Ballarò ti spiega tutte le tasse che gli onorevoli pagano meno di te

Non bastavano i costi spropositati della politica, gli stipendi dei parlamentari non in linea con le difficoltà del resto del Paese e anni di trattamento pensionistico privilegiato (dal 2012 sono entrate in vigore le nuove regole, con metodo contributivo e pensione che scatta, di norma, soltanto a 65 anni, dopo un’intera legislatura). La Casta non si fa mancare nulla: divisa su tutto, ma non quando bisogna difendere i propri privilegi. È stato Stefano Livadiotti a spiegare, ospite su Ballarò, quelli di carattere fiscale: il giornalista dell’Espresso ha svelato come sia passata, sotto traccia, la riduzione al 18,7 delle tasse 
sulla busta paga di deputati e senatori. Una pressione fiscale molto più bassa rispetto a un normale cittadino che guadagna lo stesso: in questo caso la media è del 39, 4%. In pratica, i parlamentari sono riusciti sulle tasse a dimezzarsi l’aliquota, ha denunciato il giornalista.

Privilegi fiscali parlamentari
Photocredit: Ballarò – Fonte dati: L’Espresso

I PRIVILEGI FISCALI DELLA CASTA – «Se i cittadini sono inviperiti per gli sprechi della politica, gli stipendi elevati e i privilegi pensionistici, non sono a conoscenza di un altro trattamento scandaloso, quello legato ai privilegi fiscali», ha incalzato Livadiotti. Il motivo? Basta confrontare il reddito di un parlamentare – tutto compreso, circa 235mila euro – e confrontarlo con quello di un manager che guadagna allo stesso modo per vedere le disparità. Nel caso dell’onorevole l’imponibile risulta soltanto di 98 mila euro – assoggettabili a fini Irpef – , mentre sono esclusi dal conteggio diaria, rimborsi spese, trasporti e spese telefoniche.

Privilegi fiscali parlamentari 2
Stefano Livadiottti, giornalista dell’Espresso

Livadiotti ha rivelato a Ballarò come una parte dei soldi percepiti dai parlamentari vengano presi come benefit, tutti esentasse: «Non è obbligato a consegnare ricevute o giustificativi che dimostrino come servivano per il suo lavoro». In pratica, alla fine «l’aliquota media del manager risulta più del doppio» rispetto a quella degli onorevoli che siedono tra i banchi del Parlamento (39,4% contro 18,7%). Il giornalista ha spiegato a cosa sia dovuto questo trattamento su L’Espresso:

«Un’interpretazione alquanto generosa, da parte del parlamento, dell’articolo 52, comma 1, lettera b del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi), in base al quale non concorrono a formare il reddito le somme erogate a titolo di rimborso spese ai titolari di cariche elettive pubbliche (parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e comunali) e ai giudici costituzionali, «purché l’erogazione di tali somme e i relativi criteri siano disposti dagli organi competenti a determinare i trattamenti dei soggetti stessi».

Privilegi fiscali parlamentari 3

Il giornalista ha spiegato come, per rispetto dei principi di capacità contributiva e del divieto di disparità di trattamento rispetto agli altri contribuenti, si «imporrebbe la limitazione dell’esenzione fiscale ai soli rimborsi spese effettivi (legati in modo effettivo alle funzioni pubbliche svolte e con tanto di giustificativi e ricevute, ndr)». Eppure in Parlamento si è deciso di seguire un’altra strada.


Videocredit: Ballarò

LEGGI ANCHE: Ballarò, Napolitano e il futuro del governo Letta

 

TRATTAMENTI PRIVILEGIATI PER LA CASTA – Il giornalista ha attaccato: «Questi privilegi gridavano talmente vendetta da aver messo in difficoltà altre istituzioni pubbliche:la commissione Ceriani, incaricata di censire le varie agevolazioni fiscali, ha dovuto considerare questa scelta fatta dai parlamentari alla stregua delle agevolazioni date alle onlus». Ma non solo. Non bastasse l’aliquota dimezzata sulle tasse, la Casta ha escogitato un sistema – seppur perfettamente legale – per incassare a fine mandato l’assegno completamente al netto delle tasse. «Le pensioni vengono pagate con i contributi che si accumulano. Uno statale riceve il 73% di questi contributi dallo Stato (il resto lo metto lui, ndr) e quindi è questa la quota della liquidazione tassata. Per il parlamentare figura figurativamente, ovvero non è vero, tutto quello che versa. Per questo non paga nulla sulla liquidazione», ha concluso Stefano Livadiotti a Ballarò. In pratica, un assegno di fine mandato incassato esentasse. Così, mentre per strada si continua a protestare, i sindacati preparano scioperi e aumenta il sentimento di sfiducia degli italiani nei confronti delle istituzioni, la Casta non sembra preoccuparsi troppo. Altro che modifiche della legge elettorale e riforme istituzionali: a unire il Parlamento sembrano essere rimasto soltanto l’interesse a vedersi confermati privilegi diventati quasi intoccabili.

Share this article