Antisemitismo e razza

04/02/2014 di John B

Il 27 gennaio si è celebrato il Giorno della Memoria, dedicato al ricordo e alla commemorazione dei milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio nazisti. L’importanza di questa ricorrenza non è legata solo al fatto storico ma soprattutto alla necessità di mantenere alta la guardia contro l’antisemitismo e in generale contro ogni forma di discriminazione e odio razziale.

NELLA STORIA – Peraltro in questi decenni l’antisemitismo è diventato ancora più subdolo, in quanto la propaganda razzista ha adottato gli stratagemmi del complottismo più becero, come quello di negare il fatto storico e i crimini nazisti. Nelle infinite polemiche che riguardano la questione, si trascura spesso un aspetto che invece è estremamente importante: ha senso parlare di razza? L’individuazione e la definizione di “razza ebraica” sono un caposaldo dell’antisemitismo ma il concetto trova consenso anche sul versante opposto, perché esiste un estremismo ebraico nazionalista che ha interesse a sostenerlo per i propri fini ideologici e politici. Quando Albert Einstein emigrò in America, dovette compilare un modulo nel quale occorreva indicare la razza di appartenenza. Il fisico scrisse: “Umana”. L’aneddoto centra l’intera questione: non esiste una razza ebraica. Non esistono razze umane ma esiste la razza umana e basta. Sembra un concetto banale, ma sono davvero in tanti a pensare che l’umanità sia costituita da varie razze, generalmente riconoscendo almeno l’esistenza di una “razza bianca”, di una “razza nera” e di una “razza asiatica”. Eppure, se ci soffermiamo un momento a riflettere, non è difficile arrivare a una considerazione semplice e chiara che sgombra il campo da questo grave equivoco.

DIFFERENZE – Le distinzioni che abbiamo appena elencato sono basate sul colore sulla pelle piuttosto che sull’altezza o sulla conformazione degli occhi. In cosa differiscono dalle altre distinzioni che possiamo tranquillamente notare tra un essere umano e l’altro? La pelle può essere bianca o nera esattamente come i capelli possono essere biondi o rossi. Gli occhi possono essere a mandorla così come le orecchie possono essere a sventola o il naso curvo. Eppure, nessuno si sognerebbe di parlare di “razza bionda” o di “razza a sventola”. Nemmeno il fatto che a una determinata regione sia associata una caratteristica somatica è significativa sotto questa prospettiva. Se è vero (o era vero), infatti, che in Africa sono neri e in Asia hanno gli occhi a mandorla, è anche vero che in Nord Europa sono alti e biondi senza che questo significhi che alto e biondo costituisca una razza a sé. Persino il concetto di “razza ariana”, tanto caro a Hitler, prescindeva da questi connotati fisici (che peraltro nemmeno Hitler aveva) ma parlava di una presunta razza indoeuropea. Già DarwiN aveva capito che la specie umana è unica e non ci sono distinzioni razziali all’interno di essa. Egli infatti notò che se nello stesso territorio si ritrovano a coesistere individui con determinate caratteristiche somatiche e individui con altre caratteristiche, i due gruppi si fondono tra loro e le caratteristiche si mescolano facendo perdere ogni distinzione. Solo quando non c’è coesistenza, quando un gruppo vive isolato in un territorio, le distinzioni somatiche si preservano, ma ciò è dovuto semplicemente al fatto che le caratteristiche si trasmettono in via ereditaria e se genitori e progenitori hanno caratteristiche simili è chiaro che le trasmettono senza variazioni a figli, nipoti e pronipoti.

E QUINDI – La loro razza, però, è la stessa di qualsiasi altro gruppo di individui: quella umana, appunto, proprio come scrisse Einstein. Le differenze, che si tratti di colore della pelle o di forma del naso, sono dovute al genotipO ossia al patrimonio genetico di un individuo, che lo differenzia rispetto a qualsiasi altro individuo. Al concetto di genotipo si associa quello di fenotipo, che dipende invece dai fattori ambientali, sociali e culturali in cui l’individuo cresce e sviluppa. Non esiste, quindi, una razza ebraica. Più correttamente si può parlare di nazione ebraica, ossia di quel complesso di individui che per cultura, storia e religione si riconosce in essa. In effetti è un’autodefinizione, perché sono gli stessi ebrei a stabilire chi debba intendersi ebreo. In sostanza gli ebrei fanno riferimento al popolo ebraico storico, ossia ai discendenti delle famiglie patriarcali storiche e la linea di discendenza è stabilita guardando alla madre: se la madre è ebrea, il figlio è ebreo, a prescindere che il padre lo sia o meno. E’ quindi evidente che non solo l’ebreo non è razza a sé, ma anche il genotipo non è tipico, in quanto un ebreo può ben essere figlio di un padre non ebreo. Ecco quindi che l’antisemitismo non ha alcun fondamento nemmeno dal punto di vista strettamente razziale o genetico. Ma allora, da cosa nasce l’odio contro gli ebrei? Le ragioni possono essere varie ma due probabilmente sono quelle più diffuse. Una è di natura storica e religiosa: gli ebrei avrebbero ucciso Gesù Cristo. L’altra è di natura soggettiva: fa sempre comodo avere qualcuno contro cui scaricare le colpe di tutto ciò che non va. E’ più comodo dire che la crisi economica è colpa dei banchieri ebraici che controllano l’economia, giusto per fare un esempio, piuttosto che ammettere che è frutto dell’incapacità di gestire razionalmente le risorse a disposizione. E poi ci sono ragioni politiche, ideologiche, economiche, che affondano le radici nella Guerra Fredda e nell’appoggio degli Stati Uniti a Israele. Qualunque sia il pretesto che alimenta l’antisemitismo, una cosa è certa: la genetica non c’entra.

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