Philip Seymour Hoffman: suicidio o overdose?

Ventitrè anni sono un bel pezzo di vita. Nel 1991 Philip Seymour Hoffmannf frequentava il college e aveva iniziato a usare eroina, probabilmente con l’inconsapevolezza e la voglia di sballarsi di un ventenne.

LA CURA – Sì curò e ne uscì, preparandosi a iniziare una vita apparentemente ricchissima da ogni punto di vista: un’ex compagna e tre figli, tantissimi film di successo, un premio Oscar come miglior attore. Colpisce molto da un punto di vista clinico la ricaduta nell’eroina a ventitrè anni di distanza. Intendiamoci, la mente umana è spesso imprevedibile e può fare brutti scherzi, non siamo robot e non ci è dato sapere quali pensieri o preoccupazioni siano passati nella testa di Philip negli ultimi giorni o anni. Ma questa ricaduta, per cui l’attore qualche mese fa è tornato in rehab, ha più il sapore della disperazione che dello sballo, di quella che in inglese si chiama “hopelessness”, una mancanza di speranza che porta a considerare l’anestesia psicologica come unica soluzione per un dolore insopportabile. A differenza della cocaina, che per certi aspetti è funzionale alla velocità e alle aspirazioni onnipotenti della nostra epoca, l’eroina (come l’antico oppio) è una droga un po’ demodè, che ti fa partire per viaggi lontani e solitari, da cui a volte non si torna indietro. Gli inquirenti stanno cercando di capire se la partita di droga usata dall’attore fosse tagliata male, uno dei più temibili imprevisti del viaggio. Potrebbe anche essere, ma considerata l’età e la presunta maturità psicologica di Philip, sembra più un’uscita di scena volontaria che un incidente. In ogni caso R.I.P.

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