Le promesse mancate di Rafael Correa ai nativi dell’Ecuador

06/02/2014 di Mazzetta

Il presidente dell’Ecuador è andato al potere cavalcando una piattaforma di sinistra incentrata sul rispetto dei diritti delle popolazioni native, ma alla prova dei fatti l’ha tradita e con essa ha tradito molte delle istanze popolari che lo hanno portato al potere. Non bastasse, ora è passato a criminalizzarle.

CUBA-CELAC-SUMMIT

UN RIFORMISTA NON TROPPO SOCIALISTA – Rafael Correa si descrive come un umanista, un cristiano di sinistra e un sostenitore del «socialismo del ventunesimo secolo» d’ispirazione sudamericana. Critico delle politiche neoliberali, ha riscritto la costituzione arrivando a includervi la socializzazione dei mezzi di produzione e ha denunciato il debito con l’estero concludendo per pagarne solo una parte. Negli anni al potere ha ridotto la povertà e ha ridato dignità alle finanze del paese, un tempo preda di una ristretta élite che agiva di concerto con grandi corporation straniere per depredare il paese. Il debito ripudiato non era altro che la riduzione di parte del dovuto a un sistema per il quale i 4/5 dei guadagni petroliferi andavano ai petrolieri e il resto si disperdeva nella corruzione.

 

 

 

 

 

 

I SUCCESSI – Giunto al potere sulle ali del sostegno di una coalizione di sinistra dopo essersi distinto come ministro delle finanze ribella nel governo precedente di segno opposto, Correa ha indubbiamente seguito l’onda che ha portato i paesi dell’ALBA e del Sudamerica in generale a investire di più nella spesa sociale in controtendenza con i dettami del FMI, una decisione che in molti di questi paesi non ha frenato lo sviluppo come molti mengramo avevano profetizzato. Correa però non è uomo da colpi di testa le sue riforme sono rimaste nel solco di un riformismo prudente e quanto mai necessario in un paese devastato da decenni di dittature e di rapine. Spettacolari sono stati i recuperi delle entrate, dalle concessioni delle frequenze per la telefonia che hanno decuplicato gli incassi, fino al settore petrolifero, l’Ecuador di Correa pretende e incassa molto di più di quelli che l’hanno preceduto e una discreta parte di questi incassi è investita nella spesa sociale. Tutto bene, ma Correa conserva tendenze autoritarie sapientemente trattenute all’occorrenza, che ogni tanto tracimano e si è rimangiato molti dei suoi proclami, come quello di de-dollarizzare la moneta, ancorata al dollaro dai suoi predecessori. L’aveva definito un errore e promesso di correggerlo entro 4 anno nel 2009, ancora s’aspetta.

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