccole medie imprese e sussidio di disoccupazione universale – , semplificazione fiscale e riforma della giustizia (a partire dal prossimo giugno). Si aggiungono alle già sbandierate riforme della legge elettorale (l’Italicum, frutto del controverso accordo del Nazareno con Silvio Berlusconi), del Senato e del Titolo V della Costituzione (sempre concordate con Forza Italia). E nel discorso hanno trovato spazio, anche se in modo timido, anche i diritti civili, dallo ius soli temperato all’esigenza di trovare un «compromesso» sulle unioni civili. La fiducia è stata incassata da Renzi al Senato con 169 “sì” e 139 “no”: non c’è stata alcuna maggioranza allargata, considerati anche i quattro voti in meno rispetto all’ultimo esecutivo Letta. Quello con Ncd in maggioranza e Forza Italia all’opposizione.

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TUTTI I PUNTI DELL’AGENDA: LE RIFORME – L’orizzonte del 2018, per un «governo di legislatura», servirà nelle intenzioni di Renzi proprio per realizzare l’ampio e ambizioso progetto pensato per il nostro Paese. A partire dalle sue stesse istituzioni, considerato come il segretario democratico non abbia intenzione di mollare sulle riforme, elettorale e istituzionali su tutte. Lo ha ribadito anche a Palazzo Madama, dove ha più volte ripetuto l’esigenza di portare avanti “riforme radicali”: Considerata l’eterogenea maggioranza, Renzi ha dovuto mandare messaggi rassicuranti agli alleati, soprattutto a quelli più scomodi per il Pd. Sia quelli di maggioranza (Alfano e il Nuovo Centrodestra) che quelli extra-maggioranza (Forza Italia, con cui resta il patto sulle riforme). A Berlusconi Renzi ha garantito il rispetto degli accordi, «nei tempi e nelle modalità prestabilite». Allo stesso tempo al Ncd ha dovuto assicurare che la legge elettorale aspetterà la riforma del bicameralismo, come ha ricordato Repubblica: «Comprendiamo l’esigenza che una legge elettorale che consenta il ballottaggio sia ovviamente impostata sulla presenza di una sola Camera», ha spiegato. Non senza augurarsi che sia l’ultima volta che un presidente del Consiglio sia costretto a chiedere la fiducia del Senato (camera che nell’agenda renziana verrebbe stravolta nella composizione e nelle funzioni). I tempi tra riforma elettorale e costituzionale sono chiari da tempo: per quest’ultima ci vorrà un anno per arrivare in porto, mentre la riforma della legge elettorale potrebbe essere conclusa anche prima delle Europee del 25 maggio («Alfano e Ncd permettendo», ha ricordato il Corriere della Sera). Se la riforma del bicameralismo partirà dal Senato a marzo, quella sul titolo V della Costituzione partirà invece dalla Camera dei deputati. Ma il neo premier ha rilanciato anche sul ddl Delrio sulle province, contestato dal MoVimento 5 Stelle che non lo ritiene sufficiente : «Aiutateci a cancellare le province prima del 25 maggio e con il Titolo V riapriamo la discussione su che cosa devono essere le province. Chiediamoci che cosa succederebbe se i cittadini si trovassero a votare a maggio per il rinnovo di 45 consigli provinciali», ha aggiunto Renzi, invocando l’aiuto di Fi e pentastellati, con i quali si è però più volte scontrato in aula.

SCUOLA, LAVORO, FISCO – Nel suo discorso programmatico il presidente del Consiglio ha invocato un taglio a due cifre del cuneo fiscale, ovvero la differenza tra la busta paga netta del lavoratore e il costo che pesa sull’azienda per lo stesso dipendente. In un Paese in cui il cuneo incide per il 47,6% – rispetto a una media Ocse del 35,6% – Renzi intende mostrare la sua diversità rispetto alle scelte poco coraggiose del governo Letta uscente. L’ex premier nella legge di Stabilità era riuscito a sbloccare risorse per soli 2 miliardi e mezzo per il 2014 e per circa 3 nel biennio 2015-2016. Cifre che avevano deluso sia i sindacati che gli industriali, che spingevano per un piano da dieci miliardi. Ovvero quanto dovrebbe pesare lo stesso intervento del nuovo esecutivo, secondo le intenzioni del segretario del Partito democratico. Anche perché, se si intendesse la cifra in termini percentuali (ovvero minimo il 10%) le risorse da trovare sarebbero più del triplo, tra i 34 e i 35 miliardi di euro. C’è stato poi spazio per ipotizzare interventi sul Lavoro, tra aiuti alle piccole medie imprese e sussidio di disoccupazione universale. Un capitolo importante del programma renziano è stato poi dedicato alla cultura e all’istruzione, anche se anche in questo caso le promesse non sono state corredate da alcuna cifra sulle coperture. Renzi ha annunciato di voler far partire la sua “rivoluzione” proprio dal settore della scuola, per «restituire credibilità al Paese». E per questo ha annunciato un grande piano di edilizia scolastica, non milionario, ma con investimenti di qualche miliardo. «Bisogna cambiare il patto di stabilità interna per quel che riguarda l’edilizia scolastica. Domani chiederò per lettera a tutti gli 8mila sindaci e ai presidenti delle province superstiti una lettera per chiedere il punto della situazione sull’edilizia scolastica». Resta da capire se si resterà sul piano degli slogan o gli interventi saranno effettivi. Non una questione secondaria, in un Paese dove il 37,6% degli istituti necessita di interventi di manutenzione urgente. Ma non solo: come ha spiegato il Corsera, nel 40% degli istituti manca il certificato di agibilità, mentre il 38,4% si trova in aree a rischio sismico. Renzi ha poi rilanciato sul coinvolgimento dei privati: «Occorre richiamare i loro investimenti, se si vuole che con la cultura si mangi», ha spiegato Renzi.

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GIUSTIZIA E DIRITTI CIVILI – E sul nodo della giustizia, si partirà da giugno, con la promessa di un pacchetto organico di revisione, a partire dal settore amministrativo. Carceri, giustizia civile e cronica mancanza di personale saranno le priorità, in un Paese dove 8,7 milioni sono ancora i processi pendenti tra penale (3,4) e civile (5,3). Numeri che mostrano l’inefficienza della nostra macchina. Poco spazio per i diritti civili, seppur citati. Sono il nodo che rischia di incrinare i rapporti del Pd con l’alleato più scomodo nella maggioranza del governo Renzi, il Nuovo Centrodestra. Secondo il neo premier – che ha parlato di unioni civili e ius soli temperato – «non si può pensare di imporre il proprio punto di vista per intero». Secondo Renzi servirà accontentarsi di un «compromesso». Inevitabile, qualora Renzi avrà davvero la forza di imporre il tema dei diritti civili nella sua agenda di governo, considerata la maggioranza eterogenea.

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